Governo

Api e regine. Sovraniste, ci mancherebbe

10 Settembre 2024

Dobbiamo procurarci un momento di raccoglimento, noi snob, e meditare. Meditare su cosa significhi cultura nei suoi vari significati. Perché è solo comprendendolo che potremo districarci sulle vie misteriose, almeno per noi, che conducono alle nomine dei ministri.

Per esempio, una meditazione del perché dovremmo stipendiare una ministra del turismo come Santanchè, che forse capirà qualcosa del come spennare un turista al Twiga, offrendo varie “experience”, ma di certo non ha la più pallida idea di come organizzare e soprattutto gestire il turismo in Italia. Semplicemente perché non la conosce se non in forma di cartolina illustrata. Un esempio: a un certo punto colei s’infiammò per il glamping sull’Etna, ignorando come si comporta un vulcano. Quando disse questa enormità, i nuovi e frequentissimi parossismi del vulcano non erano ancora iniziati. Immaginiamo le tende chic del glamping, magari con rubinetti d’oro per l’acqua corrente all’interno, jacuzzi e sala giochi, che giornalmente dovevano fare i conti con metri cubi di polvere vomitata dall’Etna. Perbacco, chiudono aeroporti, Musumeci, suo collega, dà l’allerta, i paesi si fermano per la cenere e lei che voleva fare? Il glamping sull’Etna. Vi sembra, oltre a tutto il resto che qui omettiamo per pudore, una che ci sta colla testa o una che sogna di twighizzare il mondo intero, a sua immagine e somiglianza (quindi pesantemente rifatta)?

Ecco, analogamente passiamo al ministero dell’agricoltura, dove comanda l’ex cognato del presidente del consiglio. Le sue api operose e sovraniste, che avrebbero dovuto rifornire di miele rigorosamente italiano le truppe ministeriali, piazzate sul tetto del ministero in arnie, tricolori, ça va sans dire, sono state sterminate dalle vespe e dai calabroni che, come ognuno sa, si nutrono delle povere api operaie. Sotto i suoi occhi, o sotto quelli di chi doveva vegliare sulle sacre api capitoline mentre lui era in vacanza, è avvenuto il massacro attraverso le milizie di invasori venuti dall’Asia.

Quindi, alla fine, è vero, secondo il ragionamento della Lollo parlamentare, non sono i pesticidi a decimare le api, ma vespe e calabroni, forse Lollo voleva dimostrare questo, dando forza alle sue parole: “La tutela delle api non deve mettere a rischio la produzione agricola. Sarebbe sbagliato collegare il declino degli impollinatori all’uso dei pesticidi” espresse nel suo intervento al Consiglio Ue AgriFish, a dispetto di ciò che la scienza ha studiato in questi anni. Almeno qui sono state le vespe asiatiche, nemiche delle api italiche! Per dimostrarlo, viene il sospetto che le abbia fatte liberare lui quelle vespe, chi lo può sapere, in questi climi di complotti, autocomplotti, autogol, ministri in libera uscita, separazioni, belle twighe, non si capisce più nulla.

Quindi genocidio consapevole e colpevole in nome dell’ horagioneio oppure mancanza di cautela? perché se era al corrente che il pericolo per le apine non erano i pesticidi ma i calabroni e le vespacce avrebbe potuto mettere le trappole a lampioncino, come fanno gli apicoltori. Qualcuno glielo chieda. 50.000 utilissime api sterminate e chissà quanti nidi di vespe e calabroni sotto i tetti di Roma. Complimenti al ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare. Sovrano di questa cippa.

L’ape regina però resta sempre lì, spesso non si sa dare spiegazioni perché è troppo impegnata ad annotare le cose sul suo quadernino che si chiama pure Giorgia, come lei, e scrive, scrive, scrive, come dicevo ieri, Io sono Giorgia, io sono Giorgia, Io sono Giorgia, eccetera, così, nel suo loop tutto incentrato su di sé. Ogni tanto si scuote dal loop e entra nell’altro suo loop preferito, il vittimismo. E io pago.

Ora, il nuovo ministro della cultura subentrato a Genny, come affettuosamente lo chiamava la Boccia, femme fatale dell’ultima ora che avrebbe messo a soqquadro il governo, scatenando complottismi e veleni usciti da un secondo vaso di Pandora, forse scoperto tra le rovine di Pompei durante una visita: che c’è qui? Toh! Un vaso. Apriamolo per vedere se ci sono cose interessant… Accidenti! Maledetta curiosità!, il ministro nuovo, dicevamo, Alessandro Giuli, è almeno diplomato al liceo classico, quindi, in un paese come il nostro, impregnato di classicità, potrebbe essere adatto. Certo, qualche simpatia neofascista, nel passato, l’ha avuta, ma chi, tra gli attuali governanti, può dire il contrario? Anzi, avere una frequentazione di ambienti filofascisti sembra proprio una credenziale per poter accedere ai ministeri, quasi un medagliere da fascistiadi.

