Governo

Boccia chiede certezze inconfutabili alla scienza, ma crede di parlare con Dio

14 Aprile 2020

“Chiedo alla comunità scientifica, senza polemica, di darci certezze inconfutabili. Pretendiamo chiarezza, altrimenti non c’è scienza. Noi politici ci prendiamo la responsabilità di decidere, ma gli scienziati devono metterci in condizione di farlo.”

Il ministro per gli Affari Regionali si è espresso così in un’intervista al Corriere della Sera.

Francesco Boccia però confonde la scienza con la verità rivelata delle religioni.

La scienza può dare il suo contributo. Ma la parola scientifica si basa sull’esperienza della ricerca, non è mai fissa ed incontrovertibile se non in un dato momento. Poi si evolve, in un work in progress continuo. Il dato definitivo che chiede Boccia, la certezza inconfutabile, senza possibilità di smentita, in questo dato momento può conferirgliela solo Dio, se è egli è un credente.

Oggi da nessun scienziato avrà una prova provata, ma solo un’approssimazione dell’esperienza, tra l’altro limitata, dei casi sotto osservazione. Le risposte che Boccia chiede alla scienza sono delle previsioni sul futuro.

Affermava Jules Henri Poincaré, che è stato un matematico e un fisico teorico francese, che si è occupato anche di struttura e metodi della scienza: “Per quanto saldamente stabilita ci possa sembrare una previsione, non siamo mai assolutamente sicuri che l’esperienza non la smentirà, se cercheremo di verificarla. […] Così in un gran numero di circostanze il fisico si trova nella stessa situazione del giocatore che calcola le probabilità”.

La comunità scientifica a cui si appella Boccia non è un partito, un’enclave, un’organizzazione bensì una pluralità di persone, fatta da centinaia di migliaia di soggetti organizzati in gruppi, spesso piccoli, capaci di collaborare tra loro. La comunità si regge sull’adesione a un metodo di lavoro, che è la sperimentazione, e sul valore universale della conoscenza, ma non è una voce unica che parla all’unisono. La comunità scientifica come soggetto individuale non esiste, non c’è un Papa della scienza, per fortuna.

Il Ministro chiede che gli siano affidati strumenti per non sbagliare, ma il rischio della politica, in ogni situazione, anche in tempi di guerra, è proprio quello di scegliere in base alle migliori nozioni in possesso, con l’ausilio di tutti i supporti affinché la scelta non sia azzardata, ma non può chiedere a nessuno la verità rivelata. La politica è l’esercizio del miglior compromesso “sul possibile”, una sfida rivolta al futuro.

L’imprenditore si assume il rischio d’impresa ogniqualvolta che decide, con le dovute analisi di mercato, cosa, come e per chi produrre. La politica ha il compito di decidere, facendo leva sulla propria visione del mondo, le scelte da porre nel campo della civitas. Essa non può che assumersi il rischio dell’errore. Chiedere certezze inconfutabili per decidere vuole dire demandare ad altri la scelta, riducendo la polis alla stregua del burocrate che pone il timbro sull’autocertificazione.

 

 

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