Governo

Contro la sinistra pauperista e la destra thatcheriana

21 Luglio 2020

L’accordo raggiunto dall’Eurogruppo sul Recovery Fund è sicuramente una vittoria per l’Italia. Questi soldi ovviamente, come si diceva già ieri in un precedente articolo, dovranno essere usati sia per le urgenti questioni sociali, per fermare la crisi innescata dall’emergenza Covid-19, sia per far ripartire il paese, che ha una crescita anemica ormai da vent’anni.

Questo è appunto il problema: come verranno impiegati questi fondi? Non ritornerò sulle critiche svolte ieri. Mi limiterò a un’osservazione più circostanziata riguardante la ricchezza prodotta dal pese.

Quello di cui necessita il paese a livello culturale, infatti, è un vero e proprio cambio di paradigma. In questi anni abbiamo perpetrato l’idea che “piccolo è bello“, che la forza trainante del paese fossero i lavoratori e le piccole medie imprese o i piccoli artigiani. Certamente lo sforzo di queste categorie è fondamentale per lo stato di salute di un’economia. Ma non bisogna dimenticarsi che, da almeno 40 anni, se non già da prima, il motore della crescita è stato, come dicevo ieri, l’innovazione. Grazie all’innovazione tecnologica siamo in grado di svolgere mansioni più celermente, diminuendo sì il numero di lavoratori ma anche la fatica fisica svolta dai lavoratori meno specializzati.

La ricchezza di un paese quindi, oltre che dalle aziende, viene prodotta dai giovani e meno giovani specializzati, dotati di skills e creatività che permettono al paese di reinventare i propri metodi di produzione.

A partire da questa constatazione è necessario fare le dovute distinzioni.

Una visione iperliberista di questa porta necessariamente a una visione vicina a quella della Thatcher, riassumibile nell’aforisma “lasciate che i vostri figli crescano alti, e alcuni più alti degli altri se saranno in grado di farlo“.

Questa visione, che non trova rappresentanza politica in Italia ma è estremamente comune nelle elitè, ha dal mio punto di vista due problemi fondamentali.

In primo luogo non tiene conto delle disuguaglianze. In questi anni il tema delle disuguaglianze ha ripreso forza all’interno del dibattito politico e intellettuale, basti pensare allo spostamento a sinistra di molti partiti progressisti e al clamore causato dall’uscita de Il Capitale nel XXI secolo di Thomas Piketty. Molto spesso, tuttavia, non viene messo in luce l’effetto sociale delle disuguaglianze. Ragionando sul breve periodo, un’obiezione fondata contro l’eccessiva attenzione dedicata alle disuguaglianze potrebbe appunto essere di tipo meritocratico, un altro dei temi che sentiamo periodicamente ritornare nel dibattito pubblico. L’obiezione procede in questo senso: poiché il mercato del lavoro è disposto a pagare un numero X di stipendio a una persona e, grazie. questo reddito, questa persona può accumulare ricchezze, non c’è nulla di male. La persona viene pagata per il capitale umano che porta all’azienda, producendo ricchezza: si tratti di una conoscenza più pratica, come può essere quella di un architetto, o una conoscenza più astratta come quella dell’analista dei dati. Non solo: se un soggetto economico è disposto ad investire le sue risorse creando un’impresa che poi cresce, porta ricchezza e posti di lavoro, è sbagliato?

Non approfondirò questo tipo di critica, accettandola per vera, nonostante la discussione sia più complessa di così anche nel breve periodo. In questo caso l’attenzione dedicata alle disuguaglianze diventa quasi una critica di tipo morale che non riesce a far presa.

Ma sul lungo periodo le disuguaglianze hanno un effetto deleterio anche sulla crescita economica. Studi infatti dimostrano, tanto per fare un esempio, che figli di genitori non laureati tendono a non laurearsi mentre coloro che hanno genitori con un grado di istruzione più alto sono spinti verso un’istruzione di tipo universitario. Ovviamente sul mercato del lavoro avrà più fortuna colui che è in possesso di determinate skills che lo rendono appetibile per un’azienda, skills che vengono da un percorso universitario.

Per fare un’analogia con la fisica si potrebbe parlare di snervamento della scala sociale, cioè le disuguaglianze presentano un fenomeno di isteresi: il loro valore non dipende soltanto dagli argomenti della funzione in un dato punto, ma anche dai valori assunti da questa in precedenza. Questo fenomeno è quello che possiamo osservare, ad esempio, quando cerchiamo di rompere un’asta di un particolare materiale. Quando quest’asta è stata appena fabbricata risulta più difficile da rompere, mentre, dopo qualche tentativo, anche un colpo di minore intensità riesce a spezzarla.

La meritocrazia che sta alla base di questo modello, quindi, risulta molto più complessa da raggiungere rispetto a quanto ci si può aspettare perché appunto dipende dalle disuguaglianze di tipo socio-culturale presenti. Cercherò di approfondire questo tema più avanti, concludendo qui la discussione a riguardo.

In secondo luogo una modernizzazione iperliberista non è detto che tenga conto della sostenibilità ambientale di questa crescita.

Per far ciò serve l’attività di un forte Stato regolarizzatole.

Una seconda alternativa è invece quella progressista di sinistra, che vede nell’intervento Statale nell’economia non più una forma di Stalinismo annacquato, quanto una possibilità per indirizzare la crescita e risolvere questioni sociali urgenti.

Il problema è che questo tipo di sinistra in Italia manca.

Si è infatti diffusa quella che potremmo chiamare “sinistra pauperista”. Dal punto di vista politico questa sinistra ha come scopo l’alleanza organica con il Movimento 5 Stelle che in questi anni si è fatto portavoce di battaglie a favore della decrescita economica e dell’ambientalismo primitivista, ovvero quella forma di ambientalismo che non vede nel progresso tecnologico un modo per combattere il Global Warming ma preferisce un approccio di “ritorno alle radici”.

Per fare un esempio lampante di che cosa intendo: qualche tempo fa sulla pagina ufficiale del Partito Democratico è comparso un post che elogiava la scelta di una ragazza a cui era, disgraziatamente, deceduto il padre durante l’epidemia di Coronavirus, di riprendere in mano l’edicola paterna lasciando gli studi.

Un partito di sinistra progressista che crede che la ricchezza, prima di essere redistribuita, vada creata deve sostenere la volontà di migliorarsi e crescere, compiendo un ciclo di studi. Proprio queste persone, grazie alle loro conoscenze, sono alla base della ricchezza delle nazioni.

 

 

 

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