Governo

Conte bis: la virata a sinistra, l’endorsement di Trump e l’autocomplotto

30 Agosto 2019

Il periodo di incubazione del governo che verrà sta per volgere al termine. Ragion per cui, toto-ministri a parte, ci interesserebbe comprendere, almeno per sommi capi, il piano d’azione del neoconnubio PD-M5S, finora assestatosi su un piuttosto intrigante, quanto vago, Green New Deal.

Gli speranzosi foderati di rosso, inossidabili malgrado le innumerevoli supposte XXL somministrategli dalla storia, potrebbero pronosticare un brusco cambio di rotta, contraddistinto da un M5S capace di costringere il PD a far cose di sinistra e da un PD capace di tenere a freno alcune pulsioni di estrema destra insite nel M5S: diritti sociali e diritti civili, secondo tale ipotetica predizione, cercherebbero di procedere finalmente a braccetto, come sempre, congiunture economiche permettendo.

Pronostico ingenuo? Probabile. In primis, perché se è vero che il M5S rimane l’unica forza politica, tra le maggiori, ad aver intercettato la questione sociale, magari con un approccio non efficacissimo, è altrettanto vero che, elevandoci di qualche grado nell’astrazione storica, presa nella sua vocazione elettoralistica di trasformarsi indifferentemente in qualunque cosa, la piattaforma pentastellata risulta essere la formazione più vuota di tutte: in qualunque maniera la si consideri, non ne può derivare alcuna previsione che non sia smentibile il giorno dopo.

Basti pensare al “fermiamo i barbari” dell’ultim’ora e al barbarico Decreto Sicurezza bis sottoscritto qualche settimana addietro. In sede analitica, un’ambiguità, chiamiamola “epistemica” – per non dire cerchiobottistica –, considerevole: “la scatola di tonno”, un tempo da aprire, sembrerebbe aver trasformato il Grillo antiestablishment nel Grillo di Schrödinger. In sede di cinismo, un’indiscussa qualità, appurate le attuali fluttuazioni a fisarmonica del consenso.

Discorso analogo per il PD, dal baricentro politico mai del tutto definibile, in piena twilight zone e in preda al renzismo di ritorno: elementi di strutturale precarietà che lo rendono altrettanto inafferrabile sul piano previsionale.

Tuttavia, persino in questa fase zeppa di periodi ipotetici, possiamo contare su qualche certezza. Su tutte, il premierato affidato a Conte dal presidente Mattarella, reduce da lunghi e abissali silenzi sui furori salviniani (“chiedo agli italiani pieni poteri” et similia), ma incredibilmente smanioso di chiudere in fretta la questione “legislatura giallorossa”.

Un Conte per niente turbato dalla sollecitudine mattarellesca. Tantomeno dall’intimità fredda tra i due eventuali nuovi partner di governo. Anzi, addirittura ringalluzzito dai sondaggi più recenti, secondo cui 7 italiani su 10 non vorrebbero nuove elezioni (sebbene il 55% degli stessi, al contempo, non gradisca il patto PD-M5S, facendo impazzire ufficialmente la demoscopia). Per non parlare del convinto placet recapitatogli dall’Europa e dell’endorsement di Trump.

Endorsement che, detto fra noi, suggerirebbe oscure motivazioni, specialmente se badiamo alla somiglianza stilistica e programmatica tra il presidente degli Stati Uniti e l’autoestromesso Salvini. Chissà che non c’entri il tenace corteggiamento di quest’ultimo a Putin, anch’esso abbastanza oscuro nelle dinamiche.

Endorsement, oltretutto, raccolto quasi con malcelato compiacimento da molta stampa progressista, a sottolineare la giustezza del nuovo corso degli eventi. Ma come? Proprio Trump? Non si dovrà dire di lui “paglierino era e brutto e di scorbutico aspetto”? Confidiamocelo, anche il trasformismo giornalistico non fa più notizia.

Ad ogni modo, ficcanasando ancora un po’ nell’angusto spettro delle attuali certezze, non stentiamo a immaginare che la nuova teoria del complotto elaborata dalla “Bestia” salviniana prenderà presto piede nell’opinione pubblica, riempiendo le piazze, spappolando definitivamente gli scroti degli scettici e scombussolando le rilevazioni demoscopiche, a quel punto variabili di minuti in minuto, quindi inservibili.

In base a tale teoria, il potere superiore avrebbe sospeso la lineare causalità politica per marginalizzare il ministro del Papeete.

Al momento, non si è ben capito se a muovere i fili sia stato Soros, qualche imprecisata tecnostruttura eurocratica, Saviano, il cuore bruxellato di Saviano, il cuore savianato di Bruxelles, Topolino, i mercati, qualche santo risentito o le Ong, come per l’Amazzonia. Sta di fatto che tale potere superiore, senza volto e più astuto della Ratio hegeliana, pur di rendersi insospettabile, avrebbe agito proprio, e unicamente, attraverso Salvini, unico vero artefice, attenendoci agli accadimenti, della rottura del matrimonio gialloverde.

Affinché tutto quadri con la teoria, senz’altro controintuitiva per le anime belle, deve essere andata per forza così: un autocomplotto ineluttabile frutto di una diabolica eterogenesi dei fini, diabolica come non l’avremmo mai immaginata.

Ebbene, temiamo che la logica e la teologia non posseggano ancora gli strumenti adatti per una spiegazione esaustiva di un simile congegno geo-mistico-politico. Ma è un limite di queste discipline, perché non ci pervengono altre soluzioni accettabili.

In alternativa, che il capitano abbia inseguito, fallendo miseramente, il colpaccio elettorale con acume tattico da leadericchio, per poi obbligarsi all’inginocchiatoio al cospetto di Di Maio e per poi tentare di ricostruirsi nella percezione collettiva nella nuova veste di supplice virile, è, ovviamente, una roba fuori dal mondo.

In conclusione: si fa duretta, meglio se ci rivolgiamo a qualche divinità ancora inesplorata.

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