Governo
Donne, madri, lavoratrici, una modesta proposta per “ripartire”
Noi abbiamo iniziato a parlarne qui, poi qui, e poi ancora qui.
Lo abbiamo posto in evidenza con largo anticipo, non perché siamo illuminati da qualche divinità, ma semplicemente perché pareva ovvio. Ora, il dibattito si è aperto. Il Direttore del Censis Valerii ha lanciato l’allarme – “Perché le donne rischiano di essere vere vittime di questa crisi” – E poi ancora una lettera aperta di un gruppo di donne alle ministre Azzolina e Bonetti – “Scuole chiuse? Inaccettabile scaricare la crisi su di noi”. Qualcuno rimprovera il fatto che non basta lamentarsi. Conveniamo. E visto che il Presidente del consiglio Conte nell’informativa al Parlamento del 30 aprile, sembra aver preso coscienza della necessità di attivarsi in tal senso – “Occorrerà valutare l’apertura in via sperimentale di asili nido, scuole dell’infanzia, centri estivi e attività dedicate ai nostri bambini”, a questo punto bisogna necessariamente pretendere “l’inizio dei lavori”, senza aspettare l’alba della terza fase (1 giugno? ) senza aver messo in campo tutto il necessario per capire come muoversi. Per una buona volta ci si metta immediatamente al lavoro. Ed in questo caso, il Governo sia federalista, rimandi ad ogni Comune, che per prossimità potrà valutare condizioni, spazi chiusi e all’aperto, e reperibilità di educatori, per valutare dove sarà possibile iniziare talune sperimentazioni. Ci sono molte aziende, ovviamente le più grandi, che si metterebbero immediatamente in campo per valutare anche ipotesi “nuove” per rendere disponibili i loro spazi, garantendo così alle donne lavoratrici di tornare al lavoro, creando dei campus ad hoc. Si chiama sussidiarietà. E questa sarebbe vera, fondata e fondativa. Si coinvolgano i comuni, il terzo settore, i servizi sociali, il personale medico, i Sindacati e le sedi di Confindustria territoriali e gruppi di donne. Senza aspettare task force da Roma, ma costruendo un processo costituente dal basso, attraverso gli enti locali.
Si abbia il coraggio di fare una sperimentazione, nuova, concedendo quel senso di fiducia e responsabilità che un governo, se vuole vedersi riconosciuta la propria autorevolezza deve obbligatoriamente garantire. Non si tratta di una cessione dei poteri, di un via libera in ordine sparso, ma di una costruzione condivisa, collaborante, virtuosa.
Ecco, lo si faccia. Avremo la prova provata che quella grande storia del femminismo italiano non è stata ricacciata nel fondo alla storia. Avremo la prova provata che la parità di genere non è solo una buona dicitura da utilizzare in campagna elettorale. Diversamente, se da lunedì 4 maggio non si avvierà un processo di questo tipo, allora saremo nuovamente legittimati a dire che le lancette della storia sono ritornate nel buio del vecchio Patriarcato, con buona pace per tutti coloro che considerano naturale che siano le donne a pagare il prezzo di questa crisi, di ogni crisi.
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