Governo

De Mita: il tessitore delle larghe intese

27 Maggio 2022

Era un “moroteo” perché, come Aldo Moro, sosteneva che prima dello Stato ci fosse la persona che lo Stato doveva rispettare. Infatti il popolarismo era questo per lui: lo Stato per la persona, non contro, né viceversa.
Per questa ragione la Democrazia Cristiana, “non era un incidente della Storia”.
De Mita, morto ieri, era di un ingegno politico raffinatissimo, di un’oratoria ricercata, di un’eloquenza rara.
Figlio di un sarto amava la tessitura, il “ragionamento politico”, l’articolazione del pensiero, perché la realtà è complessa con i suoi conflitti. Perciò,come disse Agnelli, era “l’intellettuale della Magna Grecia”.
Si era battuto per il rinnovamento della Democrazia Cristiana e con lui era stata portata avanti la migliore classe dirigente: Martinazzoli, Goria, Oscar Luigi Scalfaro, Mattarella, Leopoldo Elia, Galloni, tra i tanti.

Voleva riformare le istituzioni e ridare “lo scettro al cittadino” e si affidò a Roberto Ruffilli, barbaramente assassinato dalle brigate rosse.
Era per il riconoscimento del consenso popolare: in questo era gramsciano e rispettava il voto elettorale.
Il suo capolavoro politico fu l’elezione a Capo dello Stato di Francesco Cossiga, eletto al primo scrutinio: si inventò il “metodo De Mita” per dimostrare che per determinati obiettivi occorreva una condivisione di larghe intese, come era necessario per l’elezione della Presidenza della Repubblica.
Infatti osteggiò Matteo Renzi, proprio perché la riforma della Carta Costituzionale voleva ottenerla a colpi di maggioranza e perciò perse il relativo referendum. In questi casi vanno coinvolti tutti i partiti, ricordava De Mita.

Seppure segretario della Democrazia Cristiana e Presidente del Consiglio teneva invece ad essere ricordato come un riformatore delle istituzioni, di cui era cultore.
Ebbe anche il merito di presiedere la bicamerale per le riforme istituzionali.
Fu leale alleato di Craxi che lo tradì, perché non rispettò “il patto della staffetta”: dopo la Presidenza socialista toccava alla Dc, ma il segretario socialista venne meno alla promessa.
Con Berlinguer invece era in sintonia, perché riconosceva il valore di una forza popolare come il Partito Comunista Italiano.
A pensare al valore di De Mita ed essere governati oggi da Di Maio, viene l’orticaria.

Ma questo paese è “la repubblica delle banane” come ricorda Eugenio Scalfari, suo grande amico.

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