Giustizia
Processo civile telematico, indietro tutta. Anzi, no!
Roma – La scena si è consumata due settimane fa, il 30 luglio, poco prima che l’attività parlamentare fosse sospesa per le ferie estive.
Senato della Repubblica, interno giorno. È un pomeriggio di fine luglio, caldissimo. In commissione Giustizia si sta discutendo sugli emendamenti presentati dalle opposizioni alla legge di conversione del d.l. n. 83/2015, approvato dal governo il 27 giugno scorso “recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”. La tensione ben presto diventa bagarre. La maggioranza non ha alcuna intenzione di scendere a compromessi con l’opposizione e rifiuta in blocco tutti i correttivi suggeriti. Uno in particolare, infiamma il dibattito. È l’emendamento 19.100 all’art. 19 della legge in discussione: poche righe, che, inserite là dove non dovevano essere, apriranno a nuovi problemi nel mondo della giustizia civile e nel processo civile telematico, che per una serie di concause non è mai riuscito a decollare.
Il provvedimento. Con esso, infatti, si è deciso di affidare al Ministro della Giustizia Andrea Orlando il compito di determinare le adeguate «misure organizzative per l’acquisizione anche di copia cartacea degli atti depositati con modalità telematiche nonché per la riproduzione su supporto analogico degli atti depositati con le predette modalità, nonché per la gestione e conservazione delle predette copie cartacee. Con il medesimo decreto sono altresì stabilite le misure organizzative per la gestione e conservazione degli atti depositati su supporto cartaceo».
In un linguaggio più semplice e piano, appare chiaro lo scopo del legislatore: reintrodurre il doppio binario nel processo civile, ritornando ad affiancare, cioè, alla modalità di esecuzione digitale anche quella cartacea. Un ritorno alla carta nell’era digitale, per scongiurare il quale a nulla sono valse le proposte del senatore del gruppo misto Luis Alberto Orellana e del suo collega deputato Stefano Quintarelli, che, membri entrambi dell’intergruppo parlamentare Innovazione, si sono a lungo opposti all’emendamento 19.100.
Il primo a lanciare l’allarme sugli organi di stampa è l’avv. Guido Scorza, esperto di tematiche connesse all’informatica e alla tecnologia, che dalle colonne del Fatto Quotidiano bolla la vicenda come «una delle iniziative parlamentari più anacronistiche e anti-innovative dell’ultimo decennio. Proprio mentre il processo civile telematico, ovvero la possibilità per gli avvocati di depositare ed accedere agli atti del processo in digitale – tra mille difficoltà e con ritardi ultra-decennali – inizia finalmente a muovere i primi timidi passi, la Camera dei deputati propone […] di affiancare ai bit i vecchi e cari fogli e fascicoli di carta».
Una logica lineare, da cui scaturisce lo sgomento per il passo indietro fatto dal parlamento, che non riesce a trovare a prima vista una giustificazione plausibile.
Il parere del C.n.f. Eppure, tra gli addetti ai lavori e gli esperti del settore, non tutti sono così preoccupati per la disposizione introdotta nel decreto sulla giustizia civile, ritenendo, dal loro punto di vista, necessaria una ristrutturazione profonda dei meccanismi del processo digitale e che comunque le cose non stiano così come le si vogliano presentare.
L’avv. Giuseppe Iacona, a lungo Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Caltanissetta, e oggi tesoriere del Consiglio Nazionale Forense, in una lunga conversazione con Gli Stati Generali, tiene a precisare che «il Consiglio Nazionale e il suo Presidente, Andrea Mascherin, possono assicurare che alla fine non vi sarà alcun ritorno al cartaceo che finisca per gravare solo sull’Avvocatura. L’intesa con il Ministro Andrea Orlando, infatti, è finalizzata all’individuazione degli atti per i quali è necessaria la copia cartacea, ripartendo gli oneri tra avvocati e “ufficio” del giudice. La ragione principale che ha reso necessario un intervento del genere – continua Iacona – è dovuta al fatto che il processo civile telematico non funziona affatto, anche in considerazione di una certa cattiva prassi di buona parte dei giudici, che lo rifiutano, e che pretendono la copia cartacea dagli avvocati, che sono costretti a piegarsi, o dalla cancelleria. Non posso nascondere, a conferma di questo, che sia capitato spesso anche a me che il giudice, in udienza, abbia affermato candidamente di non aver avuto copia delle memorie depositate per via telematica e di non poter, pertanto, provvedere». Un sistema complesso quello del processo civile, aggravato da un meccanismo di svolgimento digitale, che, per come è stato strutturato, non ha mai convinto fino in fondo gli avvocati, né è riuscito a raggiungere gli obiettivi di efficienza e snellimento della giustizia auspicati.
Il Ministero della giustizia interviene. A gettare acqua sul fuoco, nel tentativo di placare le preoccupazioni dell’Avvocatura, il 4 agosto è intervenuto ufficialmente il Ministero della Giustizia, che, in un comunicato stampa che preannunciava l’incontro fra il Ministro Orlando e le associazioni di categoria fissato per il 6 agosto, riporta che «il regolamento, già in lavorazione dagli uffici del Ministero, avrà il principale obiettivo di una più corretta gestione delle copie cartacee che negli uffici giudiziari ad oggi vengono prodotte, indipendentemente, ed anzi a prescindere, dall’esistenza di protocolli di prassi sulle copie (cartacee, nda) di cortesia. In altri termini – continua il comunicato – il decreto ministeriale sul Processo civile telematico detterà alle cancellerie le regole per le modalità di acquisizione e conservazione del materiale cartaceo ed indicherà in maniera esplicita che le copie di cortesia oggetto dei vari protocolli non saranno più gestite e accettate dalle cancellerie».
Alla fine, l’ultima parola spetterà al Ministero, sul quale graverà il compito delicato di porre ordine e chiarezza su un microcosmo intricatissimo, come quello del processo civile telematico. Dalla lettura delle parole rassicuranti del dicastero sembrerebbero venire meno, almeno sulla carta, le preoccupazioni di un ritorno completo o parziale al processo cartaceo. Quello che i cittadini e gli avvocati si aspettano ora è che queste parole siano definitive e che finalmente anche il settore della giustizia intraprenda il percorso della semplificazione e della digitalizzazione che gli altri paesi europei hanno percorso decenni fa.
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