Giustizia
Petizione per l’effettiva riapertura del processo all’ex SS Zafke
Con una lettera aperta firmata da molti nomi eccellenti tra I quali spiccano tra gli altri la cacciatrice di nazisti franco-tedesca Beate Klarsfeld e la sopravvissuta ad Auschwitz Esther Bejarano è partita una campagna di firme sulla piattaforma change.org (https://www.change.org/p/offener-brief-zum-auschwitz-prozess-in-neubrandenburg) per lamentare l’ostracismo con il quale il tribunale di Neubrandenburg tergiversa nello svolgere il processo all’ex SS sanitaria Ernst Hubert Zafke accusato di concorso in 3.861 casi di omicidio nel lager di Auschwitz-Birkenau tra il 15 agosto ed il 14 settembre 1944. In questo periodo almeno 14 convogli di deportati con migliaia di persone giunsero nel lager; tra i quali anche Anne Frank -che poi sarebbe morta a Bergen Belsen- e la sua famiglia.
Già nel febbraio 2015 la procura di Schwerin aveva rinviato Zafke a giudizio ma nonostante uno psichiatra ne avesse confermato l’idoneità a stare in giudizio, i giudici non hanno ancora voluto entrare nel merito delle accuse; anzi hanno cercato due volte di escludere le parti civili, i fratelli Plywaski la cui madre fu uccisa ad Auschwitz, venendo censurati dai colleghi dell’istanza superiore di Rostock che li hanno reintegrati. Se è vero che Zafke è molto avanti negli anni, lo stesso si deve dire dei sopravvissuti al lager che hanno partecipato all’iniziativa in discorso e che auspicano ad una tardiva forma di giustizia.
Per la legge tedesca non c’è prescrizione per il reato di omicidio. <Auschwitz era un luogo dove nessuno avrebbe dovuto partecipare. Chi lo ha fatto si è reso correo di concorso in omicidio> ha statuito la corte di cassazione tedesca, il Bundesgerichthof, il 20 settembre 2016. Per l’entità dei crimini contro l’umanità perpetrati dai nazisti contro uomini, donne, anziani e bambini inermi a maggior ragione non può esserci alcuna indulgenza. Hubert Zafke d’altronde fu dispiegato anche a Dachau, Neuengamme, Sachsenhausen e Groβ-Rosen. Non si tratta di volerlo vedere a tutti i costi in cella, quanto di capire cosa abbia concretamente fatto, visto o sentito ad Auschwitz-Birkenau e giungere -in caso di colpevolezza- ad una condanna che ridia un tardivo segnale di giustizia con valore morale per i sopravvissuti ed al contempo serva da monito agli autori di altri massacri che la giustizia ha il suo corso lento ma ineluttabile, anche se purtroppo non è sempre stato così.
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