Governo

Ci sono 493 candidati consiglieri a Livorno. E la democrazia è viva

30 Aprile 2019

Livorno ha sempre anticipato i tempi. Una città con un genius loci tutto suo, inimitabile e riconoscibilissimo, forse poco sfruttato (lo domando e me lo domando), ma riconoscibilissimo. Lavoro da più di dieci anni fuori città, e sento quotidianamente come reagiscono i colleghi quando parlo di lei, lei Livorno intendo, e credo che poche altre città abbiano un appeal simile. Un posto che cinque anni fa ha lasciato tutti a bocca aperta, anticipando, appunto, i tempi, e portando il Movimento 5 Stelle alla guida del municipio. Poi i 5 Stelle sono arrivati anche ben oltre, scalando posizioni, è cronaca dei nostri giorni, arrivando fino a Palazzo Chigi. E nemmeno loro probabilmente avrebbero mai immaginato una escalation tanto rapida, prima come terza forza politica nazionale e poi come alleato di governo di una destra che ha fatto della lotta all’immigrazione il suo vero e unico cavallo di battaglia. E (detto tra parentesi) credo che il vero peccato originale dei 5 Stelle a livello nazionale sia sicuramente quello di essersi alleati con la peggiore destra che io abbia potuto conoscere.

Ma torniamo all’attualità di questa campagna elettorale. A Livorno si sta chiudendo in questi giorni un quinquennio di amministrazione pentastellata. Farne un bilancio non mi interessa, alcuni elementi sono visibili a tutti, quello che mi preme rilevare è l’atteggiamento di chiusura con cui la giunta Nogarin ha affrontato alcune delle sfide che aveva davanti. Perché sia a livello nazionale che territoriale l’atteggiamento dei 5 Stelle è sempre quello di coloro che vogliono andare a caccia delle malefatte altrui, un’impostazione più adatta a qualche forma di opposizione ragionevole piuttosto che a una forza che ha un ruolo di governo.

E cosa raccontava la cronaca nazionale all’alba del giorno dopo il ballottaggio delle amministrative di cinque anni fa (8 giugno 2014)? Il liet motiv descriveva Livorno come una città che ha saputo sempre anticipare i tempi, clamorosa la sconfitta del PD, ma altrettanto clamoroso che tale sconfitta fosse avvenuta per mano di un movimento nato solo pochi anni prima e generalmente tacciato di incompetenza e di oscillazioni tra la destra e la sinistra, specie a livello nazionale. Una giornata storica, da fare arrivare in città le troupe della principali tv nazionali. Partita finita con un 53% per il candidato sindaco del M5S, contro il 47% del candidato sindaco del PD. Livorno, una città di provincia, 160.512 abitanti circa, un posto la cui economia, da sempre legata al porto e alle partecipazioni statali, ha fatto notevolmente fatica negli ultimi dieci anni a stare al passo della media del PIL regionale. Livorno, che sarebbe diventata area di crisi complessa, come prevede la Legge 181 del 15 maggio 1989, e vengono subito a mente le vicende della Delphi e della TRW, due multinazionali che negli ultimi anni hanno scelto di chiudere i propri stabilimenti in città e di delocalizzare altrove, lasciando a casa decine di decine di lavoratori.

E tutti i giornali hanno affrontato con tono trionfalistico il risultato del ballottaggio, nessuno se lo sarebbe aspettato, molti davano per scontata la vittoria di Marco Ruggeri del PD, invece le urne, come sempre più spesso avviene, hanno decretato tutta un’altra cosa. E allora il Corriere della Sera commentava “ è bastata un’ora e mezzo, tanto è durato lo scrutinio delle 172 sezioni, per spazzare via dopo settant’anni di potere assoluto la classe politica e dirigente di Livorno”, la Nazione parlava di “ko storico”, e varie agenzie stampa si mantenevano su questo tenore riportando con sorpresa la vittoria dei 5 Stelle, descrivendo l’esito del ballottaggio come quello di un “voto di protesta” da parte di una città in cui la disoccupazione era al 16%, il tasso più alto della Toscana, e poi in genere fioccavano un po’ ovunque commenti su una città che ha sempre saputo anticipare i tempi, di un lido già affrancato dal gioco tutto renziano all’interno del PD, un posto di frontiera a cui il direttivo del maggiore partito di sinistra avrebbe fatto bene a guardare con attenzione per interrogarsi sulla sorte che al PD stesso sarebbe toccata di lì a poco.

E dopo Livorno in Italia altre città avrebbero seguito queste tendenza a concedere fiducia ai 5 Stelle, e io stesso pensavo che il M5S avrebbe potuto trovare proprio nelle città la piattaforma migliore per sperimentare nuove politiche di inclusione e di decisione del basso, e che città medio-grandi, come Livorno, fossero il posto ideale per mettersi alla prova. E dopo Livorno i 5 Stelle avrebbero potuto aggiungere al medagliere anche Cattolica, Porto Torres, Roma, Torino, Carrara e Fabriano, solo per citarne alcune.

