Giustizia
I minori delinquono di meno ma aumentano le segnalazioni per mafia
“Da bambino volevo guarire i ciliegi”, cantava Fabrizio De André in una delle canzoni nel suo bellissimo album del 1971 ispirato all’antologia di Spoon River. Un sogno senza senso, che in verità chiude in sé la disposizione più sensata e profonda del giuramento di Ippocrate e della devozione verso l’umanità. Se anche la storia raccontata dalla poesia finisce nel peggiore dei modi, rimane quel sogno giovanile da proteggere e da orientare. Rimane quella potenzialità che l’adulto riesce a raccogliere dalle mani del sé ragazzo (“non volli tradire il bambino per l’uomo”) e a indirizzare verso il proprio futuro.
Parte da qui il Rapporto sulla giustizia minorile 2019 dell’associazione Antigone, con una prefazione firmata da Susanna Marietti e Alessio Scandurra e che pone l’attenzione sul titolo del Rapporto, “Guarire i ciliegi”, cioè ciò che di più importante il nostro sistema della giustizia minorile è chiamato a fare. Il titolo racchiude in poche parole il senso dell’essere giovani e della cura che l’istituzione deve avere per questa gioventù: l’insieme illimitato delle potenzialità di vita che i ragazzi, anche quelli in galera, devono poter consegnare a loro stessi adulti di domani.
Uno sguardo ai dati più recenti relativi agli Istituti penali per minorenni conferma le tendenze consolidate da tempo. Resta elevata la percentuale degli stranieri, quasi la metà, ed il dato continua a destare allarme specialmente se si pensa che gli stranieri sono solo un quarto del totale dei ragazzi in carico agli Uffici di servizio sociale minorenni. Per costoro il passaggio in IPM dunque è decisamente più probabile.
La detenzione resta comunque una misura estrema ed il numero delle presenze è attualmente in calo. Mentre uno sguardo attento ai dati mostra come, quanto meno per i ragazzi che passano dagli IPM, al centro del sistema della giustizia minorile ci siano oggi le Comunità di accoglienza.
Al 15 gennaio 2020 i 375 minori e giovani adulti detenuti erano distribuiti in 17 istituti, da Caltanissetta a Treviso, in strutture con caratteristiche e dimensioni anche molto diverse tra loro. Quello con più presenze era Nisida, che ospitava 45 detenuti, mentre alla stessa data a Caltanissetta ce n’erano solo 3. In tutta Italia quel giorno erano detenute 23 ragazze, 12 delle quali a Pontremoli, nell’unico Istituto penale per minorenni esclusivamente femminile d’Italia. Raramente le presenze complessive negli IPM sono scese sotto le 400 unità, e dunque il dato attuale è un dato quasi eccezionale, e raramente sono salite sopra le 500. Intorno al 2014 c’è stato un calo significativo di presenze dovuto soprattutto al calo delle presenze di ragazzi detenuti stranieri. Proprio in quell’anno a questo calo si è risposto con la legge 117 dell’11.08.2014, che ha portato da 21 a 25 anni il limite massimo per la permanenza nel circuito penale minorile per i soggetti che abbiano commesso reati da minorenni, quindi c’è stata poi una crescita delle presenze ma nell’ultimo anno sono calate.
Ma questi ragazzi sono lì in custodia cautelare o stanno scontando una pena? Hanno una condanna definitiva o la loro posizione potrebbe ancora mutare? Nelle carceri minorili questo aspetto non è immediato da capire. La maggior parte delle persone detenute in IPM ha una posizione giuridica “mista”. Nel corso del 2019 il 72% dei ragazzi entrati in IPM, dunque una larghissima maggioranza, era in custodia cautelare. Questo dipende dal nostro sistema giudiziario minorile. La detenzione è infatti la misura estrema e spesso i giovani in IPM non sono al loro primo reato ma, vista la giovane età, è altrettanto verosimile che per i reati precedenti la loro posizione giuridica non sia ancora definita. Inoltre, la permanenza dei ragazzi in IPM è generalmente breve, in media 102 giorni nel 2019, poco più di tre mesi. I ragazzi di solito vanno prima al centro di prima accoglienza e l’esperienza della detenzione è generalmente una tappa di un percorso più lungo, che si svolge soprattutto altrove, per esempio nelle comunità.
Sul totale dei 375 minori e giovani adulti detenuti in IPM al 15 gennaio 2020, il 57,1% erano italiani, il 42,9% stranieri, il 93,9% maschi ed il 6,1% femmine (ma tra le ragazze le straniere erano il 47,8%). Resta maggioritario il gruppo dei ragazzi che hanno 18, 19 o 20 anni, ma sono molti anche quelli che hanno 16 o 17 anni. In media gli stranieri appaiono leggermente più giovani degli italiani.
Visto che il carcere è la misura estrema ci si immagina che i giovani in IPM abbiano commesso i reati più gravi, in realtà i dati ci dicono il contrario. I reati contro la persona, quelli generalmente più gravi, riguardano solo il 17% di quanti entrano in IPM. Non sono dunque gli autori dei fatti più gravi che finiscono in IPM ma, verosimilmente, quelli per i quali la misura della detenzione in carcere si rende necessaria nel corso della presa in carico da parte del sistema, o quelli per i quali non si riescono a costruire alternative. Inoltre, se la maggior parte dei ragazzi entra in IPM proveniente dalle Comunità di accoglienza, è sempre verso le Comunità che è diretta quasi la metà delle persone che escono. Solo il 10,3% dei ragazzi che escono dagli IPM ha finito di scontare li la propria pena, mentre l’11’8% esce per essere trasferito verso strutture per adulti. Se al 15 gennaio 2020 i ragazzi in IPM erano 375, nello stesso giorno i ragazzi in comunità erano 1.104. Le comunità sono un tassello fondamentale del sistema giudiziario minorile italiano.
