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Contact Tracing. La app che ci libererà dalla quarantena. Forse

9 Aprile 2020

La app individua una persona contagiata e ne ricostruisce gli spostamenti, rintraccia tutte le persone che hanno frequentato gli stessi luoghi nei giorni precedenti, le avverte del pericolo e le sollecita alla quarantena. Il Contact Tracing funziona così. L’obiettivo è ridurre la propagazione dei contagi. Lo stesso obiettivo che si è fin qui cercato di perseguire con la segregazione domestica.

Perché i contagi possano essere davvero interrotti, tuttavia, è necessario che: a) le persone possano essere precocemente tamponate, in modo da individuare anche i contagiati asintomatici; b) molte persone – almeno il 60% della popolazione – scarichino la app; c) oltre al luogo, si sia in grado anche di ricostruire il contesto (l’incontro è avvenuto in ascensore o in un parcheggio? A più di un metro o a distanza ravvicinata?). Una app, tuttavia, difficilmente sarà in grado di identificare il contesto, qualunque tecnologia usi.

A meno di voler imporre misure autoritarie e coatte di stampo cinese, come l’obbligo di portare il telefono sempre con sé e di scaricare la app, gli obiettivi sanitari del Contact Tracing digitale in Italia sono quindi tutt’altro che garantiti. A fronte dell’efficacia condizionata permangono poi molti dubbi sui pericoli connessi al tracciamento generalizzato ed alla condivisione con l’autorità costituita (quale autorità? per quanto tempo? con quali fini?) di dati personali, intimi, molto sensibili.

Ieri la Commissione europea ha inviato agli Stati membri delle raccomandazioni per garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini sottoposti a questa forma di controllo pervasivo a distanza.

Sempre ieri, il Garante per la Privacy, Antonello Soro, è stato audito informalmente in commissione parlamentare trasporti. Soro ha osservato, tra l’altro, la necessità di dare forza di legge alle regole di tracciamento per tutelare i cittadini da eventuali eccessi di potere dell’autorità.

Perché il Contact Tracing possa essere considerato compatibile con lo Stato di Diritto anche in regime di Emergenza sono infatti necessarie alcune garanzie. Tra queste, un limite di tempo, di scopo e di uso dei dati raccolti. La garanzia cioè che quei dati non vengano usati per scopi e funzioni estranei al contenimento sanitario dell’epidemia, non vengano ceduti a comparti dell’amministrazione pubblica altri o che, peggio, non venagano ceduti a privati, che quei dati vengano distrutti il più rapidamente possibile e nel frattempo vengano tutelati con la massima attenzione e sicurezza.

Queste garanzie corrispondono a diritti ben precisi, garantiti ai cittadini europei. Diritti che, tuttavia, in stato di emergenza rischiano di essere ignorati, vuoi anche per un eccesso di solerzia. Il caso della app Allerta Lom della Regione Lombardia è a questo proposito una pessima pratica, una non necessaria esposizione dei cittadini al rischio di dispersione di dati e informazioni sensibili al di fuori di un sistema e di uno standard condiviso a livello europeo – al quale invece la app del Governo dovrebbe informarsi.

Ma una app di tracciamento è davvero utile a combattere il dilagare dell’epidemia da Coronavirus? E potrà davvero aiutarci ad allentare la presa – ormai asfissiante – del contenimento domestico?

Se ne discuterà venerdì 10, dalle 10:30 alle 12:30 al seminario CONDIVISI. COVID-19, QUALI DATI PER QUALI DIRITTI?, promosso dal’associzione paneuropea Eumans insieme ad Associazione Luca Coscioni. Interverranno giornalisti, giuristi, attivisti, esperti di tecnologia, tra i quali anche un membro della Task Force del Governo. L’incontro è aperto previa registrazione.

Un sincero invito a partecipare e formulare domande. Info e istruzioni qui.

***UPDATE***
Qui il video integrale dell’incontro.

@kuliscioff

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