Giustizia
Sebbene assolto, l’ambasciatore Giffoni non viene reintegrato. Che dispiacere!
Dopo un anno dalla sentenza di assoluzione con formula piena passata in giudicato, il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale rigetta la richiesta di reintegro e revisione della posizione professionale avanzata dai legali dell’Ambasciatore Michael Giffoni. Inevitabile il ricorso al TAR
Nonostante siano trascorsi 12 lunghi mesi dalla pronuncia di assoluzione con formula piena per insussistenza del fatto e perché lo stesso non costituiva reato, l’odissea dolorosa dell’Ambasciatore Michael Giffoni, non volge ancora al termine.
Il Ministero degli Esteri, infatti, ha rigettato l’istanza avanzata dai legali del diplomatico, di reintegro e revisione del provvedimento disciplinare inerente la sua posizione professionale.
L’ennesima amara conferma di come, il più delle volte, alla riabilitazione civile e morale, costata in questo caso, quasi otto travagliatissimi anni, non segue quella amministrativa o istituzionale di sorta, che priva di qualsiasi rinascita sacrosanta, chi si è visto privare delle proprie certezze materiali e spirituali, soprattutto.
I legali dell’ex Ambasciatore in Kosovo, annunciano ovviamente ricorso al TAR, per riuscire a riconquistare e ricostruire ciò che è stato maldestramente distrutto della vita dell’uomo, in termini affettivi, ma anche dell’insigne diplomatico, dotato di grande spessore morale e professionale.
Nel 2014 Michael Giffoni, fu licenziato perché accusato dalla Procura di Roma di traffico di visti e permessi di soggiorno, per mezzo di un impiegato alle dipendenze di Giffoni, del quale lo stesso diplomatico si era fidato, giudicato successivamente colpevole e quindi radiato.
Lo scorso 27 settembre 2021, lo stesso Tribunale di Roma ha assolto con formula piena Michael Giffoni, dai capi di accusa a lui imputati, per insussistenza del fatto e perché il fatto non costituiva reato. Una delle poche sentenze, tra l’altro, a passare in giudicato assai celermente perché non impugnata dalla Procura, vista la completa verità processuale ristabilita.
A distanza di 12 mesi, ci si attendeva che il Ministero competente, con garbo ed obiettività, quantomeno revisionasse il procedimento disciplinare istruito a carico di Giffoni, riconsiderando perciò la sua posizione lavorativa.
Invece, in maniera assai sbrigativa ed inspiegabilmente contraddittoria, è stato formulato un rigetto dell’istanza avanzata dagli avvocati dell’ex ambasciatore.
“Dopo la sentenza con cui venivo assolto con formula piena da entrambi i delitti che mi erano stati ascritti, finalmente mi sentivo sereno e mi aspettavo che di questa assoluzione con formula strapiena l’Amministrazione prendesse atto nel riconsiderare la mia situazione professionale. Quella serenità mi è durata qualche mese, ma poi l’ho persa di nuovo. Non ho più tensione perché la verità è stata ristabilita, ma quello che io auspicavo non è avvenuto perché il Ministero degli Esteri non ha accolto la mia istanza di revisione del procedimento disciplinare.
La sentenza del 27 settembre 2021 è stata motivata il 27 dicembre dello scorso anno, non è stato presentato alcun ricorso dalla Procura e dunque è passata in giudicato il 12 febbraio di quest’anno. L’assoluzione è dunque piena, definitiva e irrevocabile. Il mio auspicio era che l’Amministrazione ne prendesse atto per riconsiderare la mia posizione professionale, anche in applicazione degli articoli 652, 653 e 654 c.p.p. per i quali la sentenza passata in giudicato fa stato nei confronti di tutte le parti costituite. Io ho aspettato con molta pacatezza che la sentenza passasse in giudicato, il 23 marzo scorso ho chiesto che l’Amministrazione prendesse atto delle conseguenze che, ai fini di una possibile reintegrazione in servizio o revisione del procedimento disciplinare, tale sentenza riverbera sulla destituzione che appare ingiusta e sproporzionata, alla luce di quanto accertato dai giudici“, con queste parole, Michael Giffoni, racconta i recenti sviluppi della vicenda che lo vede vittima incolpevole, in una intervista concessa a Radio Radicale.
L’ex Ambasciatore in Kosovo, dopo la sospensione cautelare, fu destituito dal suo incarico, a causa delle accuse mossegli dalla Procura romana , poi giudicate infondate dalla recente sentenza del Tribunale. Di fatto, Giffoni, è stato l’unico diplomatico italiano ad essere destituito dalle sue funzioni, dal dopoguerra ad oggi.
Occorre puntualizzare come, lo scorso marzo, nella stessa istanza presentata dai suoi legali al Ministero degli Esteri, Giffoni, avesse affermato di rinunciare ad ogni pretesa risarcitoria nei confronti dell’Ufficio per cui prestava onorevole e dedito servizio. Vedersi recapitare un decreto di rigetto della propria domanda di reintegro o revisione di procedimento disciplinare, ha rappresentato l’ennesimo tradimento all’amore di Stato che priva, sostanzialmente, un Paese come l’Italia di una figura di altissimo profilo, impoverendolo di onestà, spirito di sacrificio e, soprattutto, competenza per lo svolgimento di una professione come quella dell’Ambasciatore, che presuppone la conoscenza profonda ed illuminata dei vari scenari geopolitici nei quali si opera per rappresentare la propria Nazione.
“L’amarezza è maggiore perché dopo 8 anni e mezzo e una sentenza passata in giudicato, mi tocca intraprendere un lungo percorso giudiziario amministrativo, facendo ricorso ad un organo che per due volte, nel 2015 e nel 2016, aveva sentenziato a mio favore annullando due decreti di destituzione, ordinando all’Amministrazione la mia riammissione in servizio. In Italia lo stato di diritto è ormai un’espressione vaga e astratta che non ha alcun riscontro concreto nella realtà“, conclude, amaramente, Giffoni.
L’ennesima pagina oscura, di storia giudiziaria dei nostri giorni che, pur avendo accertato i fatti, ristabilendone la verità, tra lungaggini burocratiche, travagli mediatici ed iniezioni di dolore indicibile per una esistenza umana, centrifugata e rivoltata come un calzino, ancora stenta a porvi sinceramente rimedio, per quanto possibile, permettendo al professionista Michael Giffoni, di riappropriarsi delle sue vesti di capo di una Ambasciata, e poi all’uomo, di lenire in qualche modo, le sanguinanti ferite inferte dalla malagiustizia, dalla malafede, dall’opportunismo e dalla superficialità di talune Istituzioni che, al posto di una tutela solida dei propri fedeli servitori, preferisce assai di sovente, regalare mancanze di diversa natura: di rispetto, fiducia e gratitudine.
L’ennesima contraddizione in termini della storia del nostro Paese.
L’ennesimo enorme dispiacere!
Continuare a parlarne, può impedire almeno che questo fardello di dolore ingiusto altrui, ma che riguarda tutti, venga insabbiato o peggio archiviato attraverso un numero di protocollo di un decreto di rigetto…delle proprie responsabilità (non di certo di Michael Giffoni)!
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