Governo

Né subalterni, né rassegnati: per questo crediamo ancora a un Campo Progressista

9 Ottobre 2017

Oltre tre milioni di persone che dichiarano di appartenere al campo del centrosinistra e si riconoscono nei nostri valori comuni non votano più. Non votano il Partito Democratico a trazione renziana, non votano le formazioni della sinistra. Né quando stanno in coalizione, né quando corrono in solitaria. Milioni di persone cui oggi non basta più la parola centrosinistra, esattamente come la parola sinistra.

Campo Progressista è nato a Marzo con due obiettivi chiari, ma molto ambiziosi. Contribuire alla costruzione di una forza del cambiamento che possa dare voce a questi milioni di persone, riaprendo un campo largo di governo che fosse in netta discontinuità con la politica e le politiche di questi anni. Per farlo pensiamo sia necessario dare voci a nuovi protagonisti, un’Italia che sta cambiando “dal basso” e che non trova rappresentanza. Associazionismo laico e cattolico, ambientalismo, sinistra civica e politica, insieme per rompere steccati consolidati e per archiviare l’isolamento della politica rispetto alla società.

La novità non consiste in qualche stantia retorica rottamatrice o giovanilistica, ma nella volontà di dare voce a un’Italia che oggi non parla più alla politica. Per farlo riteniamo sia necessario dimenticare l’idea del solito cartello elettorale della sinistra; quelli che regolarmente nascono a pochi mesi dalle elezioni e poi si sfasciano dopo aver eletto qualche dirigente o portavoce.

Lo dico con nettezza e serenità. La discussione di questi giorni non riguarda seduzioni tardive di Renzismo, del cui governo abbiamo già detto tante volte.

Né stampella del Pd, né cartello elettorale che si candida preventivamente all’opposizione o che ritiene che, anche a livello locale, il centrosinistra sia uguale al centrodestra. Abbiamo un’ambizione più larga: essere forza di cambiamento che si pone l’obbiettivo di cambiare la vita di donne e uomini in questo paese. Unica strada per fermare la corsa di destre e populismi.

Tutto ciò, si vede chiaramente, non ci porterà a essere subalterni al Partito Democratico subendo alleanze supine. Significa invece fare battaglia a partire dai contenuti e dai temi che possono trasformare la parola discontinuità in vita reale.

Solo in queste settimane, abbiamo proposto, chiesto e ci siamo mobilitati per l’eliminazione dei superticket, l’approvazione immediata dello ius soli, la lotta delle disuguaglianze attraverso un reddito minimo garantito e il ripartire dalla progressività fiscale, il ripristino dell’articolo 18 per ridare dignità al lavoro e superare la ricattabilità,  un piano per la valorizzazione dell’economia circolare e per la cura e la manutenzione del territorio.

Perché quindi parliamo di nuovo centrosinistra? Non perché siamo affascinati da una retorica genericamente unitaria. Ma perché vogliamo mobilitare, su queste battaglie, una campo di persone che si riconoscono in valori comuni e combattano senza cantare la ritirata prima ancora di averci provato.

Vogliamo batterci per il diritto alla salute, alla dignità, al lavoro, all’accoglienza e all’ambiente, non contro il  Partito Democratico.  Non ci interessa indentificarci unicamente per contrarietà a Renzi. D’altronde se il Berlusconismo ha creato cesure culturali enormi nel Paese, l’antiberlusconismo le ha riprodotte a sinistra.

Ci interessa un’altra strada. Consapevoli che per farla serve coinvolgere quante più risorse possibili. Per farlo riteniamo fondamentale coinvolgere le persone in un processo partecipativo innovativo largo, ma partendo da un profilo chiaro e netto, non rimandabile dopo le elezioni.  Tenere insieme tutto e il contrario di tutto, anche a sinistra, non produce mai il tutto.  Vediamo il rischio che si generi il solito cartello elettorale della sinistra che, anche qualora ottenesse risultati elettorali significativi, si potrebbe spaccare poco dopo.

Fuori da noi, da facebook, dalle liturgie oramai caricaturali della sinistra in cui troppo spesso siamo tutti imprigionati, c’è un mondo.  Nelle ultime settimane abbiamo avuto la fortuna (e l’incapacità, forse, di dargli abbastanza rappresentazione) di fare iniziative con ecologisti, associazioni, volontariato, coalizioni civiche, con sale piene e facce nuove. Noi vogliamo continuare a portare dentro a un progetto largo e unitario questi mondi. Se invece il tutto si riducesse ai soggetti esistenti della sinistra, compreso il nostro, avremmo fallito l’obiettivo per cui siamo nati.

Quindi cosa faremo in questi mesi? Lavoreremo per dare spazio ad un’altra Italia, che vuole cambiare il Paese e non sa dove mettere la testa. In tutta Italia, donne e uomini che oggi ci guardano stupefatti, che non si riconoscono nella  retorica del politicismo, ma che saprebbero come essere motrici del cambiamento.

Perché certo non abbiamo fatto tutta questa strada per trovarci in una scorciatoia poco interessante e banale: sia essa la stampella di Renzi, sia la solita lista dell’unità della sinistra alternativa (oggi definita quarto polo) che, come ogni cinque anni, si organizza a pochi mesi dalle elezioni.

 

 

PS. Non ci sono rancorosi, minoritari, settari, partitini, partitoni, gruppettari, stampelle, traditori, subalterni. Non è certo quello il punto, caricaturale e incomprensibile ai più. Aiutiamoci a bonificare la discussione, per darle la dignità che meriterebbe.

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