Governo
Baricco e la capacità di sintesi
Riassumendo. Riassumo io , per comodità. Posso fare un esempio …che riassume bene la situazione?
Nel recente intervento sul quotidiano “La Repubblica”, Baricco con la sua parola fluente e colloquiale – pregi inimitabili – coglie l’essenza fondamentale dell’errore che si situa alla base della crisi del nostro tempo e che lui “riassume”, appunto, in un grido d’allarme: è andato in pezzi un certo patto tra le élite e la gente. Tale errore consiste proprio in questo “riassumere”. Il riassunto è un nobile esercizio scolastico, è un testo breve atto a focalizzare l’attenzione sui nodi concettuali fondamentali di una questione. Riassumere significa essere diretti e andare al cuore dei problemi, sfrondandoli dei dettagli. Implica l’abilità di usare parole efficaci. Il riassunto è un testo veloce e diretto. Insomma “riassumendo”, Baricco ricade nello stesso errore di quelle stesse élite che accusa: perde di vista le sfumature che si annidano anche nei dettagli. Si può riassumere a scuola, non nella gestione della cosa pubblica e neanche nella ricostruzione del mood di un momento storico delicato come quello attuale. Perché questo è accaduto, lo dice anche Baricco: le élite hanno riassunto nel loro modello pratico del There Is No Alternative un summa di scelte economiche e politiche. I pochi al comando, convinti della giustezza e praticabilità dei loro principi-guida, si sono però macchiati di una certa cecità morale, riconosce Baricco, che ha impedito loro di vedere le ingiustizie e la violenza del sistema che hanno prodotto.
E con la stessa grande forza sintetica le nuove leve del potere usano la sintesi a modo loro, l’unico che conoscono: amano il movimento limpido, diretto, vagamente virile, di uomini che vanno dritti alle cose, smantellando trucchi e ipocrisie, in un misto di schiettezza e aggressività, urlo da mercato e slogan pubblicitario.
L’errore sta nel riassumere, nel solito procedere per sommi capi, nell’affrontare i fatti in termini generali, nel considerare le “questioni di principio”. E, intanto, i drammi particolari della gente si sono incancreniti, per colpa dei riassunti … quelli delle vecchie élite e quelli nuovi dei giovani al potere .
La nuova tendenza a riassumere è espressione di un certa maniera di vedere il mondo, un modo smart, rapido, veloce, efficiente, tipico di una generazione che si sta affacciando al mondo e che sta liquidando le élite del passato. Infatti è questo il suggerimento di Baricco: staccare la spina alle vecchie élite novecentesche affidarsi alle intelligenze figlie del Game. Insomma dopo il mea culpa di chi sente di appartenere ad una generazione al tramonto, Baricco strizza l’occhio a chi ha saputo intercettare lo spirito dei tempi, con un sintetico salto di qualità: da mentore della Leopolda a estimatore della disintermediazione dei nuovi politici del Game.
Disintermediazione: la moltitudine finalmente ha fatto a meno della mediazione politica e culturale, ha deciso di sfasciare il patto e fare da sola. Oggi è il tempo in cui la gente sceglie, vota, elegge, esprime opinioni sul web. Tuttavia Baricco sa bene che il mito di un accosto diretto, puro e vergine alle cose, opposto all’andatura decadente, complicata e anche un po’ narcisistica alle cose è una creatura fantastica che ci abbiamo messo secoli a smascherare: recuperarla sarebbe da dementi.
Però la disintermediazione fa comodo: assolve il ceto intellettuale, lo libera dal senso di colpa. La gente fa da sola: sbaglia e manda al potere chi non sa esercitarlo, per incompetenza, scarsa attitudine al governo, vertiginosa complessità del sistema. Così non è colpa degli intellettuali, delle loro fanfare a sostegno di chi non merita; così l’intellettuale si tira fuori dalla mischia, se ne torna nella sua turris eburnea.
Riassumere e disintermediare: le parole-chiave della diagnosi di Baricco.
E le soluzioni? La parte finale del testo scritto dall’autore presenta un elenco di cose da fare, si tratta di consigli alla classe dirigente: entrare nel Game, la grande chance del cambiamento; lasciare che i più veloci vadano avanti; leggere libri; respirare; camminare; pensare.
Forse, però, manca qualcosa, che un vero intellettuale ha, invece, descritto, partendo da una condizione di dolore – storico e personale – che alla maggior parte dei pensatori del nostro tempo è sconosciuta. Era Antonio Gramsci, che così annotava: nella vita politica l’attività fantastica deve essere illuminata da una forza morale: la simpatia umana; ed è aduggiata dal dilettantismo(…) che è in questo caso mancanza di profondità spirituale, mancanza di sentimento, mancanza di simpatia umana, Perché si provveda adeguatamente ai bisogni degli uomini di una città, di una regione, di una nazione, è necessario sentire questi bisogni; è necessario potersi rappresentare concretamente nella fantasia questi uomini quando vivono, in quanto operano quotidianamente, rappresentarsi queste sofferenze, i loro dolori, le tristezze della vita che sono costretti a vivere.
Riassumere e disintermediare sono il contrario della “simpatia umana”. Le vecchie élite novecentesche e le nuove leve del Game si somigliano: non hanno “fantasia”. E gli intellettuali di oggi si compiacciono delle loro parole che non nascono dal dolore. A noi non resta che continuare a dire ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
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