Giustizia
Omicidio Attanasio: il Governo tarda a costituirsi parte civile nel processo
Il termine ultimo per affiancare le famiglie delle vittime scade il prossimo giovedì. Le perplessità dell’Esecutivo potrebbero essere legate alle rivendicazioni di Pam e Fao circa l’immunità invocata per i due funzionari imputati
Roma– Giovedì 25 maggio 2023, è fissata l’ udienza preliminare che deciderà se rinviare a giudizio o meno, i due funzionari di Pam (programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite) e Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), accusati dell’omicidio dell’Ambasciatore in Congo, Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, entrambi assassinati nella boscaglia al confine con l’Uganda, il Ruanda ed il Burundi, in data 22 febbraio 2021.
Salvo sorprese dell’ultimo minuto, la Procura di Roma, e le famiglie delle vittime, non dovrebbero essere affiancate in Processo, come parte civile, anche dal Governo, ovvero dalla Presidenza del Consiglio, tantomeno dal Ministero degli Esteri, come di competenza per gli appartenenti al corpo diplomatico italiano, cioè per l’ambasciatore Attanasio, o dal Ministero della Difesa, per il militare Iacovacci.
Una vicenda, questa, che certamente crea non poco imbarazzo ed incredulità, essendo una tragedia verificatasi mentre i due malcapitati, erano in servizio alle dipendenze del nostro Paese.
Benché i sei presunti esecutori materiali del tentato rapimento, sfociato poi nella cruenta uccisione dei due italiani e dell’autista Mustapha Milambo, siano già stati giudicati e condannati all’ergastolo in Congo, il Procuratore aggiunto di Roma, Sergio Colaiocco, ha chiesto il rinvio a giudizio per i due funzionari del Programma alimentare mondiale (Pam, snodo nevralgico della Fao , a sua volta articolazione Onu) Rocco Leone, vicedirettore con funzioni di direttore, e Mansour Rwagaza Luguru, assistente alla sicurezza per il Pam nello Stato congolese.
A questi ultimi, infatti, organizzatori della trasferta di Attanasio nella regione del Nord Kivu, viene contestato il reato di omicidio colposo, in quanto “in violazione dei comuni doveri loro imposti dai protocolli di sicurezza dell’Onu e del Pam“, con false dichiarazioni o omissioni avrebbero “contribuito e comunque facilitato” i sequestratori, poi killers.
Tuttavia, prescindendo dalle accuse da dimostrare nel processo penale, quello che appare fuori luogo in questa fase, sono le incertezze palesate dal Governo Meloni, sulla possibile costituzione di parte civile. Tale riluttanza, potrebbe essere legata, alla fase istruttoria delle indagini, quando i due imputati odierni, avrebbero sostenuto di essere provvisti di immunità internazionale, rivendicata dalla Fao per i propri funzionari, risultando diversi atti e note formali presentati su carta intestata Onu, recapitati alla Farnesina, in cui si manifesterebbe “una seria preoccupazione in merito alla continuata pendenza del procedimento penale nonostante la ripetuta invocazione da parte del Pam, delle Nazioni Unite e della Fao, dell’immunità dei due funzionari“.
A detta della Fao, dunque, “il diritto internazionale sancisce chiaramente l’obbligo di accordare ai funzionari delle Nazioni unite, delle istituzioni specializzate e del Pam in quanto organo congiunto autonomo e sussidiario, immunità dalla giurisdizione di qualsiasi genere per gli atti da essi compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni“. Inoltre, per avvalorare tali rimostranze, verrebbero citate alcune Convenzioni sottoscritte dall’Italia, tra il testo sui “privilegi e immunità delle Istituzioni specializzate” dove si afferma che, i loro dipendenti non possono essere giudicati in Paesi diversi, per azioni riferibili allo svolgimento delle proprie funzioni, includendo anche “parole e scritti“.
Occorre precisare che, però, il Ros dei carabinieri, su delega ricevuta dalla Procura capitolina, scorrendo la lista contenente i nomi dei funzionari coperti da immunità che viene comunicata ai Governi con cadenza periodica, in ossequio alla succitata Convenzione internazionale, non avrebbe rilevato i nominativi dei due imputati. Ciò, ovviamente, ha richiesto un approfondimento indirizzato all’Onu, alla stessa Fao e al Pam, domandando gli elenchi aggiornati inviati a tutti i Paesi. Domanda che è rimasta inevasa.
A tal proposito, non avendo ottenuto riscontri di alcun genere e, non potendo l’immunità, essere concessa in modo postumo ai reati addebitati, la Procura di Roma, ribadisce la volontà di richiedere il rinvio a giudizio.
Una vera e propria contraddizione in termini tra Governo italiano (specialmente il Ministero degli Esteri) e Onu ( in particolare Pam e Fao), essendo chiamato a decidere se presentarsi al Processo, al fianco dei familiari delle vittime, come parte civile, o accogliere le ragioni della Fao che vorrebbe evitare la celebrazione del processo stesso, invocando una dubbia immunità.
Un interrogativo a cui riceveremo una risposta tra pochi giorni.
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