Giustizia
H. l’ex SS parlerà
Con sorpresa l’avvocato Johannes Salmen alla seconda udienza del processo contro l’ex SS Reinhold Hanning, oggi vedovo pensionato 94enne residente a Lage, svoltasi venerdì scorso a Detmold, ha annunciato che la difesa, quando ne riterrà giunto il momento più adatto, rilascerà una dichiarazione che entrerà nel merito delle accuse di concorso in omicidio di 170.000 internati ad Auschwitz, addossate al loro cliente. Hanning stesso potrebbe dopo forse anche esprimersi direttamente. A tutte le parti civili verrà comunicato con adeguato anticipo perché possano essere presenti.
Il Giudice Anke Grudda ha accolto con <molto favore> l’annuncio <vogliamo sentire dell’uomo, signor Hanning, prima di doverla giudicare> ha dichiarato. Evidenziando così neanche troppo sotto le righe come la Corte valuti con serietà le accuse. Una simile svolta va nella direzione richiesta da Leon Schwarzbaum che aveva esortato l’imputato a parlare. Justin Sonder che ad eccezione del padre, ha perso 22 membri della sua famiglia ad Auschwitz, ha accolto con più riserva l’annuncio <l’imputato ha diritto di difendersi, posso immaginare che sarà una storia interessante .. forse vuole spiegarsi sarebbe già una buona cosa > ma, ha soggiunto, non tornerà ad ascoltarlo di persona. <Non mi interessa> ha detto reciso.
Il secondo difensore di Hanning, l’avv. Andreas Scharmer, ha anticipato solo che la dichiarazione che i difensori leggeranno per l’accusato <riempirà di vita il periodo sotto le armi> se poi si arriverà anche ad una comunicazione personale del loro assistito, che processualmente ha maggior valore, in direzione di un atto di scuse od altro, non può dirlo. Si è lasciato scappare che forse dai difensori delle parti civili <ci si attende troppo>.
Il Procuratore Andreas Brendel dal canto suo ha manifestato cautela nel commentare gli sviluppi <non posso dire oggi come sarà la dichiarazione che i difensori intendono fare in nome dell’imputato, potrebbe pendere da una parte come da un’altra>.
Hanning ascolta senza fare una piega
Alla seconda udienza del processo contro di lui Reinhold Hanning ha pronunciato una sola parola: in risposta al Giudice Anke Grudda che gli ha chiesto come stesse ha risposto asciutto <Bene>. In effetti è apparso più in forma rispetto al giorno di apertura del dibattimento. <Le sue condizioni sono variabili -ha confermato l’avvocato Scharmer- ieri (giovedì) non erano buone, oggi (venerdì) sono passabili>.
Hanning ha seguito con attenzione le testimonianze di Leon Schwarzbaum, Justin Sonder ed Erna de Vries, tre sopravvissuti, che hanno illustrato in modo toccante le loro esperienze ad Auschwitz. La Presidentessa Anke Grudda li ha ringraziati tutti per le <testimonianze straordinarie>.
Dal camino non fumo, fiamme
Leon Schwarzbaum ha raccontato delle crudeltà delle SS di cui è stato testimone dentro e fuori il lager: il colpo sparato alla nuca ad una ragazzina che aveva cercato di sottrarsi alla deportazione; il passaggio di un camion pieno di persone nude che si disperavano alzando le mani al cielo mentre venivano portate nelle camere a gas; una colonna di ebrei ungheresi sfiniti che imploravano <acqua, acqua>. Pur non essendo stato vicino al crematorio ha affermato <abbiamo visto le fiamme uscire dal camino .. non fumo, fiamme. Il fuoco erano uomini bruciati. Puzzava insopportabilmente>. Ha potuto mostrare alla Corte ed al Pubblico ministero la foto dei suoi genitori eliminati nel lager. <Per quale ragione gli hanno uccisi? Come hanno potuto uccidere tutte quelle persone, perché lo hanno fatto?> ha domandato con voce spenta.
