Governo
Dispotismo di ieri, populismo di oggi
Dispotismo è parola andata in disuso, sostituita da altri termini (“dittatura”, “totalitarismo”, “casta”,….). Ma in quella parola, meglio nelle cose che si depositano in quella parola, stanno molti dei malesseri che ancora “ci troviamo tra i piedi” (per esempio quel populismo di lotta e di governo che riguarda il nostro oggi). E’ quello che ci consegna Condorcet in un testo per la prima volta tradotto in italiano.
Scritto nel 1789, Dispotismo e democrazia – il titolo originale è Idées sur le despotisme à l’usage de ceux qui prononcent ce mot sans l’entendre, titolo che tradisce tutta la sua origine settecentesca – parla a noi ora più che essere la testimonianza storica di una discussione di due secoli fa. Perché la fuga nell’astensione e l’affermazione di forme populistiche di contestazione se oggi rappresentano le forme che assume la protesta o la delusione rispetto alla politica, poi esse da sole non sono l’anticamera di più democrazia. E questo esito possibile non nasce solo da dispotismo dall’alto, ma anche da una domanda di dispotismo dal basso. Sono tre i punti intorno a cui Condorcet stabilisce i cardini della sua riflessione sul dispotismo.
1. Il potere dispotico laddove si presenta non è mai esercitato da una singola persona ma da un insieme di “padroni” pubblici e privati che esercitano il loro dominio;
2. Dal punto di vista dei cittadini non si danno possibilità di rappresentanza dei propri interessi a fronte del potere dispotico;
3. In una società moderna due sono le forme di dispotismo. Una diretta e una indiretta. Il dispotismo diretto consiste nell’assenza di rappresentanza eletta e di strumenti di controllo da parte dei cittadini nei confronti del potere esecutivo o del potere in grado di modificare le leggi; il dispotismo indiretto è quella condizione in cui qualsiasi forma di rappresentanza è violata o per il sistema elettorale o perché ad essere rappresentati sono interessi particolari, non la Nazione.
Dispotismo e democrazia è un testo bruciante attualità come ci ricorda Nadia Urbinati nel saggio introduttivo che accompagna l’edizione digitale di questo testo tradotto per la prima volta in italiano. La rilevanza e la modernità di questo testo, stranamente mai proposto al lettore italiano almeno finora, stanno in quattro snodi politici come osserva Nadia Urbinati. In sintesi:
Il primo: la distinzione tra tirannia e dispotismo: mentre la tirannia è “l’usurpazione di un governo legittimo e la violazione dell’eguaglianza politica”, dispotismo è “un’organizzazione sistematica della diseguaglianza sociale e politica che rovescia la legge dando luogo a un dominio totale di un gruppo ristretto di persone su tutta la società”.
Il secondo: la distinzione cruciale tra potere arbitrario de iure e de facto, corrispondente a quella tra dispotismo diretto e indiretto, distinzione che lo porta a concludere che persino in un paese con garanzie costituzionali e libere elezioni alcune classi di cittadini possono sviluppare ed esercitare un potere dispotico di tipo indiretto sull’ordine legale, senza che questo comporti il mutamento della forma di governo.
Il terzo: La slealtà figura politica che concerne un tipo di dispotismo indiretto, attivo attraverso l’“influenza” e compatibile quindi con una sfera pubblica fondata sulla libertà di parola e di associazione. Il dispotismo indiretto può svilupparsi in una società libera o democratica quando le classi sociali hanno un potere ineguale di influenzare l’approvazione delle leggi.
Il quarto: il ruolo irrazionale della “plebe”. Condorcet riconosce che nel moderno stato territoriale il potere di influenza della plebe può emergere con facilità a causa della concentrazione sociale di masse di persone “nelle grandi capitali e grandi città di commercio” e su cui occorre intervenire: con nuove opportunità di lavoro, attenuando la durezza delle leggi, favorendo l’educazione, estendendo la libertà di stampa. In ogni caso evitando di adottare misure repressive.
Ce n’è abbastanza per discutere? Un’ultima cosa. Il testo di Condorcet ha anche tre caratteristiche: è chiaro, non ha note, è lungo 50 pagine. Alle volte è sorprendente quante cose si possano dire in un testo breve. Ovviamente, se si ha qualcosa da dire per davvero.
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