Governo
Autonomia differenziata o confusione differenziata?
Incassato il risultato elettorale che ne attesta il gradimento ecco che il Governo va all’incasso con i tre provvedimenti cavallo di battaglia delle forze politiche che formano la coalizione: riforma della Giustizia, Premierato e Autonomia Differenziata. Probabile consenso per la prima, complicazioni per la seconda, confusione e grandi dubbi per la terza.
La Commissione Europea ne boccia il giudizio proprio nel giorno in cui il provvedimento è diventato legge; dichiara infatti che l’attribuzione di competenze aggiuntive alle regioni italiane comporta rischi per la coesione e per le finanze pubbliche. In sintesi, secondo Bruxelles, potrebbe esserci il rischio concreto di maggiori costi sia per le finanze pubbliche sia per il settore privato. Le regioni potranno chiedere un’autonomia differenziata su 23 materie. Si tratta di un iter complesso, perché prima di presentare la richiesta ogni regione dovrà acquisire il parere di comuni, province ed enti regionali. Le materie sono diverse, tra queste ci sono: salute, istruzione, sport, ambiente, energia, trasporti, cultura e commercio con l’estero, per 14 di queste andranno definiti i famosi LEP (livelli essenziali di prestazione), Stato e regioni che ne avranno fatto richiesta avranno cinque mesi di tempo per giungere ad un accordo che potrà durare fino a 10 anni. I servizi minimi dovranno essere garantiti in maniera uniforme, su tutto il territorio nazionale e qui nasce il primo, ma non unico, problema perché le determinazioni dei costi e dei fabbisogni standard avvengono sulla base della ricognizione della spesa storica dello Stato per ogni regione effettuata negli ultimi tre anni. Bisogna però fare attenzione ad un altro parametro che pare non venga toccato e cioè quello della spesa standard che rappresenta la media della spesa sostenuta dall’intero Paese, ad esempio per acquistare prodotti sanitari e ospedalieri; la stessa regione non potrà quindi discostarsi di molto da quella che è stata la spesa media dell’unità centrale. La spesa storica invece, se presa come parametro, andrà a cristallizzare anche eventuali inefficienze per le spese sostenute dalla regione stessa. Ci si troverà di fronte a regioni che avranno risparmiato e altre che invece avranno speso di più. Il Governo avrà due anni di tempo per determinare i livelli e gli importi dei LEP, solo allora potrà avvenire il trasferimento delle funzioni, ma solamente entro i limiti delle risorse rese disponibili dalla legge di bilancio. Se la regione chiederà l’autonomia su alcune materie nel rispetto dei livelli minimi precedentemente fissati, questi dovranno essere applicati a tutte le altre regioni. Quando la Lombardia, o un’altra regione, chiederà l’applicazione diretta di alcune materie il livello delle stesse secondo il principio dei LEP dovrà essere applicato anche a tutte le altre regioni, ma questo tenendo conto dei limiti delle risorse che derivano dalla legge di bilancio. Se queste non saranno disponibili il rischio sarà quello di premiare regioni che hanno una spesa storica più alta rispetto a quella che dovrebbe essere la spesa standard. Insomma sembra ci sia una grande confusione il tutto dipenderà da come verrà ultimata la legge. Per renderci conto della complessità della questione, basta riferirsi alle recenti dichiarazioni del ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara che ha stimato in ben 30 i LEP sulla scuola, sui quali gli esperti dovranno esprimersi dopo attenti approfondimenti, questo per una sola delle 14 materie.
Attendiamoci molti contrasti oltre a quelli delle più pessime previsioni, con i referendum in agguato.
Foto copertina Freepik
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