Giustizia
L’ineffabile Werner Mauss ed il complotto per uccidere il Papa
Tutti conoscono i film di James Bond. Anche la Germania del dopoguerra ha avuto un agente così spericolato come quello di sua maestà britannica. Non un personaggio di fantasia però, bensì in carne ed ossa: l’investigatore privato Werner Mauss. All’azione Mauss ci arrivò dopo aver fatto ben altri mestieri, dal contadino al venditore di aspirapolveri. Pilota ed appassionato cavallerizzo, nella sua carriera di 007 è stato ingaggiato dalla polizia criminale e da vari servizi segreti della Germania e di altri Paesi, così come da grandi imprese e compagnie di assicurazione.
Lunedì inizia a Bochum uno spettacolare processo fiscale contro di lui. Più di 100 pagine l’atto di accusa dopo 4 anni di indagini. Necessarie già solo per identificare l’imputato che ha agito oltre che con il proprio nome anche con diverse altre identità fittizie come Dieter Koch, Claus Möllner e Richard Nelson.
La vita di Mauss è ammantata di operazioni segrete. Al suo attivo il recupero di bidoni di diossina di Seveso sepolti in un macello in Francia nel 1983; l’installazione senza intoppi di condutture petrolifere nella foresta colombiana; il recupero di auto di lusso rubate e lo smascheramento del furto simulato dal gioielliere René Düe; l’individuazione di terroristi della RAF e la liberazione in Libano di manager della Hoechst e della Siemens rapiti. Forse ebbe anche un ruolo nella ricomparsa in Ungheria nel 2008 della bara col corpo del milionario Friedrick Karl Flick. Mauss quantomeno indicò di avere individuato il capo banda in un ungherese di estrema destra.
La sua buona stella è entrata in declino quando nel 2012 l’intendenza di finanza tedesca ha acquistato un CD con dati di evasori che avevano conti presso la filiale della banca svizzera UBS in Lussemburgo. La vicenda è ricostruita, tra gli altri, da Jan Lukas Strozyk per la tedesca NDR. Nel CD c’erano dati di due fondazioni che dal 2008 fruivano di depositi per 37 milioni di euro. Il beneficiario era Claus Möllner, uno dei nomi di copertura di Mauss. Sotto questo nome sono emerse anche dozzine di ditte di comodo costituite negli anni da Mauss a Panama.
Per i finanzieri tedeschi Werner Mauss avrebbe così mancato di dichiarare negli anni oltre 50 milioni di euro e sottratto illecitamente all’erario oltre 15 milioni di euro di imposte. Egli risulterebbe titolare anche di una assicurazione sulla vita ed azioni per un valore attorno ai 60 milioni di dollari. In effetti pare che l’ex agente abbia presentato delle dichiarazioni dei redditi solo sotto lo pseudonimo del fittizio Dieter Koch residente in Assia. Lui ha indicato che ciò però avveniva in accordo con il Ministero delle Finanze del Nord Reno Vestfalia.
Werner Mauss è a piede libero dopo aver versato senza batter ciglio una cauzione di 1 milione di euro a cui ha fatto seguire il pagamento di un acconto sulle imposte contestate di 4 milioni. Non nega che ci sia il denaro alla UBS e non sia stato dichiarato, ma indica di non avere avuto neppure nessun dovere di farlo non essendone il titolare bensì solo il fiduciario per conto di diversi Governi. Una criptica “Associazione di servizi di sicurezza occidentali” gli avrebbe affidato inizialmente 23 milioni di dollari per finanziare le operazioni segrete. Un tesoretto costituito inizialmente a Panama nel 1985 portando denaro contante in una valigetta. Un fondo poi trasferito in Lussemburgo con delega ad operare e rimpinguato regolarmente dai suoi committenti e che Mauss afferma di aver sempre tenuto ben distinto dai suoi conti personali. Le autorità tedesche ne sarebbero state informate anche se non vi avrebbero contribuito direttamente. Tra i bonificatori del conto che sarebbe tutt’ora attivo, si annovererebbero invece -ma il condizionale è d’obbligo- Israele, il Vaticano, e diverse organizzazioni umanitarie internazionali.
