Governo
Cappuccetto Rosso e l’asino che fu fatto leone
« Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s’era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d’essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro. » Alessandro Manzoni – I Promessi Sposi
di Marco Di Salvo
Partita (maluccio, si può dire?) la vicenda del governo giallo-verde, vale la pena fare un veloce check (momentaneo, si intende) sulle conseguenze per i soggetti politici protagonisti delle ultime settimane. E non è difficile notare che chi è rimasto più volte con il cerino in mano, vero vaso di coccio tra vari vasi di ferro (Mattarella, Salvini e c.) sono il Movimento 5 Stelle, il suo leader, Gigi Di Maio e la sua “ombra”, l’attuale Presidente del Consiglio Conte (se ci pensate, bizzarro si sia passati dal Governo-Ombra al Presidente del Consiglio Ombra, isn’t it?).
Il perchè è velocemente detto. La linea “istituzionale” del Movimento, tutta sorrisi e frasi di circostanza rassicuranti (inaugurata in campagna elettorale e portata avanti, non senza scossoni interni, nei mesi scorsi), è stata almeno temporaneamente sconfitta dalle accelerazioni impresse nel corso della vicenda governativa dal leader della Lega Matteo Salvini, il quale ha reso sempre più evidente la sua “statura” (se non altro di newsmaker), rispetto alla quale le uscite di Toninelli e c. danno sempre l’impressione di essere una serie di passi indietro e a traino delle intemerate da “bravo” manzoniano del Ministro dell’Interno.
La corsa verso la stanza dei bottoni a qualunque costo (ricordate i programmi tailor made adattabili a ogni alleato, purchè si arrivasse a palazzo Chigi?), ha di fatto reso gli esponenti di punta del M5s ottimi ripetori dei diktat salviniani (compreso l’esule Di Battista, su cui molti avevano riposto speranze, nel tentativo di frenare la deriva a destra).
Resta, forse, solo il presidente della Camera Roberto Fico, ma vedrete che, alla lunga, risulterà ingabbiato dal suo ruolo istituzionale, prefigurando la fine infausta di alcuni dei suoi predecessori, come Fini, Casini e Bertinotti, per cui il passaggio dallo scranno più alto di Motecitorio è equivalso ad una sorta di dorato prepensionamento dalla politica di primo piano.
Ma le conseguenze per il M5s non finiscono certo qui. “Perchè fidarmi di Di Maio, se Salvini e, in fondo, anche la Meloni urlano più forte?” diranno gli elettori sovranisti dei 5stelle. “Perchè fidarmi di Di Battista e Fico, se non hanno fatto il governo del cambiamento?” diranno quelli che da sinistra hanno votato per il movimento grillino e li hanno visti allearsi, allinearsi e coprirsi con il babau leghista.
Tutti, leader ed elettori, con il cerino in mano e senza aver capito come sia finito proprio a loro. E con il rischio di fare la fine del Montblanc della memorabile scena di Bianca di Nanni Moretti, almeno al confronto con la Sacher torte di Salvini (https://www.youtube.com/watch?v=-xfqo1mqcmc per un ricordo della scena).
Ma il giudizio di chi scrive non è d’encomio neanche per il momentaneo vincitore, che nel suo vantarsi della riconquistata centralità nel dibattito europeo ricorda il Pasquale di una vecchio sketch di Totò (https://www.youtube.com/watch?v=KienYjmCzKs&t=18s).
Vedendo in azione Salvini negli ultimi giorni ci viene in mente uno scritto di tanti anni fa di uno che, quando c’era, aveva dimostrato di aver capito molto, se non tutto, anche del futuro. E senza bisogno di conoscere personalmente i vari protagonisti della politica odierna…
“Cercando col muso tra i resti di un carro di carnevale, l’asino scoprì una enorme testa di leone: vi infilò dentro la sua e, mezzo accecato da quella testa di cartapesta che intorno alla sua si muoveva come un cappello in cima a un bastone, uscì per i campi ragliando di gioia.
Galoppando, entrò in mezzo a un gregge tranquillo, arruffandolo di spavento e di confusione. Subito però il castrato più anziano capì di che si trattava. “Sei il signore di noi tutti” belò; “disponi di noi come vuoi”.
L’asino accettò l’omaggio con altissimo raglio. E un agnellino osservò allora al castrato: “Ma è soltanto un asino”. E il castrato: “Stupido, lo so bene che è un asino. Bisogna però trattarlo come un leone, se non vuoi che i suoi calci ti piovano sulla schiena. Quando il padrone verrà a riprenderlo, sapremo come chiamarlo”.
Leonardo Sciascia – Ma è soltanto un asino tratto da Favole della dittatura
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