Giustizia
Strasburgo condanna l’Italia per i tempi della giustizia, ma impiega 14 anni
L’Italia è stata condannata dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo per denegata giustizia perché l’eccessiva durata delle indagini preliminari in un procedimento per diffamazione a mezzo stampa hanno portato alla prescrizione del reato. Gli stessi giudici europei d’altronde hanno impiegato circa quattordici anni dal deposito dell’istanza alla decisione.
Il ricorrente, Vincenzo Petrella, classe 1951 era il Presidente della squadra di calcio Casertana. Tra il 22 ed il 25 luglio 2001 il Corriere di Caserta aveva sollevato nei suoi confronti pesanti accuse di frode e corruzione in seguito alle quali il dirigente sportivo aveva presentato denuncia per diffamazione a mezzo stampa, tre giorni dopo il 28 luglio 2001, preannunciando che avrebbe ritualmente depositato costituzione di parte civile nell’ambito del procedimento penale richiedendo danni per, allora, dieci miliardi di lire.
Il fascicolo venne assegnato il 10 settembre 2001 alla Procura di Salerno che tuttavia il 9 novembre 2006 chiuse le indagini constatando la sopraggiunta prescrizione del reato. L’articolo 79 del codice di procedura penale prevede tuttavia che la parte lesa possa costituirsi effettivamente parte civile per ottenere il risarcimento del danno solo dall’udienza preliminare in cui il giudice decide di rinviare l’accusato al giudizio.
I giudici di Strasburgo hanno ritenuto all’unanimità il 18 marzo 2021 che ai sensi dell’articolo 6, comma 1, della Convenzione sui diritti dell’uomo, in questo caso siano venuti meno in Italia i diritti ad un’udienza in tempi ragionevoli, perché le indagini volte ad accertare il reato si erano protratte per cinque anni e sei mesi dalla presentazione della denuncia, il 28 luglio 2001, alla data dell’archiviazione, il 17 gennaio 2007. Il caso non era particolarmente complesso, semplicemente evidentemente non vennero svolte indagini; quantomeno il Governo italiano non ha fornito chiarimenti per giustificare sul perché sarebbe stato necessario prolungare le indagini così a lungo.
I magistrati hanno peraltro ammesso solo a 5 voti contro 2 (i componenti polacco, Krzysztof Wojtyczek, ed italiano, Raffaele Sabato, della Corte, hanno depositato un parere parzialmente difforme) che ai sensi dello stesso articolo 6 sia mancato anche il libero accesso ad un giudice. Il Petrella poté presentare denuncia come previsto nell’ordinamento nazionale ed avrebbe anche potuto potenzialmente accedere al giudice civile, se non ci fosse stata la negligenza dell’autorità giudiziaria nell’esaminare il caso, determinandone l’archiviazione per prescrizione.
Purtuttavia la Corte di Strasburgo ha ancora rilevato all’umanità che è stato violato il diritto del ricorrente ad ottenere un rimedio effettivo come previsto ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione, perché di fatto lasciando cadere le indagini prima dell’udienza preliminare gli è stato impedito di richiedere un risarcimento costituendosi parte civile nel procedimento penale. A tale proposito i magistrati hanno ribadito come una parte lesa non possa essere obbligata a depositare una nuova istanza in sede civile per vedersi risarcita per un reato, laddove il procedimento penale idoneo a decidere in materia si prescrive per colpa dell’autorità giudiziaria penale. Una nuova azione giudiziaria separata comporterebbe infatti l’onere per il danneggiato di dover probabilmente raccogliere ex novo le prove, e stabilire le responsabilità dopo parecchio tempo dall’evento potrebbe essergli reso estremamente difficile.
In sintesi, per i giudici europei la durata del procedimento per accertare il reato in Italia ha superato nel caso in commento (no. 24340/07 Petrella contro Italia) qualsiasi termine ragionevole ed al ricorrente è stata negata giustizia per colpa delle autorità inquirenti.
Anche se in sede europea ci si sono messi pur sempre circa quattordici anni dopo il deposito del ricorso il 1° giugno 2007, alla fine al Petrella è stato riconosciuto il diritto ad un indennizzo da parte della Repubblica Italiana di 5.200 euro per danni morali e 2.000 per spese giudiziarie. Ben meno dei 5 milioni di euro circa che avrebbe sperato di ottenere dal Corriere di Caserta.
Immagine di copertina: Pixabay, https://pixabay.com/it/photos/signora-giustizia-legale-legge-2388500/.
© Riproduzione riservata
Devi fare login per commentare
Accedi