Governo
Caso Salvini: Le votazioni in internet non sono “democrazia diretta”
Dalla votazione in internet del Movimento 5 stelle dipende la sorte del Senatore Salvini e forse dell’intero governo. La credibilità di questa votazione (e di tutte quelle precedenti) sarebbe zero, se avessero ragione i molti svizzeri che vogliono proibire le votazioni politiche in internet. Molti di loro, infatti, le considerano manipolabili e una minaccia per la democrazia diretta elvetica. Gli svizzeri sono molto attaccati a questa forma di democrazia e ogni tre o quattro mesi votano nell’unico modo affidabile, ossia su schede di carta.
Una proposta di referendum per proibire le votazioni politiche in internet.
Se gli svizzeri voteranno sì all’iniziativa popolare per “Per una democrazia sicura e credibile (E-Voting-Moratorium)”, nella Costituzione elvetica del 1848 sarà scritto: “L’uso di sistemi elettronici di votazione è proibito”. L’iniziativa popolare contro il voto politico in internet (e-voto) è lanciata da un comitato di cui fanno parte politici, informatici e altre personalità elvetiche. I politici sono di tutti i partiti e in buona parte militano nelle sezioni giovanili, ossia appartengono a una generazione competente nelle tecniche e nei rischi digitali. Anche politici di primo piano sono nel comitato promotore: il presidente del Partito Verde e il co-presidente del Partito pirata. Tra gli esperti di sicurezza digitale c’è Renè Droz, che operò a lungo nelle attività di difesa digitale delle forze armate elvetiche. Tra i promotori ci sono anche il Chaos Computer Club, la Società Digitale e il Partito pirata, ossia militanti informatici libertari e indipendenti. I più numerosi, però, sono docenti, ingegneri, tecnici e imprenditori del settore informatico.
Le votazioni in rete non sono sicure.
Secondo i proponenti dell’iniziativa popolare contro l’e-voto, quasi tutte le istituzioni che lo hanno tentato hanno avuto gravi problemi e molte lo hanno abbandonato. In Svizzera il Cantone di Ginevra e altri hanno interrotto le sperimentazioni perché i sistemi erano inaffidabili. La Finlandia, la Francia, l’Inghilterra, la Norvegia e la Germania hanno abbandonato le sperimentazioni in corso o i progetti futuri. Durante un loro congresso mondiale di hacker (Def Con) alcuni di loro sono entrati in qualche ora in sistemi di e-voto nordamericani, allora considerati inattaccabili. Il produttore di armamenti federale svizzero (RUAG) è stato vittima di uno spionaggio digitale scoperto solo molo tardi. Esiste poi il rischio di privatizzatine delle elezioni, perché in Svizzera molte aziende private hanno offerto sistemi di e-voto. Quasi tutte queste aziende, però, hanno ritirato i loro sistemi perché vulnerabili. L’unico sistema ancora in sperimentazione è quello della Posta elvetica, che ha promesso premi in denaro agli hacker che riusciranno a violare il suo sistema. Lo stesso dovrebbe fare anche la Casaleggio Associati, se volesse dimostrare la credibilità del suo sistema di votazioni in internet.
La eventuale proibizione elvetica dell’e-voto sarà rivedibile dopo cinque anni.
L’articolo costituzionale proposto dagli inizianti dà la possibilità di revocare il divieto dell’e-voto, ma non prima di cinque anni. La revoca sarà possibile solo se saranno garantite alcune condizioni. L’ e-voto dovrà essere altrettanto sicuro che il voto su carta. Dovrà essere garantito che chi vota dal computer sia proprio la persona che ne ha diritto, ma questo dovrà avvenire mantenendo segreta la sua identità. I risultati parziali dovranno poter essere determinati in modo chiaro e imparziale e, se necessario, verificati in modo attendibile e da persone senza particolari competenze. Tutte le tappe dell’e-voto dovranno poter essere verificate dagli elettori, senza particolari competenze. Ogni voto dovrà poter essere controllato, validato ed eventualmente ricontato da scrutatori di partiti concorrenti, come avviene per il voto su carta.
Le votazioni in internet non sono “democrazia diretta”.
L’iniziativa svizzera “Per una democrazia sicura e credibile (E-Voting-Moratorium)”è particolarmente interessante per l’Italia, dove il primo “partito digitale” al mondo è arrivato al governo dopo essersi strutturato e aver nominato il suo personale, compreso il suo capo, mediante centinaia di votazioni in internet.
Il motivo principale per cui le votazioni in internet non sono “democrazia diretta” è che nella prassi del Movimento 5 stelle l’e-voto sostituisce il voto su carta. Ovunque, invece, il principio delle eventuali votazioni in rete è che queste si aggiungano al diritto immutato di votare su carta. Quando però la votazione in internet è l’unica possibile, essa nega il diritto elettorale a tutti coloro che per povertà, età, scarsa istruzione e insufficiente competenza non possono o non vogliono votare in internet. Quasi metà degli adulti in Italia non usano abilmente internet, e in particolare i residenti nel Sud, gli anziani, le donne, i poveri e i poco istruiti.
L’iniziativa elvetica “Per una democrazia sicura e credibile (E-Voting-Moratorium)”sgombra il campo dalla mistificazione di chi chiama “democrazia diretta” la votazione in internet. L’e-voto, infatti, è proprio il contrario della democrazia diretta, perché non è sicuro, né affidabile, né trasparente, e perché esclude decine di milioni di elettori.
L’uovo di cioccolato di Casaleggio.
Nessuno è riuscito a produrre un sistema di votazione in internet di cui ci si possa fidare. Peraltro, prima che ci provasse un Italiano nessuno aveva scoperto l’America. Forse, quindi, l’uovo di Casaleggio potrebbe essere geniale come l’uovo di Colombo. Sarebbe un exploit del made in Italy se la Casaleggio Associati riuscisse a vendere le sue “uova di cioccolato” agli Svizzeri. In tal caso potrebbe venderle anche al resto del mondo. Si arricchirebbe. Proverebbe che il partito che ha costruito è davvero basato su “onestà onestà”. E, infine, proverebbe agli Italiani e agli investitori internazionali che questo governo merita fiducia perché si basa sul lavoro pulito di specialisti competenti.
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