Giustizia

Il sito del Consiglio di Stato, specchio della sciatteria italiana

3 Novembre 2014

Sono convinto che se Magritte fosse stato ancora vivo, non avrebbe esitato ad accendere il suo Ipad e a postare su Twitter lo screenshot, allegandovi in calce: “Questo non può essere un sito”.
Invece Magritte è morto, la pipa non è mai esistita, ma quello è davvero il sito del Consiglio di Stato, massimo organo della nostra giustizia amministrativa.

Auguratevi di non doverlo mai consultare, né di dover fare una ricerca o estrapolarne contenuti. Auguriamoci che nessun europeo lo veda, lo clicchi, lo apra.
Basta digitare su Google ‘Consiglio di Stato’ per accorgersi che è rimasto bloccato agli anni ’90, un’era geologica fa, quando il linguaggio Html sembrava un futuro galattico e Microsoft FrontPage dischiudeva a noi bambini digitalizzati i mondi sconfinati dell’etere cibernetico.

Da bravi legulei, pratichi delle cose del diritto e sapienti nell’arte di giustificare rimandando, mettono le mani avanti e avvertono che il sito è in ristrutturazione (lo è da mesi) e che una versione, tutta nuova e scintillante, verrà resa disponibile, ma in prova, dal 27 novembre.
Poniamo il caso che uno sventurato internauta, come quotidianamente accade per i professionisti del settore, si trovi nella necessità di consultarlo, questo paleolitico sito, e di dover reperire sentenze, pareri, decisioni o, semplicemente, voglia esplorare gli abissi del digitad divide della nostra pubblica amministrazione. Un caso non remoto, anzi possibile, ma sicuramente complesso.

Scorrendo le voci dell’unico menù disponibile (quelli a tendina all’epoca non sapevano cosa fossero, essendo rimasti ancora all’ipertesto), alla fine riuscirebbe pure nell’impresa. Ma a che costo? Al costo di essersi perduto almeno 3 volte, aver sudato freddo al sol pensiero di non poter ottenere quello che sì ci deve essere, ma proprio non si trova e aver perduto tempo.
In fondo a questo deve servire la tecnologia: a rendere semplice, veloce e intuitivo quello che un tempo non lo è mai stato.

Il sito del Consiglio di Stato è lo specchio del nosto Paese, così ancorato ad un passato remoto da farsi scappare l’occasione di cogliere il futuro, che quando verrà raggiunto sarà già stato vissuto. È l’immagine sbiadita di un’amministrazione pubblica pletorica, inefficiente, antiquata. Lontana dai bisogni della vita reale e dalla sua complessità.

Eppure, avremmo tutte le carte per tornare in pista, burocrazia compresa: abbiamo gli uomini, con una piccola parte dei quali condivideremo l’assemblea permanente degli stati generali; abbiamo le idee, ma ci manca il coraggio di confessarle a voce alta a noi stessi e di condividerle con gli altri.
Sta tutto lì, in quella pagina web ormai vecchia, che provoca la nostalgia del ricordo di un passato migliore vissuto, ma che crea rabbia e frustrazione se confrontata con i nostri vicini, quell’Europa che corre e ci guarda ansimare piegati in due dal fiatone.

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