Guardando ai reati, come si legge nell’approfondimento firmato da Federica Brioschi, fra il 2014 e il 2018 i presunti delitti compiuti da minori segnalati all’autorità giudiziaria dalle forze di polizia sono diminuiti dell’8,3% passando da oltre 33.300 nel 2014 a 30.600 nel 2018.
Fra i delitti calano gli omicidi volontari (-46,6%) e colposi (-45,4%), i sequestri di persona (-17,2%), i furti (-14,03%), le rapine (-3,9%) e l’associazione per delinquere (-82,5%). Rispetto al 2014 aumentano invece i minori segnalati per associazione di tipo mafiosa (+93,8%) e i danneggiamenti (+28,03%). Le violazioni della normativa sugli stupefacenti sono in aumento rispetto al 2014 (+10,5%), ma vedono un andamento discendente fra il 2017 e il 2018 (-1,8%); lo stesso trend si nota con le violenze sessuali in aumento dal 2014 (+27,64%), ma in diminuzione rispetto al 2017 (-5,13%). I reati per cui nel 2018 l’incidenza è stata più alta sono furto (8.068), violazione della normativa sugli stupefacenti (3.358), lesioni dolose (2.516), danneggiamenti (2.329), rapine (1.845), minacce (1.367) e ricettazione (1.297).
I dati sui minori segnalati si fermano al 2017. C’è stato un leggero aumento dei minori segnalati fra il 2013 (32.334) e il 2015 (35.744) e una diminuzione fra il 2015 e il 2017 con un ritorno ai livelli del 2013. Gli stranieri nel 2017 sono in aumento rispetto al 2016 in numeri assoluti passando da 12.944 a 13.977. Anche il dato percentuale sui minori stranieri segnalati del 2017 è in aumento rispetto al 2016 passando dal 37,63% al 42,69%.
Guardando proprio agli stranieri, i minori segnalati per furto sono stati il 48% dei segnalati per lo stesso reato, il 32,42% dei segnalati per violazione della normativa sugli stupefacenti, il 38,8% dei segnalati per lesioni dolose e per danneggiamenti, il 43% dei segnalati per rapina e il 42% dei segnalati per ricettazione.
I minori segnalati con un’età inferiore ai 14 anni sono il 6,23% sul totale dei minori nel 2017. Nel 2015 erano l’8,33%.
Fra i minori segnalati nel 2017 il 16,87% era femmina, dato sia numerico che percentuale in diminuzione rispetto al 2013 (19,55%). La percentuale di femmine straniere segnalate sul totale degli stranieri segnalati è del 18,19, più alta di quella delle femmine italiane sul totale dei minori italiani segnalati, che è del 15,88%. Prendendo il reato per cui sono generalmente più segnalati i minori (il furto), osserviamo che le femmine sono state segnalate per poco più di un quarto dei furti commessi da minori. Poco più di metà di loro era straniera. Il furto è il reato per cui l’incidenza femminile è maggiore mentre per tutti gli altri reati già citati l’incidenza femminile varia fra l’8% e il 16%.
La distribuzione dei minori segnalati varia a seconda delle regioni. La Lombardia è la regione con il maggior numero di segnalazioni (5.393), seguita dalla Sicilia con 3.326 segnalazioni e dall’Emilia-Romagna (3.154). Sotto quota 3.000 si posizionano il Lazio (2.969), il Piemonte (2.720), il Veneto (2.436) e la Campania (2.110). Raffrontando il numero dei minori segnalati con il totale dei minori vediamo che in Italia nel 2017 sono stati segnalati 3,3 minori ogni 1.000 minori residenti.
Nel 2017 i minori indagati presso le procure erano 36.416. Nella maggior parte dei casi (22,14%) il PM ha esercitato anticipatamente l’azione penale, chiedendo al giudice, nel corso delle indagini preliminari, di pronunciarsi con una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. Per i restanti casi, l’archiviazione è stata proposta dal PM principalmente per non imputabilità del minore (12,16%) e per mancanza di condizioni di procedibilità, come ad esempio il ritiro o la presentazione oltre i termini di una querela nei reati perseguibili solo su querela di parte (9,66%). Il PM ha invece richiesto il rinvio a giudizio nel 37% dei casi, mentre nel 10,15% ha richiesto una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto e nel 6% dei casi è stato chiesto di procedere con un rito alternativo.
Gli imputati minorenni sono per il 70% italiani e per il 30% stranieri. Sia fra gli italiani che fra gli stranieri le percentuali di genere sono molto simili: oltre l’84% sono maschi e meno del 16% sono femmine. Nel caso dei maschi il 30,5% degli imputati ha fra i 14 e i 15 anni mentre il 69% ne ha 16 o 17. Fra le femmine le percentuali variano considerevolmente e osserviamo che le ragazze imputate con un’età fra i 14 e i 15 anni (40%) sono percentualmente più dei ragazzi e quelle imputate con un’età fra i 16 e i 17 anni (60%) sono percentualmente meno dei ragazzi. Anche il luogo di nascita dei minori italiani imputati è un dato molto interessante. Il 40% degli imputati italiani è nato nel nord Italia (il 21% nel nord-ovest e il 18% nel nord-est), il 25% è nato nel sud, il 19% nel centro Italia e il 16% nelle isole. Un altro dato interessante è il numero dei reati per ciascun imputato minore. Il 72% dei minori è imputato per un reato, il 17% per due reati, il 5% per tre reati e il rimanente per quattro, cinque, sei e più di sei reati. Le percentuali non variano fra italiani e stranieri.
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