Giustizia

Neonazisti, la Germania sbaglia e poi ci mette un coperchio sopra

12 Novembre 2016

Il 4 novembre 2011 il pubblico tedesco fu scosso dalla notizia dell’esistenza del gruppo neonazista che aveva commesso omicidi, attentati e rapine per oltre dieci anni indisturbato Nationalsozialistischer Untergrund, Clandestinità Nazionalsocialista (infra NSU). Emerse con il ritrovamento dei cadaveri dei neonazisti ricercati da oltre dieci anni Uwe Mundlos ed Uwe Böhnahardt in un camper incendiato ad Eisenach e l’esplosione dell’ultimo covo a Zwickau in cui vivevano con la loro compagna di fuga Beate Zschäpe che si costituì dopo 4 giorni. L’11 novembre 2011 un funzionario dei servizi di sicurezza nazionali, nome in codice Lothar Lingen, distrusse tutti gli incartamenti di 7 informatori legati al gruppo. Quando emerse, lo scandalo fu tale che l’allora Presidente del Bundesamt für Verfassungsschutz Heinz Fromm e quello del Landesamt für Verfassungsschutz della Turingia Thomas Sippel rassegnarono le dimissioni. La sistematica distruzione degli atti venne battezzata dalla stampa Operation Konfetti, letteralmente Operazione Coriandoli.

Occultamento di prove in buona fede, ma non troppo
Lingen disse di aver agito in buona fede: erano incartamenti vecchi e si doveva fare spazio per il normale avvicendamento negli archivi. La sua versione vacillò però quando nell’ottobre 2014 fu interrogato dalla Procura Generale. “Gli atti distrutti non possono più essere controllati” dovette in qualche modo aver ammesso. I contenuti di questo interrogatorio non vennero però subito messi in luce nel corso dell’attuale processo per i crimini dello NSU a Monaco di Baviera contro Beate Zschäpe e 4 fiancheggiatori. Allorché le parti civili nell’agosto 2015 chiesero la convocazione di Lothar Lingen i rappresentanti della Procura Generale, che non volevano che la materia processuale si ampliasse a dismisura e presumibilmente intendevano anche proteggere lo Stato da ulteriore fonte di imbarazzo, rigettarono la richiesta. Affermarono che non ci fosse alcuna evidenza che gli atti erano stati triturati miratamente e che la tesi che fosse stato così era campata in aria.
Interrogato però il 29 settembre 2016 dalla Commissione Parlamentare di Inchiesta Federale sullo NSU Lothar Lingen dichiarò: “Già il 10/11 novembre 2011 mi fu assolutamente chiaro che l’opinione pubblica si sarebbe interessata alle fonti dei servizi in Turingia. La sola mera enunciazione del numero delle fonti, 8, 9 o 10 contatti, avrebbe portato alla domanda: per quale ragione i funzionari dei servizi non erano informati delle attività terroristiche dei tre? La nuda cifra avrebbe indicato che sapessimo cosa accadeva, cosa che però non era vera. Ed allora ho pensato che se l’aspetto quantitativo, cioè il numero delle nostre fonti nel Thüringer Heimatschutz (il gruppo neonazista incubatore dello NSU) ed in Turingia non fosse stata nota, anche la domanda del perché i servizi di sicurezza costituzionale non sapessero non sarebbe affatto emersa”.

Denuncia
Per Elif e Gamze Kubaşik, vedova e figlia, del ristoratore Mehmet Kubaşik che fu l’ottava vittima uccisa dallo NSU a Dortmund il 4 aprile 2006 e per i loro legali, è una controprova della mancanza di voler fare piena chiarezza da parte della autorità che rafforza il sospetto che si potessero fermare i neonazisti fuggiaschi prima della scia di omicidi, attentati e rapine.
Il 5 ottobre 2016 gli avvocati Sebastian Scharmer, Antonia von der Behrens, Carsten Ilius e Peer Stolle hanno denunciato penalmente Lothar Lingen ed altri suoi colleghi non ancora identificati ipotizzando i reati di intralcio alla giustizia, soppressione di atti e violazione degli obblighi di custodia.

