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Dante e le sardine
Suggestiva e poetica è stata l’idea di radunare “le sardine napoletane” a piazza Dante, ieri 30 novembre 2019.
Perché quella è una piazza storica, in quanto Napoli volle rendere omaggio alla Poesia, ritratta con il Sommo.
Dante, nella scultura realizzata da Tito Angelini il 13 luglio 1871, nella mano destra reca un libro che si acconcia anche ad appoggio, mentre il braccio sinistro è disteso, nell’elegante foggia di chi intende dare un saluto di benvenuto o anche di chi nutre l’idea di prospettare ed accingersi, con disinvoltura e franchezza, ad una possibile descrizione del luogo ove si è ospitati.
Ed è stato dunque Dante a raccontare, con un libro nella mano destra e allargando in modo signorile il braccio sinistro nella modalità rotatoria di chi disegna una semicerchio magico per illustrare la bellezza del luogo, l’afflato poetico di queste seimila anime che propugnano la rivoluzione silenziosa del pensiero contro la forza bruta del demagogo, che raccatta consensi, assecondando la fabula del paese dei balocchi.
Ci aveva detto anni addietro che “i napoletani non si lavano”, che avevano bisogno a tal uopo del “fuoco del Vesuvio”: è un incolto, un truce, un bruto, allergico alla cultura del confronto, aduso a sposare tutte le stupidità che gli forniscono i social ed i leoni da tastiera, abituato alla violenza dei barbari.
Vorrebbe in cuor suo utilizzare il manganello, la forza nerboruta per accoppare l’interlocutore, perché non ha argomentazioni nel suo discutere, fatto di poche parole: non ha studiato, riflettuto. Ha campato solo di politica, non ha mai lavorato, ha letto pochissimo e teme la potenza della parola, la sua sottesa inclita forza persuasiva. Non sa neppure parlare e segue l’idiozia della moltitudine che lui scambia per buonsenso, come se ce lo avesse solo lui, che ha bisogno dei pieni poteri, essendo gli altri incapaci.
Questi giovani, che non si fanno condizionare dalle stupidità dei social, sono di un’altra fatta: amano la Costituzione, leggono, studiano, riflettono, si confrontano. Sono poetici perché con la poesia si ritrovano, con sguardi complici, divertiti e seducenti si cercano, senza neppure conoscersi. Così fanno le sardine quando si mettono insieme, si raccolgono, si stringono, cercano una traiettoria nell’immenso mare, per rinvenire l’onda comune e scheggiare luminose negli abissi.
Lui vuole il potere assoluto, legibus solutus, odia il contrappeso, il controllo, la verifica, detesta la minoranza, i giornalisti del dissenso che devono scomparire.
Si prepara ad incassare la cambiale, come fece Mussolini nel 1922.
Questo è un paese che ha bisogno dell’ Uomo Forte e lui pensa di esserlo e se ne compiace, ride beffardamente; nelle sue fattezze lombrosiane appare un ghigno di disapprovazione, accompagnato sovente da una risatina finta. Ha la sicumera e la spocchia di chi ha la vittoria in tasca e snobba tutti.
Le sardine amano Dante, paiono al vento esser leggieri, come Paolo e Francesca che erano sempre abbracciati: “Quei due che insieme vanno e paion sì al vento esser leggieri”, (vv.75-76, V canto, Inferno), canta il Sommo.
Non temono di perdere, non cercano sponsor politici, perché quelli che ci sono non sono capaci di capirli o perché radical chic- che hanno dimenticato Gramsci e Berlinguer- o perché incolti ed incompetenti.
Hanno salutato il Truce con il pernacchio di Eduardo, che rappresenta nel film del magnifico De Sica nella trasposizione de “L’Oro di Napoli”, don Ersilio, quello che vendeva saggezza. Il pernacchio – da non confondersi con la pernacchia – è un’arte e, com’è noto, può essere di due specie: di testa e di petto. Nel caso del Truce, le sardine hanno fuso la testa ed il petto, cioè il cervello e la passione.
I napoletani sono gente di cultura, cullati nella Magna Grecia, nel settecento di Carlo che precedette la Rivoluzione Francese.
Le sardine napoletane hanno letto “Il nipote di Rameau”, sanno che il dileggio, la sarcastica e mordente forza dell’ironia, è il preludio della Rivoluzione, ma silenziosa, tranquilla, non violenta come la sua e quella dei suoi corifei e sodali.
Può anche vincere il Bruto, ma ci saranno le sardine, che rappresenteranno la viva cultura contro la prepotenza.
Biagio Riccio
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