Giustizia
Poggioreale e l’umanità insopprimibile
Di fronte alla vicenda del detenuto scappato da Poggioreale c’è chi si indigna, chi auspica che venga ripreso e riconsegnato alle patrie galera (con inasprimento della pena, ovviamente) e chi non manca di mostrare ancora una volta una tendenza sempre presente nel rapporto dell’opinione pubblica italiana con il carcere, ovvero la convinzione che la pena debba sempre essere sofferenza, che in fondo il carcere serva per l’espiazione.
Eppure quella storia parla moltissimo delle nostre carceri sovraffollate, di un sistema detentivo che ormai manifesta tutti i suoi limiti, della funzione rieducativa della pena che in questo contesto è diventata una mera chimera. Si potrebbe scomodare Beccaria, o citare i report sulle condizioni delle carceri in Italia, snocciolare dati, sostenere che nella teoria del diritto moderno, specie in Europa, la funzione della pena non coincide ormai da tempo con la vendetta dello Stato.
O forse si potrebbe semplicemente dire che in un detenuto, per quanto colpevole e per quanto giustamente carcerato, permane sempre un anelito alla libertà, tanto insopprimibile quanto umano.
E di fronte a questa considerazione, le parole del parroco di Poggioreale, Franco Esposito, rimettono tutto nella giusta prospettiva:
“È scappato un detenuto da Poggioreale. Embè? Perché stupirsi davanti ad una evasione dal carcere, è la cosa più naturale che possa accadere. Quello che è innaturale è tenere rinchiuse delle persone in una situazione disumana e degradante”
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