ILVA di Taranto, alla ricerca di soluzioni

Governo

“Il decreto sull’ex Ilva di Taranto è uno sperpero di soldi pubblici”

Nella prima puntata di “Voci dal Palazzo”, parla Filiberto Zaratti, deputato di Alleanza Verdi Sinistra. “Le risorse che sono state stanziate, che derivano dal sequestro dei beni dei Riva, servivano al risanamento ambientale e non per il rilancio produttivo”

18 Marzo 2025

Si torna a parlare dell’ex Ilva di Taranto. Mentre i commissari straordinari stanno valutando le offerte per la cessione del polo siderurgico, alla Camera dei Deputati si sta discutendo un decreto che introduce delle misure urgenti per garantire la continuità produttiva e occupazionale degli impianti dell’acciaieria. La norma si dovrebbe occupare anche di affrontare le questioni ambientali e di salvaguardia della salute pubblica, che sono ormai da decenni al centro di tutte le discussioni e le inchieste giudiziarie sul famigerato impianto. Il nodo è sempre lo stesso: come fare a tutelare i posti di lavoro e allo stesso tempo limitare il più possibile l’impatto sul territorio?

Filiberto Zaratti (Avs): “Quei soldi servivano per il risanamento ambientale, non per il rilancio produttivo”

L’ex Ilva dà lavoro a quasi diecimila dipendenti e circa tremila di questi sono in cassa integrazione. I commissari, nei prossimi giorni, dovranno segnalare al governo il miglior offerente. Sulla carta, il decreto del governo Meloni stabilisce la possibilità di incrementare le risorse destinate all’azienda fino a 400 milioni di euro. Uno degli aspetti centrali del decreto è il rafforzamento del controllo ambientale sugli stabilimenti di interesse strategico nazionale, tra cui rientrano, appunto quelli dell’ex Ilva. “I soldi che sono stati stanziati – spiega il deputato di Alleaza Verdi Sinistra, Filiberto Zarattiaumentano di 100 milioni quelli del decreto dello scorso anno. Il problema è che dovevano essere finalizzati al risanamento ambientale dell’area di Taranto, ma sono stati invece destinati al rilancio produttivo”.

Voci dal Palazzo, puntata #01 – guarda l’intervista completa

Ancora oggi a Taranto l’Ilva uccide delle 27 alle 43 persone

Sono tanti gli studi scientifici che certificano da tempo le tantissime morti causate dai veleni dell’Iva tra gli operai degli stabilimenti e tra la popolazione di Taranto, soprattutto nelle zone più esposte come il quartiere Tamburi. L’incidenza di tumori e malattie respiratorie, malgrado negli anni si sia lavorato per ridurre al massimo le emissioni, è ancora altissima anche tra i bambini: secondo uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità commissionato dalla Regione Puglia nel 2022, nell’area di Taranto, a ridosso del siderurgico, in dieci anni le morti premature dovute alle sostanze rilasciate dagli stabilimenti oscillerebbero tra le 270 e le 430: un range stimato di 27-43 morti premature l’anno. Nel suo studio l’OMS ha anche quantificato il danno economico dovuto alla mortalità prematura per l’area metropolitana di Taranto, che sarebbe pari ad almeno 85 milioni di euro. Resta dunque la domanda delle domande: come tutelare migliaia di posti di lavoro, che andrebbero persi qualora l’ex Ilva chiudesse, e la salute pubblica?

La crisi del siderurgico e i dazi di Donald Trump

La vicenda dell’ex Ilva di Taranto si lega per forza di cose alla crisi che sta vivendo il settore della siderurgia, un settore che traina da sempre l’economia italiana ed europea. Secondo la ricerca “Bilanci d’Acciaio” del 2024, una ricerca curata da Ufficio Studi Siderweb, nel 2023 il calo del fatturato, rispetto all’anno precedente, è stato dl 15 per cento e i dati dell’ultimo anno sembrano confermare questo trend negativo. Sulla crisi esistente graveranno anche gli effetti dei dazi voluti dal presidente americano Donald Trump, che dal 2 aprile, su acciaio e alluminio, saranno del 25 per cento. Insomma, al di là degli investimenti pubblici e di quelle che saranno le decisioni della nuova proprietà, il futuro dell’acciaieria è quantomai incerto. Alleanza Verdi Sinistra ha depositato in Parlamento un Ordine del Giorno in cui chiede l’istituzione di un gruppo di lavoro presso il ministero delle Imprese per definire un progetto operativo di riconversione del polo siderurgico di Taranto verso attività e tecnologie per la transizione energetica, l’economia circolare e le biotecnologie, escludendo l’utilizzo delle risorse del piano di riarmo europeo e e ogni possibile riconversione verso settori industriali legati alla difesa o alla produzione di armamenti.

 

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