Giustizia

Neonazismo, Germania: iniziato processo Altermedia; pausa forzata in quello NSU

15 Settembre 2017

In Italia la Camera ha appena approvato il ddl Fiano contro la propaganda razzista in rete; in Germania giovedì 14 settembre ha preso il via avanti alla Corte d’Appello di Stoccarda il processo nei confronti di amministratori e moderatori del portale di propaganda neonazista Altermedia.info. Ne hanno dato notizia diversi media tedeschi. Jutta V., 48 anni impiegata in un call center, e Ralph Thomas K., 28 anni informatico disoccupato, entrambi del Baden-Württemberg, avrebbero rilanciato la piattaforma nel 2012, ed Irmgard T. e Taara S. nei due anni seguenti si sarebbero aggiunte nel moderare i gruppi. La posizione di un quinto imputato, il 54enne Uwe P., è stata stralciata per ragioni di salute ed egli verrà perseguito in un procedimento separato. Inoltre si ritiene possa esserci stata anche una terza persona convolta nella creazione del portale non ancora individuata.

Il portale per diffondere il suo veleno razzista in rete usava server al di fuori della Germania, dapprima negli USA quindi in Russia, ed era arrivato a registrate fino a 5 milioni di connessioni all’anno, ha indicato Christopher Schneider della ZdF. Finché nel gennaio 2016 il Ministro degli Interni tedesco Thomas de Maizière non lo ha dichiarato fuori legge ordinandone la chiusura. Nei gruppi di discussione di Altermedia venivano propagate la negazione della Shoà e le idee di retaggio nazionalsocialista, si incitava all’odio verso stranieri e contro ebrei e musulmani. La Germania repubblicana vi era definita come “sistema per porci”, gli immigrati “bitorzoli purulenti e pestilenziali” ha riportato Rüdiger Soldt sulla FAZ.

La Procura Generale ha avocato a sé il caso rilevando che i contenuti fossero idonei a spingere altri neonazisti a commettere altri reati propagando un clima di pericolo a discapito dell’immagine dello Sato tedesco all’estero, e contesta agli imputati la creazione, e rispettivamente la partecipazione, ad un’associazione criminale dal giugno 2012 al gennaio 2016. Nel caso di Altermedia gli inquirenti ritengono infatti di poter provare che gli imputati, non solo hanno diffuso affermazioni idonee all’istigazione all’odio, bensì le hanno fatte proprie formando una associazione a delinquere per promuoverle. In questo, sottolinea la FAZ, sussiste una fondamentale differenza rispetto al caso del portale di extra sinistra Linksunten.indymedia.org vietato in Germania alla fine di agosto di quest’anno, e l’eccezionalità del procedimento. Mentre Indymedia accoglieva tutti i post senza un controllo, Altermedia non è mai stata una piattaforma aperta, ha ricostruito Patrick Gensing per la ARD. Si è sempre concepita come megafono del neonazismo militante, dove si muovevano critiche anche allo stesso partito neonazista tedesco NPD giudicato non abbastanza radicale.

Altermedia in effetti aveva radici risalenti al 1997 nell’anteriore Störtebeker-Netz attraverso il quale neonazisti del Meclemburgo-Pomerania cominciarono a diffondere le loro parole di odio verso tutti quelli che non la pensassero come loro, omosessuali, giornalisti, immigrati ebrei e politici. Finché Störtebeker-Netz non si fuse nel progetto internazionale Altermedia, ispirato al già citato portale di orientamento opposto Indymedia. I servizi di sicurezza lo tenevano sotto controllo ed individuarono fin dal 2000 -indica Gensing- che dietro ad esso originariamente ci fosse un fuoriuscito dalla stessa NPD; ciò nonostante quest’ultimo, ed un altro correo, vennero condannati definitivamente solo nel 2011.