Tu con chi eri alla scuola media? Con Concutelli??? Minchia! Ma dici vero? E giocavate ai balilla contro gli arditi? Ma ti daranno almeno il ministero dell’interno! E tu, invece? Ah, eri con Giusva Fioravanti… ma un posto di prestigio te lo meriti, eccome!

Sento già qualche voce che dice: e lasciatelo lavorare, si è appena insediato.

E certo che avrà un gran bel lavoro viste le rovine di cultura e soprattutto subcultura che ha lasciato il suo predecessore. Due registi che non sono proprio due cretini, Moretti e Muccino, al Festival dei Festival, quello di Venezia, si sono sbottonati e hanno preconizzato la morte del cinema italiano grazie all’ultima legge dell’ex ministro Genny. Avranno ragione o sono sempre le solite lagne di gente di sinistra, gente che crede di avere il monopolio della cultura?

Definire cerchio magico una troupe del genere è squalificare l’arte della magia, perché sembrano magie di apprendisti stregoni, tipo Topolino, a cui sfuggono le sottigliezze delle formule esatte da pronunciare, basta una vocale fuori posto e la farfalla si muta in sedia a rotelle. Sarà l’accentuata inflessione romanesca che non fa funzionare bene il formulario. Indagheremo sulle cause delle magie non riuscite e v’informeremo, ogni giorno c’è solo l’imbarazzo della scelta. Fanno tutto loro.

Chissà che smacco sarà stato, nella mente del neoministro e di tutto il governo, specialmente per i movimenti Pro Vita che col governo sono gemelli siamesi, l’aver conferito il Leone d’Oro a Pedro Almodóvar (per favore, coll’accento tonico sulla seconda o, non è una decorazione, è parola piana, non se ne può più di sentirlo pronunciare come parola tronca) che ha fatto un film sull’eutanasia. Sdegno celato per molti componenti del nostro governo attuale, sentire le sue dure parole: “La destra assalta i diritti, negli anni Ottanta era nascosta ma ora rivela il suo volto più feroce”.

La bocca della verità, dove si ha paura di metterci dentro la mano, a cui però andava consegnato il Leone d’Oro, o tempora o mores, Giuli, cosa non ti è toccato vedere nel primo giorno del tuo ministero. O, forse, Giuli è stato contentissimo che lo abbiano dato a un autore che si è sempre battuto per i diritti e denunciare le storture attraverso il linguaggio del grottesco e del mélo. Alla fine anche il fascista Pirandello usava il grottesco per mettere in evidenza l’illusione della realtà.

Ma cos’è la “cultura”? Ci informano, da dove si compilano le voci enciclopediche, che per cultura s’intende “In senso antropologico, il complesso delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo o di un gruppo etnico, in relazione alle varie fasi di un processo evolutivo o ai diversi periodi storici o alle condizioni ambientali. “Cultura materiale, la civiltà studiata attraverso le sue realizzazioni tecniche e sociali” e anche “Il complesso delle tecniche e dei manufatti tipici di un dato gruppo sociale o di una particolare civiltà.”

Ecco qui. Il processo evolutivo, o, forse, involutivo a cui assistiamo quotidianamente indica che è diventata “cultura” anche l’uso e l’abuso della tecnologia elementare, che ha trovato nello smartphone il suo strumento per arrivare, prima o poi, a una palingenesi, un Ragnarǫk, un’Apocalisse che rivoluzionerà tutti i parametri.

E noi che invece pensavamo di dover difendere una “cultura” composta da classici, con qualche incursione nel pop, forse, qualche saggio di Foucault, di Baudrillard, di Gramsci, di Pasolini, di Arbasino. Forse la vera cultura di oggi è questo abbattimento di barriere per cui le nove muse a cui ispirarsi sono la banalità, l’ovvietà, la mediocrità, l’ignoranza, la supponenza, l’arroganza, la prevaricazione, la vanità e l’apparenza. Credo che siano assai venerate, codeste muse, in buona parte della classe politica attuale, per cui, sì, forse è giusto mettere dei ministri della cultura (con c minuscola, ricordiamolo) come Genny, come prima scelta. Anche se un malfunzionamento aveva già dimostrato di averlo quando s’inceppava su Times Square, Colombo, Galileo, Dante, e tante altre cose.

Vedremo Giuly come se la caverà. Ma certamente dovrà eseguire ciò che gli impone l’ape regina. Il passato nostalgico di entrambi coincide. Vedremo cosa riserva il futuro e che miele sovranista ne verrà fuori.

Perché siamo stati condannati da Zeus a essere così snob? Non ci va mai bene niente.

 

 

 

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