Giustizia
No. Lo Stato siamo noi, e non li assolviamo
Quando pensi a Cucchi, ti viene in mente Aldrovandi, che si porta dietro Uva che ne chiama un altro e un altro ancora. Di ognuno abbiamo in mente un viso pestato, da morto. Li ricordiamo così, noi che non li abbiamo conosciuti in vita, e abbiamo cominciato ad interessarci alle loro vicende quando queste vicende erano belle che finite. Fotografie prese da qualche parente all’obitorio.
Cucchi, tuttavia, è una specie di simbolo della morte inutile, senza ragione e motivo, la banalità della noncuranze e della cattiveria. Chi abbia seguito la ricostruzione faticosa, tortuosa, ingarbugliata, omertosa, bugiarda, depistata, emersa dal processo ai presunti colpevoli, poi condannati, poi assolti, sa di che si parla.
Cucchi è una specie di morto per malaburocrazia, per l’anonimato di ogni singolo rappresentante dello Stato, la responsabilità di tutti che frazionata e poi frazionata ancora, e poi spaccata in pezzi più piccoli fino a diventare microscopici, diventa responsabilità di nessuno.
Cucchi è stato picchiato, forse non forte, forse spinto, ma non si sa da chi. Cucchi è stato ricoverato, forse non ha voluto stare in ospedale, ma nessuno l’ha trattenuto. Cucchi ha cominciato a stare male, e non ha chiesto aiuto, ma nessuno l’ha aiutato. Cucchi aspettava la madre e il padre, che hanno trovato un ufficio chiuso, e sono tornati il giorno dopo, ma non gli hanno aperto la porta, e sono tornati il giorno dopo ancora, ma occorreva un’altra carta, e l’ufficio era chiuso, e hanno perso un altro giorno. Cucchi era in agonia e si raggomitolava sotto un lenzuolo, e nessuno spostava il lenzuolo.
Cucchi si è perso nell’indifferenza dolosa e crudele di tante persone che forse hanno una minuscola tessera di responsabilità della sua morte, ma tutte queste tessere insieme fanno il mosaico enorme della colpa per la morte di un innocente, che più innocente non si può.
Per questo il processo è diventato “omertoso”, “come un processo di mafia”. Perché ognuno degli imputati da solo ritiene di non aver cagionato una morte, peraltro avvenuta, e quindi ognuno, salvando se stesso, avvia la catena di sant’Antonio che alla fine produce l’impunità di tutti.
Per la morte di Cucchi oggi non paga nessuno, e, anzi, la protervia degli scagionati alza il dito medio verso i famigliari.
Però, è ovvio, voi siete responsabili, uno a uno, tutti quanti. Chi l’ha preso a schiaffi, chi l’ha fatto cadere, chi non l’ha trattenuto in ospedale, chi ha fermato i genitori per una settimana davanti alla porta dietro cui un giovane moriva da solo, chi non ha alzato il lenzuolo, siete tutti responsabili di tutte le colpe degli altri, tutte assieme. Non importa se questo processo vi assolve. Noi vogliamo la verità ma sappiamo la verità. E la verità è che la colpa è tutta vostra.
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