Ma Livorno aveva altre velleità a livello di democrazia locale, e mentre la giunta Nogarin governava, all’opposizione alcune forze hanno fatto un ottimo lavoro, mettendo in luce pecche e difetti degli atti della maggioranza, costruendo un’alternativa in vista del prossimo passaggio elettorale, quello di domenica 26 maggio. Alcune di queste forze, in particolare Buongiorno Livorno e poi anche Futuro, hanno attivato dei tavoli per mantenere vivo il dibattito sulle questioni più importanti che giunta e consiglio comunale stavano affrontando nel corso dei loro lavori. Perché su molte questioni i 5 Stelle a Livorno sono stati deficitari, come sulla questione del piano strutturale, gestito male e approvato all’ultimo giorno utile di mandato in un aula consiliare dove le forze dell’opposizione non si sono presentate per protesta. Oppure come sulla questione della palladiana, la pavimentazione di Via Grande che nel progetto di riqualificazione approvato recentemente dalla giunta comunale verrebbe sostituito da un gress porcellanato (senza contare che a Bologna la palladiana è considerata patrimonio dell’Unesco). E non ultimo, anche su una delle questioni più ampie affrontate dalla giunta Nogarin, quella del porta a porta, alla cui definizione si è arrivati con troppa fretta, con evidenti difficoltà per tutti, soprattutto per i cittadini.

E’ proprio nella visione di città del futuro che mi sarei aspettato qualcosa di più dalla giunta Nogarin. Livorno è un organismo complesso, come tutti i porti di mare, se non altro per quell’ampio water-front che presenta, una lunga cerniera di costa che è la sua risorsa più preziosa. Un diaframma che dovrebbe essere messo in grado di vivere durante tutti i mesi dell’anno, originando attività culturali, sportive, economico-imprenditoriali e ricreative. Nel piano strutturale, il documento in cui si pongono le basi per lo sviluppo territorio e della città immaginata, a questo diaframma essenziale si accenna solo per la parte nord, quella del porto industriale, stazione marittima e porto mediceo compreso, mentre niente si dice per quella porzione di lungomare che dalla Terrazza Mascagni corre fino a Antignano, né tanto meno si arriva a formulare una proposta per quella parte di città prospiciente al mare, se non altro a livello di assi di penetrazione viaria, come se questa parte di città non generasse economia, sviluppo e inclusione sociale.

E il piano strutturale approvato in limine litis dall’amministrazione uscente è stato abbondantemente commentato dall’Associazione Costruttori Edili, Confindustria, Confesercenti, Confcommercio e Cna definendo l’istruttoria svolta dall’amministrazione a 5 Stelle del tutto “irrituale”, perché in questo iter si sono evitato consultazioni e confronti con le categorie economiche e i professionisti che rappresentano la base per l’adozione di uno degli strumenti urbanistici più importanti. E il consiglio comunale, sempre tra incudine e martello, a fine luglio scorso ha rubricato l’argomento al dodicesimo punto dell’ordine del giorno e lo scorso 7 aprile è stato convocato d’urgenza di domenica mattina per mettere la parola fine a un iter complesso che andava avanti da nove anni.

E anche sugli stalli blu stesso si è riscontrato queste stesso atteggiamento di chiusura, tanto che il vice-sindaco Stella Sorgente ha dichiarato proprio ieri, nel pieno di una campagna elettorale che la vede sfidarsi per la guida di palazzo civico, quanto segue: “Il piano della sosta che abbiamo fatto è sbagliato non negli intenti, non nell’obiettivo di regolamentare in traffico privato, ma nell’essere stato studiato troppo in fretta, da troppe poche persone senza coinvolgere sufficientemente la cittadinanza”, accennando poi a alcuni correttivi che sarebbero già stati presi. Ma è proprio nel metodo che a parere mio hanno hanno sbagliato i 5 Stelle, lasciando poco spazio alla partecipazione della cittadinanza, specie su questioni che l’hanno vista direttamente coinvolta, come gli stalli blu, la raccolta porta a porta, il piano strutturale e la sistemazione di Via Grande.

Ma Livorno ha sempre anticipato i tempi e forse è pronta a farlo di nuovo, perché tante forze civiche che la animano e che l’hanno animata in questi anni non hanno mai smesso di lavorare e di fare opposizione, provando comunque a immaginare una città diversa da quella che a cui stava lavorando l’amministrazione in carica. Alle prossime elezioni comunali del 26 maggio sono 493 i candidati consiglieri, un bellissimo segno di partecipazione e di democrazia da parte di una città che continua a chiedere di poter cambiare. In una delle liste, Futuro, mi sono candidato anche io e c’è un’immagine che riassume perfettamente quello che voglio dire. E’ quella della fila dei moduli utilizzati per la raccolta delle firme per la presentazione della nostra lista alle prossime elezioni comunali, tanti moduli formato A4 messi in riga, in segno di trionfo, perché fino all’ultimo non era detto che ce l’avremmo fatta a presentare la lista. Tanti moduli messi in colonna, sul pavimento alla veneziana del vecchio comune di Livorno, un posto le cui porte devono essere sempre aperte, ha detto Luca Salvetti, perché il cambiamento vero arriva solo aprendo gli orizzonti, e spalancando le porte, e in una città di mare come Livorno questo è un esercizio quotidiano che sappiamo fare tutti, perché sappiamo che nessuno può mettere le porte al vento.

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