Altermedia è quindi tornato attivo con i nuovi gestori fino al 2016, ma pur mantenendo un ruolo riconosciuto nell’alveo della propaganda neonazista aveva progressivamente perso seguito rispetto ai canali considerati più sicuri dei social media, in particolare il russo vk.com, e le chat group criptate. Adesso l’ultra destra è per lo più attiva sui social dove la rapida diffusione degli interventi rende difficile ricondurli ad un nucleo definito di autori e più arduo poter individuare una struttura di gestione propria di un’associazione criminale. C’è stato il precedente del gruppo neonazista Old School Society, nel quale il 15 marzo la Corte d’appello di Monaco ha emesso quattro condanne, ma lì si contestava l’associazione terroristica suffragata da intercettazioni di chat group, ed i post su facebook valsero solo a corroborazione delle accuse.
Nel processo aperto a Stoccarda per ora sono state fissate altre 14 udienze fino all’inizio dell’anno prossimo.

 

Tra i difensori degli imputati innanzi alla Corte d’Appello della capitale del Baden-Württemberg figurava anche l’avvocato Olaf Klemke che ha dovuto affrettarsi per essere presente a Monaco di Baviera dove difende l’ex politico della NPD Ralf Wohlleben nel processo sui crimini dell’associazione terroristica Clandestinità nazionalsocialista (NSU). L’udienza in questo processo però non si è poi potuta neppure aprire nonostante fosse già stata rinviata al primo pomeriggio. L’imputato André Eminger, di cui la corte ha disposto la custodia cautelare al termine della requisitoria della pubblica accusa, ha presentato fuori dal dibattimento il 13 settembre un’istanza di ricusazione avverso tutto il senato giudicante e questa deve essere decisa da un altro collegio prima di poter proseguire. È stata quindi cancellata anche la prossima udienza in calendario. Le parti civili avrebbero dovuto iniziare a presentare le proprie conclusioni.

Al momento non sono note le motivazioni alla base dell’istanza di ricusazione presentata, né se vi hanno fatto seguito iniziative analoghe degli altri imputati. Il portavoce della Corte d’Appello di Monaco, il giudice Florian Gliwitzky, ha riferito quantomeno di non esserne a conoscenza.
Mentre per disporre il rinvio a giudizio di un imputato è necessaria la generica previsione di colpevolezza, perché ne sia anche ordinata la reclusione preventiva è necessario un gradiente superiore di certezza del fondamento delle accuse e la compresenza di un rischio di fuga.

André Eminger era stato già sottoposto a carcerazione preventiva in fase di indagini perché la Procura lo aveva indicato come possibile compartecipe nella realizzazione dei dvd di rivendicazione dei crimini dello NSU. I giudici di ultima istanza del BGH non avevano però riscontrato fondate sufficientemente le accuse rimettendolo in libertà, ha illustrato il legale di parte civile Sebastian Scharmer. A ben vedere la Corte per determinarne ora l’arresto cautelare in corrispondenza delle imputazioni di concorso in tentato omicidio ed in due rapine, avrebbe potuto ritenere pressanti gli indizi dei reati fin dalla fine della fase probatoria, prima che ne facesse istanza la Procura Generale. Nondimeno è solo al termine della requisitoria dell’accusa, con la richiesta di condanna a 12 anni di reclusione, che si è venuto a delineare anche un concreto rischio che Eminger avrebbe potuto cercare di sottrarsi all’esecuzione della pena in caso di condanna.

 

Sono ascritte simpatie neonaziste anche a Philipp K. che ha venduto l’arma impiegata negli assassinii seriali fuori dal centro commerciale olimpico di Monaco del 22 luglio 2016. Nel processo contro di lui per concorso in omicidio colposo la Corte d’Appello della capitale bavarese ha scadenzato altre cinque udienze fino a metà ottobre per permettere l’escussione di nuovi testimoni e la presentazione di nuovi documenti. Dietro di essi si staglia la possibilità che l’accusa venga aggravata in concorso in omicidio volontario laddove Philipp K. sia stato coinvolto nella pianificazione della sparatoria, o quantomeno possa averla prevista e ciò nonostante venduto l’arma allo sparatore. Ipotesi che si è rafforzata -come ha riportato Michael Bartmann  del BR– dopo che un suo compagno di detenzione questa settimana ha testimoniato che Philipp K. gli ha dichiarato che aveva paura che David S.  con l’arma che gli aveva venduto avrebbe “combinato dei guai”.

 

 

In copertina: Monaco di Baviera, adesivo anti-neonazista su un palo, giugno 2016 (foto dell’autore).

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