Giustizia

Una buona notizia: la candidatura di Carolina Girasole

17 Gennaio 2020

Le prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria sono una prova importante tra il centrodestra e un centrosinistra di cui, volente o nolente, il PD rappresenta il perno. Per arginare la destra, il PD ha necessità di dare voce al proprio popolo, mettendo da parte i dogmi che lo hanno ingessato negli ultimi anni. Se a Bologna, il mese scorso, si è intravisto un primo segnale dal punto di vista programmatico, le elezioni calabresi sono contrassegnate dalla candidatura di Carolina Girasole.

La storia di Carolina Girasole è infatti emblematica del rapporto perverso tra partito, società civile e magistratura, sviluppatosi durante gli anni del berlusconismo. Difatti, DS e PD hanno spesso avuto un rapporto tormentato con la società civile, caratterizzato da un’alternanza di momenti di rifiuto e sottomissione che hanno impedito la genesi di un dialogo costruttivo. Al contrario, la magistratura era seguita dogmaticamente anche nei casi di evidenti contraddizioni interne alle stesse indagini.

La storia di Carolina Girasole inizia con lo scioglimento del Consiglio Comunale di Isola di Capo Rizzuto nel lontano 2003. Provvedimento sui generis per cui il Comune è stato commissariato non per le attività del Sindaco DS o della sua giunta, ma per la possibilità che potessero avvenire infiltrazioni mafiose. Dopo un lungo commissariamento, intervallato da appena nove mesi di amministrazione di un sindaco socialista, il neonato PD ha preparato le elezioni del 2008 con i mal di pancia accumulati negli anni. Data l’incapacità del PD di esprimere un candidato in accordo con gli altri partiti della coalizione, l’outsider Carolina Girasole è stata scelta come candidata e ha sbaragliato gli avversari nella competizione elettorale.

La sindaca civica ha contraddistinto il proprio mandato con i toni aspri di critica alle cosche della ’ndrangheta e con i tentativi di dare seguito alle parole. A Isola di Capo Rizzuto sono state abbattute case abusive ed è iniziata una cooperazione intensa con l’associazione Libera di Don Ciotti, finalizzata al riutilizzo dei terreni agricoli confiscati alla mafia. Vice presidente di Avviso Pubblico, associazione composta da una rete di enti locali impegnati contro la corruzione, Girasole è diventata in breve tempo un simbolo della lotta alla ‘ndrangheta e ha ricevuto numerose intimidazioni.

La vittoria del centrodestra alle elezioni comunali del 2013 ha rappresentato l’interruzione del percorso avviato. La sindaca non è riuscita a tenere unita la coalizione che l’aveva eletta, per le sue scelte non sempre condivise, e forse anche a causa dell’inesperienza politica di chi proviene dalla società civile. Ma il dramma è iniziato pochi mesi dopo, quando è stata posta agli arresti domiciliari con l’accusa, tra l’altro, di corruzione elettorale, aggravata dal metodo mafioso. I voti di origine mafiosa sarebbero risultati decisivi all’elezione, tanto che la sindaca avrebbe ricambiato il favore nel corso della sua amministrazione, decidendo di raccogliere, anziché distruggere, i finocchi coltivati su un terreno confiscato alla ‘ndrina Arena.

A giugno 2019, la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro ha confermato l’assoluzione emessa dal Tribunale di Crotone e ha ribadito la completa estraneità dell’ex sindaca ai fatti che le erano stati contestati. La stessa sentenza ha inoltre rimproverato le altre istituzioni di averla “lasciata da sola” nella sua battaglia per la legalità. Difatti, come emerso nel processo, la raccolta dei finocchi è stata pianificata da Carolina Girasole proprio a seguito dell’inadempienza degli enti preposti. In particolare, la prefettura di Crotone e l’Agenzia del Demanio non hanno fatto nulla, quando era nella loro possibilità, per privare la famiglia Arena di quei terreni.

Liberata dal peso di accuse fasulle, sia il PD nazionale che il candidato Pippo Callipo hanno chiesto a Carolina Girasole di partecipare alla campagna elettorale come capolista nella sua circoscrizione. Mi piace immaginare che questa proposta sia un atto di scuse non solo per la mala giustizia subita dall’ex prima cittadina di Isola di Capo Rizzuto, ma anche nei confronti di chi, come Filippo Penati, è stato ostracizzato in anni di giustizialismo, fino a morire solo malgrado l’assoluzione.

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