La difesa
I difensori si sono accontentati di vedere l’immagine a distanza. Contro interrogandolo gli hanno fatto ammettere, a discarico del proprio mandante, che le selezioni erano condotte da personale sanitario e non da guardiani. e di non avere notizia di episodi dentro il lager di rifiuto ad eseguire gli ordini.
Per quanto vividi siano apparsi i ricordi dei tre sopravvissuti, nessuno di loro ha potuto dire di aver visto l’imputato ad Auschwitz. La Presidentessa della Corte Anke Grudda ne ha tuttavia minimizzato il rilievo: <non possiamo giudicare dopo 70 anni se non ci si ricorda di qualcuno> ha indicato. In favore della difesa ha giocato anche che i testimoni non hanno saputo entrare nel dettaglio sulla sorveglianza del perimetro del lager. Justin Sonder ha saputo sì spiegare che c’erano SS armate a sigillare una vasta area attorno agli stabilimenti della IG Farben dove lavoravano, non ha saputo dire tuttavia quali distanze tenessero tra loro perché non vi si avvicinò mai; <e fu un bene così> ha aggiunto. Tanto era il terrore delle SS i deportati se ne mantenevano il più possibile distanti. Come ha spiegato Leon Schwarzbaum, nessun prigioniero si azzardava neppure a guardare negli occhi una SS, tale era la paura che incutevano.
Non si può dire a parole cos’era una selezione
Justin Sonder è stato internato ad Auschwitz 3 Buna/Monowitz e nel dopoguerra ha fatto per più di quarant’anni il criminalista. È stato il secondo a parlare ed è stato forse più incisivo di Leon Schwarzbaum, che giovedì aveva letto un testo preparato. Ha parlato di getto rivolgendosi direttamente ai giudici. Fu arrestato coi genitori il 27 febbraio 1943 ed arrivarono al lager il 3 marzo, faceva buio ma era tutto fortemente illuminato. Fu separato dai genitori; la madre sarebbe stata uccisa subito, il padre invece poté rincontrarlo grazie alla resistenza. Sonder ha raccontato delle selezioni: <non si può dire a parole cos’era una selezione> ha affermato con una crepa nella voce <quando si sapeva che si poteva essere morti in due ore>. Lui ne subì 17! Si è dilungato sulle due più drammatiche che lo colsero ricoverato nell’infermeria del lager; in una il dottore originario di Varsavia lo salvò nascondendo la sua cartella; in un’altra il Dr. Groβmann di Berlino convinse una SS a cancellare il suo numero da quelli da mandare a morte, poi per permettergli di riprendersi lo fece dormire in una stanza coi malati di tifo, dove le SS non si arrischiavano. Sonder ne prese il rischio e si salvò (cfr. Gli Stati Generali “Detmold: ricerca di una tarda giustizia”).
Si moriva se si usciva dalla fila
Dopo 4 mesi nel lager era considerato già uno dei prigionieri anziani, un infermiere gli si presentò <Heinz Lippmann, comunista di Berlino> e gli chiese cosa avrebbe fatto al giorno X al che Sonder rispose <voglio combattere, non morire> e fu così reclutato nella resistenza del lager. <Nel dicembre 1944 ho fatto in modo che la produzione non potesse continuare> ha narrato. Lucidamente ha poi fatto i nomi di SS di cui testimoniò direttamente la crudeltà. Tra costoro il dr. Fischer, che gli dipinse su un ginocchio gonfio una svastica con lo iodio (cfr. ancora Gli Stati Generali “Detmold: ricerca di una tarda giustizia”) e dopo la guerra esercitò come pediatra per 20 anni nel Meclenburgo Pomerania prima di essere individuato e condannato. Ed ancora Bernhard Rackers, contro cui testimoniò innanzi al Tribunale di Osnabruck. Mentre Sonder veniva trasferito insieme al padre a Mauthausen per raggiungere Sachsenhausen, Rackers uccise a sangue freddo 20 deportati che erano stati fatti scendere e stendere di fronte ai binari. Tra il 1952 ed il 1959 subì 3 processi e fu condannato all’ergastolo, ma venne graziato nel 1971. Sonder ha poi raccontato come le SS quando accompagnavano i detenuti al lavoro coatto sparavano semplicemente a chi usciva dalle fila, o si chinava meramente per prendere il cappello caduto, giacché erano premiate per ogni prigioniero morto.
