Giustizia
Il patibolo del debitore ed il diritto di ribellione
Vezio Crisafulli, maestro di diritto costituzionale, nelle sue fonti , libro prezioso, ci ricorda che il diritto è uno strumento previsto dallo Stato per la regolazione dei conflitti sociali.
Antolisei, altro grande Maestro della scienza del diritto penale, ci rammenta che una sentenza, la più terribile che possa subire un reo, deve sempre consentire una minima possibilità di resipiscenza.
Ma quando i Magistrati si accaniscono, perseverano nel giudicare senza contemplare anche le ragioni dell’altro, arriva la notte di Dike, della giustizia.
È così accaduto nel seno del diritto bancario con l’ultima sentenza in tema di mora. Non riconoscendola come produttiva di usura, si è posto fine ad ogni possibilità di perseguirne il delitto, con la grave conseguenza che nei Tribunali il debitore non ha più alcuna forma di tutela.
Ora non sarà:
1- possibile denunciare le banche;
2- gli istituti di credito si riterranno autorizzati a dover dare avvio al più grande massacro sociale, notificando decreti ingiuntivi ed istanze di fallimento.
3- Aumenteranno le aste giudiziarie con un abbassamento di valore degli immobili e perciò il mercato edilizio subirà la dura ricaduta delle sue aziende, che non venderanno e costruiranno case, in quanto è più conveniente acquistare alle aste, a prezzo vile.
Siamo al patibolo del debitore, schiacciato come uno scarafaggio.
Allora deve intervenire la politica, che in molte occasioni ha salvato le banche.
Lo Stato come ultima risorsa, diceva Keynes e sosteneva Einaudi, deve fornire aiuto al ceto più debole, quello dei debitori.
Dovrà il Parlamento sentire il grido di dolore dei consumatori e rifare di sana pianta la legge sull’usura; in mancanza è legittima la ribellione ed il diritto di resistenza.
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