Governo
L’agenda Draghi non esiste e altre cattive notizie per un sereno Natale
Mario Draghi è, by far and large, il più bravo di tutti. Per leadership, popolarità, visione, riconoscimento internazionale non c’è incarico pubblico di vertice che non potrebbe coprire al meglio, chiave che non gli verrebbe consegnata senza pensarci un minuto. È davvero, vi sblocco un ricordo, quello che Donatella Dini diceva del marito Lamberto (altro Governatore di Banca d’Italia, nostra unica ENA), “il meglio fico del bigoncio”.
Questo non per le politiche che propugna, per qualche ingrediente segreto, ma per chi è. Non esiste un’agenda Draghi (che a me ricorda il “pacchetto azionario” del Conte di Boris) come vorrebbero quei vice-migliori che, vai a capire se con malizia o ingenuità, si candidano a succedergli millantando di poterne ripetere gli effetti speciali. Il Governo di un paese come l’Italia all’epoca della massima interdipendenza globale è letteralmente come chiedere un mutuo in banca: te lo danno se risulti affidabile, non importa cosa ci devi fare. Puoi certo fare lo sborone per tirartela con la fidanzata e dire che con 1.200 euro al mese ti vuoi comprare casa a Milano (o invocare stravaganze simili magari sull’Euro), ma durerà molto poco. Alla fine una cortese telefonata ti informerà che la tua richiesta è stata rifiutata perché sei troppo povero o troppo poco affidabile. Ecco, a Draghi adesso telefonano per offrirgli il mutuo, per dire a che livello siamo.
L’agenda Draghi è Draghi e solo Draghi. Non, ripeto, per quello che fa, ma per quello che assomma, rappresenta e tiene in equilibrio. Le azioni del Governo sono state in questi mesi all’insegna del “fare quello che si deve fare” e che, soprattutto, si sapeva chiaramente di dovere fare. Mainstream con un po’ più di Keynes (ché “è il momento di dare”) e virato al verde. La differenza la fa l’execution, ossia non solo la mancanza di una opposizione che faccia realmente sudare, ma soprattutto la capacità di fare scendere le cose che andavano fatte giù per li rami della vera, strisciante e silenziosa ma potentissima, opposizione, ossia la burocrazia. Il tutto fregandosene di chi vince le amministrative, altra cosa non da poco. Detta così sembra facile, un goal a porta vuota, ma ovviamente non lo è. Per arrivarci a tirare a porta vuota devi essere Mario Draghi, e oggi solo lui, appunto.
Purtroppo, come tutte le cose belle, anche il lavoro della safety car (o della Tata Lucia) Draghi è destinato a essere scosso temo irrimediabilmente dalla partita Quirinale. Soprattutto se sarà lui ad andarci, ma anche se non sarà lui, l’equilibrio di cui è attualmente architrave sembra destinato a scuotersi molto profondamente. I partiti, macchine dietro la safety car o genitori incapaci di gestire i figli, rivendicano, com’è corretto in democrazia, il ritorno al protagonismo e francamente non si vede come la scopertura delle carte inevitabile con l’elezione del successore di Mattarella possa ritornare in tempi rapidi all’attuale equilibrio. Draghi Presidente dovrebbe allo stato incaricare un altro lui, che non c’è (a proposito, mi sarei aspettato fanfare presidenzialiste più chiassose, dacchè per la prima volta c’era la persona adatta). Draghi rimasto dov’è (a malincuore? non si sa ma si immagina) avrebbe a che fare con partiti ringalluzziti, ruggine dei perdenti e paure di andare a casa. Comunque la si guardi, la simil pace dell’era draghiana è destinata a finire anche molto presto.
Anche al di là di queste considerazioni da political junkie, qualche segno che la bonaccia stia passando e che nel 2022 balleremo c’è.
La gestione della pandemia, globalmente, sta pagando un prezzo altissimo alle affermazioni apodittiche fatte sui vaccini e sulla scienza che ha sempre ragione. Ci siamo vaccinati, ha aiutato tantissimo ma, contrariamente a quanto era stato sbandierato, non basta per ritornare a una vita normale. Il rifiuto, tutto ideologico e politico, di ritornare a forme estreme di precauzione per evitare contatti tra le persone, come la DaD (sono genitore di un figlio che per due volte da settembre ha avuto casi di positivi in classe e pur di non attivare la DaD la scuola ha fatto casini francamente evitabili) e il lavoro a distanza, rendono la situazione francamente di difficile gestione. Penso che la comunicazione e gli spin (oggi il problema non sono i no vax, che comunque restano tanti ma la perduranza del virus) abbiano enormi responsabilità. Penso anche che si dovrebbe riflettere più seriamente sul cul de sac in cui si mettono i governi in un’epoca in cui nessuno si può più permettere di dire “stiamo cercando di capire, adesso non sappiamo che dire, stimo provando a venirne a capo”. Detto questo, la sensazione è quella del vaso di Pandora scoperchiato, e speriamo che abbiano ragione quelli che dicono che Omicron sia la variante easy listening e non quelli (parimenti scienziati, parimenti ascoltati) che la dipingono come la variante death metal.
Anche dal punto di vista economico e sociale la situazione sembra inevitabilmente destinata a ingarbugliarsi, dopo la pax covid. Non mi sono fatto un’idea definitiva sullo sciopero generale, nel senso che ne comprendo le ragioni ma sono dubbioso sullo strumento, ma certo qualche domanda sull’effettiva ricaduta delle risorse straordinarie e di quel + 6% di PIL è lecita e doverosa. L’impressione è che ogni alternativa realistica al Governo attuale, ossia ogni opzione che contempli lo shortismo del consenso, rischi di svegliare il Golem di un malessere sociale fatto di molti ingredienti, che non vogliamo vedere. Per capirci, io credo che i no vax siano la versione covid dei gilet gialli e una loro eventuale deriva sociale ed economica penso sia decisamente poco augurabile.
Che l’attuale sia la soluzione migliore non significa né che sarà eterna, né soprattutto che sia priva di difetti. Le faglie di un potenziale conflitto sociale anche pronunciato si vedono da più parti, ad esempio, occorre dirlo, nella messa a terra della Transizione Ecologica, che quando ci si accorgerà che non è solo tutto un “pensiamo ai bambini, pensiamo ai delfini” farà innervosire e parecchio tante persone.
Ma oggi, che siamo quasi tutti più deboli e più stanchi, tenere ancora un po’ i problemi sotto il tappeto ci avrebbe fatto bene, ché non so voi, ma io di tornare a ballare nel 2022 non ho punto voglia.
Spero di sbagliarmi e, se non ci vediamo, Buone Feste.
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