Non luogo a procedere
Il Pubblico Ministero Capo di Colonia Willuhn in appena 3 giorni ha però deciso il non luogo a procedere per mancanza di validi motivi iniziali di sospetto.
Lothar Lingen aveva confessato pubblicamente di avere scientemente cercato i documenti e di averli triturati per salvaguardare la sua amministrazione da domande imbarazzanti, ma per il Procuratore Willuhn il collaboratore del Verfassungsschutz “nel momento in cui ha agito aveva ragione di considerare la distruzione degli atti come confacente alle regole interne all’ufficio sulla conservazione dei documenti”. Determinante poi per il Procuratore che comunque in breve tempo, con la mezzanotte di oggi, eventuali reati cadono in prescrizione. Incurante del fatto che la prescrizione sarebbe interrotta se venissero avviate indagini.

Ricorso
I legali della famiglia Kubaşik hanno presentato ricorso alla Procura Generale di Colonia e lo stesso, da dichiarazioni all’emittente MdR, risulta aver fatto anche la Presidentessa della Commissione di Inchiesta Parlamentare sullo NSU della Turingia Dorothea Marx (SPD). Quest’ultima anzi ha dichiarato all’emittente di voler presentare denuncia contro il Procuratore perché non procedendo sarebbe venuto meno ad un dovere d’ufficio.
Gamze Kubaşik ha dichiarato: “Sono veramente sconvolta. La nostra famiglia dopo l’assassinio di mio padre è stata posta per 5 anni dagli inquirenti del Nord Reno Vestfalia al centro delle indagini. Tutte le nostre indicazioni verso responsabilità di neonazisti ignorate. Del tutto a torto, come dal 2011 la Procura e la Polizia hanno dovuto riconoscere. Adesso proprio in Nord Reno Vestfalia sembra che chi ha distrutto gli atti per difendere da domande scomode il Verfassungsschutz e lo abbia persino ammesso se la cavi. È questa la chiarezza a tutto campo che ci è stata promessa?”.

Prassi
L’azione di distruzione degli atti attuata da Lothar Lingen d’altronde era pienamente in linea con la politica del Verfassungsschutz di non rivelare mai le proprie fonti reclutate tra i neonazisti e di difenderle strenuamente. Basti pensare che il capo del Thüringer Heimatschutz Tino Brandt, un informatore di punta per parecchi anni, è uscito indenne da 35 procedimenti penali prima di essere condannato per 66 casi di pedofilia nel dicembre 2014.
L’uso di V-Männer aveva già portato nel 2003 alla bocciatura della prima procedura di messa al bando del Partito Neonazista NPD. Secondo informazioni dell’agenzia AP, la Corte Costituzionale deciderà sull’istanza ripresentata nel 2013 dal Bundesrat con un nuovo verdetto il 17 gennaio 2017.

Divieto di doppia morale
L’opportunità che ne scaturisca un segnale deciso contro le organizzazioni neonaziste è ribadita da episodi come quello denunciato dalla Jüdische Allgemeine Zeitung della pubblicazione il 9 novembre su Facebook, in concomitanza col 78° anniversario della notte dei cristalli, di una lista di circa 70 indirizzi di istituzioni ebraiche – asili, scuole, sinagoghe – accompagnata dalla frase “oggi è un giorno così bello” da parte della formazione Freien Kräfte Berlin-Neukölln (FKBN). Così come, per quanto riguarda più specificamente l’Italia, dal raduno internazionale neonazista, preannunciato sempre via Facebook, per il 19 novembre a Milano, da Hammerskin Nation e Blood & Honour. Organizzazione quest’ultima espressamente vietata in Germania e Spagna e già perseguita anche in Belgio, che ha fiancheggiato lo NSU.
La Germania perde credibilità però nel perseguire chi attenta così apertamente ai suoi valori costituzionali, se avvalora l’impressione di voler mettere semplicemente un coperchio sopra i propri errori.

 

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