Governo

Crisi di nervi

3 Gennaio 2021

Si arriverà davvero a una crisi di Governo? Matteo Renzi fa sul serio o sta solo barattando qualcosa che gli consenta di motivare i suoi con il solito “Ho vinto io, sono l’unico che ci capisce di politica in mezzo a questi scappati di casa?”. E sarà davvero così facile far fuori Giuseppe Conte, l’ex illustre sconosciuto che ha già guidato due governi (di segno radicalmente opposto) e che ha sfoggiato un’innata capacità di districarsi nei gangli del potere senza mostrare mai un ciuffo fuori posto? La risposta a questi “avvincenti” quesiti arriverà nelle prossime ore, quando tutti i giocatori scopriranno le loro usurate carte (…e forse neanche tutte quelle che si ritrovano tra le mani) per dar vita all’ultima mano di una partita lontana anni luce da un Paese in ginocchio che dalla politica vorrebbe fatti concreti e non il solito deprimente spettacolo. Insomma, per ora l’unica crisi è quella di nervi, del popolo italiano.

Di assai chiaro c’è solo il contesto: qualunque sarà l’epilogo, che sia un Conte ter, un “rimpastino”, un “rimpastone”, un nuovo governo con un nuovo premier (chi? Con quale maggioranza?), le scene a cui stiamo assistendo in questi giorni appaiono davvero lunari, offensive. Dalle interviste commissionate per lanciare messaggi al nemico alleato di governo, ai botta e risposta sui social network, difficilmente gli italiani perdoneranno tutto questo dopo 75mila morti, una campagna vaccinale che viaggia a ritmo di lumaca e miliardi di euro fermi lì ad aspettare che qualcuno decida come spenderli. Anche un bambino di otto anni ha ormai chiaro che l’oggetto del contendere è la gestione dei servizi segreti, che non esiste nessuna maggioranza possibile in Parlamento per chiedere il Mes (ancor meno se si andasse a votare, perché i partiti contrari sono maggioranza nel Paese), che se crisi dovrà essere di sicuro non si tornerà alle urne, perché con il taglio dei parlamentari andare a nuove elezioni non conviene quasi a nessuno: di sicuro non conviene a chi nel 2018 era al 32% e oggi non arriva al 15%, o a chi non riesce a superare la soglia psicologica del 3% malgrado un discreto fanclub su twitter.

C’è chi invoca un governo presieduto da Mario Draghi, non si capisce bene con quale maggioranza, chiedendo all’ex Presidente della BCE di fare il Mario Monti della situazione, con la differenza che il personale politico nel 2011 era nel complesso nettamente superiore a quello attuale. Il problema è che Draghi non è né uno sprovveduto né un martire, ha le sue legittime ambizioni e probabilmente sa bene che sarebbe un suicidio affidare il suo destino (e quello dell’Italia) ai vari Renzi, Di Maio, Salvini e alla loro bulimica ricerca del consenso avulsa dai reali bisogni di quelli che vorrebbero rappresentare. Meglio aspettare tempi (e uomini) migliori.

L’Italia sta attraversando una lenta fase di normalizzazione che nel prossimo futuro porterà un graduale ritorno della politica, quella roba noiosa ma utile dove i premier si chiamano Angela Merkel o Mario Draghi, non passano le giornate a pubblicare sui social network foto in cui abbracciano insaccati, non impongono alla tv si Stato di andare a prendere le conferenze stampa dalle loro pagine Facebook, non fondano partitini per assicurare il seggio in Parlamento a loro e a quattro sodali. Arriverà quel tempo, ma quella normalità è ancora lontana. Oggi non si può non tener conto del fatto che – pur giocando al momento su fronti opposti – i cosiddetti sovranisti, untiti ai populisti di varia natura, siano maggioranza schiacciante nei due rami del Parlamento. Per aspirare a qualcosa di meglio, insomma, bisognerà aspettare almeno il prossimo giro. Italiani permettendo.

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