Crudeltà quotidiane
Ha rivissuto le impiccagioni nella piazza dell’appello, <la più grande una sera con 3 patiboli. Erano detenuti che avevano cercato di scappare. Prima di morire urlavano “Onore e gloria alla Germania libera, siamo gli ultimi resistete”> o se comunisti <“Onore e gloria a Stalin”>. <L’ultima nell’ottobre 1944 .. c’era un cappio solo .. venne letto il verdetto ..un 16enne di Salonicco giustiziato perché durante un allarme antiaereo aveva rubato un tozzo di pane. La sua ultima parola fu una che c’è in tante lingue “Mamma”. Tutti rientrammo nel blocco senza dire nulla; non lo dimenticherò mai> ha soggiunto. Ed il silenzio fa rumore anche nell’aula di Detmold. Le crudeltà erano quotidiane ad Auschwitz, e Sonder non ha mancato di ricordare l’assurdo sadismo a cui i deportati erano costretti per il mero divertimento dei loro aguzzini: svegliati di notte e fatti saltellare come lepri a comando, oppure fradici fatti rotolare in una pozzanghera fino a prosciugarla con i propri stracci indosso.
Erna de Vries nel lager per non lasciare la madre
La signora Erna de Vries è stata la terza a sedere al banco dei testimoni. Ha rievocato di come a 19 anni finì ad Auschwitz perché non seppe lasciare la madre vedova. La accompagnò fino a Saarbrücken e qui la Gestapo le disse <la mamma va ad Auschwitz, vuole andarci anche lei?>. Erano le uniche ebree in un trasporto di un’ottantina di detenute ed anche se non viaggiarono in un carro bestiame, il treno aveva comunque le porte sigillate e le finestre sbarrate con assi di legno, attraverso cui tuttavia di tanto in tanto riuscirono ad avere dell’acqua. Dopo l’arrivo un numero tatuato sul braccio ed il tuffo nella follia concentrazionaria. <Auschwitz era perennemente strilli e percosse> .. <al mattino un bicchiere di erba cotta> .. <poi in marcia per mezzo chilometro nell’Arbeitskommando> ha raccontato. Assistette inerme mentre la madre venne percossa senza ragione di fronte a lei, <per me fu terribile>.
Muselmamentum
Afflitta da reumatismi ed infezioni purulente alle gambe, allo stremo, non ce la fece più a superare una selezione. L’esame sommario in cui si sfilava nudi tenendo i vestiti sopra il capo ed i nazisti decidevano se si poteva ancora essere uno schiavo utile al Terzo Reich o si era un pezzo da rottamare. Finì nel blocco 25, quello delle predestinate alle camere a gas. Era sovraffollato, la luce sempre accesa, le latrine aperte. Le sono tornate in mente le montagne di cadaveri nudi cosparsi di materiale infiammabile per essere bruciati, perché i crematori a Birkenau non ce la facevano più a smaltirli. Un’esitazione nella voce. <Sta andando molto bene> la ha incoraggiata a continuare la presidentessa del collegio giudicante. E la Signora de Vries ha continuato a narrare: ad un attimo dalla morte voleva vedere il sole un’ultima volta, scrutò fuori e si mise a pregare, finché una SS improvvisamente non la distolse chiamando il suo numero. <Hai più fortuna che cervello> le disse portandola via. Doveva raccogliere 85 donne meticce di primo grado, cioè con un genitore ariano come lei, per trasferirle a Ravensbruck in ossequio all’editto di Himmler volto ad assicurare più braccia all’industria tedesca. Così divenne una lavoratrice coatta per la Siemens. Le riuscì di rivedere un’ultima volta la madre, <fu felice che potessi andarmene da Auschwitz perché era un campo di annientamento .. mi disse sopravvivrai e racconterai ciò che ci è stato fatto … sapevamo che non ci saremmo più riviste, fu uno dei giorni peggiori della mia vita>.