Per la Procura il 76enne non è più in azione da 15 anni e si celerebbe dietro un edificio di menzogne; con il denaro avrebbe piuttosto finanziato un parco d’auto di lusso ed un mastodontico ippodromo privato. Tutta la proprietà immobiliare varrebbe 20 milioni di euro; la costruzione a foggia di fortino con torre e spalti da sola 4,5 milioni. Tra tante incongruenze spuntano versamenti per diverse migliaia di euro che Mauss avrebbe fatto fare da un avvocato attraverso il conto di una delle due fiduciarie alla deputazione locale di Cochem-Zell, cui fa riferimento anche la località di Hunsrück dove egli risiede da anni, ed a quella regionale della Renania Palatinato della CDU tedesca.
Gli inquirenti indicano che con il suo tesoro esentasse Mauss si è gratificato persino con una cura ormonale di giovinezza per 10.000 euro. L’accusato non nega neppure questo ma replica che i suoi committenti ne erano al corrente ed avrebbero approvato la spesa avendo evidentemente interesse al perdurare delle sue buone condizioni operative.
Anche il Vaticano, per parte sua, smentisce la narrazione dell’ex agente. Questi afferma che nel 2012 avrebbe sventato un complotto per avvelenare niente po’ po’ di meno che Papa Benedetto XVI ordito dalla mafia siciliana in combutta con quella colombiana. Per questo il Papa avrebbe poi scelto di dimettersi. Il segretario privato di Papa Ratzinger Georg Gänswein ha risposto alla Süddeutsche Zeitung che tutta la storia è priva di fondamento. Ed anche il portavoce ufficiale della Santa Sede, Gregory Burke, ha dichiarato alla NDR che il racconto è del tutto privo di senso. Mauss indica invece -come riportano Hans Leyendecker, Frederik Obermaier e Ralf Wiegand sulla Süddeutsche Zeitung– che il proposito di eliminare il Papa sarebbe emerso in una sua missione con il cardinale colombiano Dario Castrillón Hoyos in Cina. E rimpingua il racconto con un furto di foto che lo avrebbero ritratto in Cina mettendolo in pericolo ed un monaco morto d’infarto in seguito alle indagini per recuperarle.
Per Mauss il vero detentore del fondo sarebbe soprattutto Israele e l’ex Ministro della difesa israeliano Amir Peretz il portavoce della fantomatica “Associazione”. Delle riprese diffuse dalla tedesca ARD mostrano che l’ex agente era stato effettivamente in un’occasione tra il pubblico alla Knesset. Strozyk cita che avrebbe usato il nome di comodo Seiler. Esisterebbe una lettera autografa dell’ex ministro israeliano che, secondo Mauss, confermerebbe la costituzione di un fondo per le sue operazioni. L’agente tedesco sarebbe stato incaricato di ricercare dei soldati scomparsi a Gaza. NDR e Süddeutsche Zeitung hanno contattato Peretz e l’ex ministro, riportano, non ha negato di avere conosciuto Mauss e che Israele abbia concretamente ricevuto informazioni da lui. Mauss gli avrebbe poi chiesto una sorta di attestazione che aveva predisposto egli stesso che Peretz, in virtù dei servizi resi, gli avrebbe rilasciato. Ha negato però di avere alcuna conoscenza di una fiduciaria e dell’attuale procedimento per evasione fiscale.
La Procura potrebbe avere comunque serie difficoltà a provare che il denaro era realmente di Mauss. Questi peraltro sarà chiamato a spiegare come mai, se non era suo, abbia potuto investirlo liberamente in operazioni ad alto rischio speculativo come buoni del tesoro di Paesi emergenti. L’ex agente tuttavia si dice sicuro del suo buon diritto ed ha citato diverse personalità in sua difesa, dal menzionato ex ministro Peretz ad un ex direttore di banca, fino al cardinale colombiano Dario Castrillón Hoyos.
Non si sa se nel corso delle dieci udienze, per ora fissate, il tribunale darà luogo alla convocazione di personalità straniere, né se queste poi comparirebbero. La Süddeutsche Zeitung, che alla vicenda dedica 3 pagine intere, evidenzia nondimeno che la Corte sarà presieduta dal giudice Markus van den Hövel attribuendogli fama di paziente ricercatore della verità anche per dei libri di ricostruzione storica sulla misteriosa reliquia di Manoppello.
Con tali premesse, nonostante la serietà della materia e delle rigide regole del dibattimento giudiziario, per i media tedeschi il processo ha di che rivelarsi spettacolare.
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