Governo

Brexit, Barabba e l’impasse democratica

5 Luglio 2016

In questo periodo va di moda paragonare il referendum su Brexit alla famosa vicenda evangelica della liberazione di Barabba: un mezzuccio retorico che serve per delegittimare la volontà del popolo “incolto, ignorante e facilmente manipolabile” e, in definitiva, la stessa democrazia diretta.

Va però detto che, se il popolo può sbagliare, non sempre il suo ceto dirigente sa fare meglio di lui: dopotutto, ben prima che dalla folla, il Nazareno era stato condannato dal Sinedrio, cioè dai maggiori “esperti” della venuta del Messia…

Inoltre, a manipolare le masse emotive e influenzabili è spesso proprio l’élite politica e culturale: era così ai tempi di Gesù (i Vangeli riferiscono che furono i capi dei sacerdoti e gli anziani a sobillare la folla in favore di Barabba) ed è così anche oggi, come dimostrano le contrapposte propagande su Brexit (di recente, anche la nostra Confindustria si è prodotta in una campagna imbarazzante a favore del  al referendum costituzionale di ottobre).

Altri commentatori hanno visto un’affinità tra Ponzio Pilato, famoso per essersi “lavato le mani” della condanna di Gesù, e la classe dirigente inglese, che ha voluto la consultazione popolare per scaricare sugli elettori la responsabilità di una scelta difficile da sostenere con le proprie forze.

C’è sicuramente del vero in questa interpretazione: quando la democrazia diretta, da strumento nelle mani delle opposizioni, diventa arma demagogica con la quale chi è al potere cerca di rafforzare la propria posizione, finisce per trasformarsi in una vera e propria abdicazione, resa visibile in questo caso dalle dimissioni del Primo Ministro (quelle dei leader delle opposizioni sono il segno inequivocabile della loro simmetrica pochezza politica).

C’è tuttavia un aspetto più profondo nella scelta di demandare al popolo la decisione ultima sulla sorte di Gesù e, parallelamente, su quella del Regno Unito. Ponzio Pilato si è trovato di fronte al contrasto tra la propria autorità politica, favorevole a liberare il prigioniero di Nazareth, e quella religiosa, intenzionata a condannarlo a morte: quale delle due far prevalere? Analogamente, il governo britannico ha dovuto gestire lo scontro tra le regole imposte da un ente sovraordinato, l’Unione Europea, e la volontà contraria della maggioranza dei suoi cittadini: a chi dare ragione?

In entrambi i casi, il ricorso alla vox populi è diventato la via d’uscita dal dilemma tra due posizioni opposte sostenute da entità, per così dire, non commensurabili. Una situazione analoga si era verificata un anno fa, con il referendum greco e potrebbe ripetersi in altri Paesi, ogni volta che un governo si trovi nell’imbarazzo di doversi opporre a richieste di provenienza “sovranazionale” per rappresentare fedelmente la volontà nazionale.

E’ però evidente che si tratta di una risposta del tutto insoddisfacente: le minacce della Scozia (e persino della città di Londra!) di separarsi dal Regno Unito per restare nell’UE dimostrano che la decisione del popolo sovrano non è stata riconosciuta da tutti come legittima. Per questa via, insomma, si rischia di complicare ulteriormente l’impasse democratica, anziché risolverla…

Credo che i nostri rappresentanti europei dovrebbero affrontare seriamente il nodo di come dirimere i conflitti tra i diversi “ordini”: è un problema che si pone, in realtà, a tutti i livelli della decisione politica (anche tra quello locale e nazionale, ad esempio) e per il quale non mi pare si sia ancora trovata una soluzione. Se questa dovesse essere la chiamata alle urne del popolo, occorrerà definirne con esattezza le modalità, anzichè affidarla all’improvvisazione dei singoli governi: solo così l’esito sarà riconosciuto e accettato da tutti e solo così la voce della folla potrà essere davvero efficace.

 

 

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