Il calendario: 6 nuovi testimoni
Il processo è scadenzato in altre 10 udienze sino a metà maggio, di durata di non oltre 2 ore ciascuna. Questa settimana il Tribunale programma di ascoltare altri sopravvissuti: i signori Max Eisen, Irene Weiss, William Glied, Mordechai Eldar e Judith Kalman (3 vengono dal Canada, 1 dagli USA ed 1 da Israele) ed il commissario della polizia criminale Willms che ha ascoltato l’imputato in fase di indagini. La Corte dovrà poi decidere sull’opposizione già avanzata dalla difesa all’uso del verbale di interrogatorio di Hanning, in cui questi ha ammesso di essere stato in servizio ad Auschwitz I. La risoluzione potrebbe peraltro essere superata se si addivenisse prima alla lettura della dichiarazione dell’imputato.
Giudizio di più larga portata contro un guardiano di Auschwitz
Nel processo contro l’ex SS la chiamata in correo per Auschwitz è molto vasta e nel pieno segno del dibattimento contro Mulka ed altri 21 funzionari nazisti del dicembre 1963 a Francoforte, istruito dall’allora procuratore generale dell’Assia Fritz Bauer. Quest’ultimo però fu pur sempre vincolato a dar prova di singoli crimini. L’accusa ad Hanning invece è di aver favorito tutte le modalità di omicidio nel lager nazista, dal gas alla denutrizione sistematica, già solo per aver servito per un anno e mezzo come guardia del campo. Questa costruzione è divenuta possibile solo dopo la sentenza pronunciata dal tribunale di Monaco avverso John Demjanjuk nel maggio 2011. Ma in questo caso si va ancora oltre, perché non ci si limita solo strettamente al campo di annientamento di Birkenau, bensì si abbraccia tutta la fabbrica di morte di Auschwitz.
Il prossimo processo all’ex sanitario SS Hubert Ernst Zafke (95 anni) che si dovrebbe aprire -ma è in forse- il 28 febbraio è di minor respiro riferendosi ad un unico mese (chiamata in correo in almeno 3.681 omicidi). Così pure più definite sono le accuse contro l’ex SS Ernst Tremmel (93 anni), che sarà processato ad Hanau a partire dal 13 aprile, relative solo a 3 convogli di deportati (chiamata in correo in almeno 1.075 assassinii) ancorché venga abbracciato un periodo di 7 mesi di servizio nel lager. Un processo con udienze che, per l’età dell’imputato, non potranno comunque durare più di 4 ore. Di più ampia portata potrebbe essere un quarto rinvio a giudizio con l’accusa di concorso in almeno 260.000 omicidi depositato a Kiel, nei confronti dell’ex telegrafista per le SS Helma M. K. (si omette volutamente il cognome della 92 enne perché il processo non è ancora aperto). Le accuse, riferite anche a trasporti di deportati da Trieste, coprono però solo un periodo di 4 mesi. Stante le condizioni della accusata è comunque molto improbabile che il processo le possa essere fatto. Una perizia ha indicato in un massimo di un’ora alla volta il limite per un ipotetico dibattimento.
In futuro toccherà ai testimoni dei testimoni
Per Justin Sonder, che per 20 anni dopo la guerra non aveva mai saputo dire ciò che aveva vissuto ad Auschwitz, non è stato tanto difficile venerdì scorso parlare in presenza di uno dei suoi ex aguzzini, quanto invece il ripercorrere le atrocità di 74 anni fa. Come molti dei pochi sopravvissuti ancora in vita, si reca però 2 o 3 volte alla settimana a parlare nelle scuole. Ad una giornalista che gli ha chiesto cosa crede succederà quando non ci saranno più i testimoni a dare voce ai morti di Auschwitz risponde <allora dovranno essere i testimoni dei testimoni ad avere il coraggio di narrare>. I quotidiani nazionali italiani tuttavia di questo processo per ora han parlato poco, senza grande risalto e pressoché tutti solo in base a succinte notizie di agenzia.
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