Giustizia

Denise Pipitone, oggi prima seduta della Commissione parlamentare d’inchiesta

2 Dicembre 2021

Perché le indagini sulla sua scomparsa sono costellate di depistaggi, segreti, omissioni, sensazionalismi, false piste, connivenze e opacità?

 

Il 24 maggio scorso, da parte dei deputati Morani, Miceli, Baldino, Barbuto, Buratti, Campana, Cancelleri, Cardinale, Ciampi, De Filippo, De Luca, Di Giorgi, Fragomeli, Frate, Labriola, Lapia, Lombardo, Gavino Manca, Milanato, Morassut, Morgoni, Morrone, Mura, Pezzopane, Polverini, Rossi, Rotta, Sandra Savino, Scutellà, Spessotto e Verini è stata presentata la richiesta d’istituzione dellaa “Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Denise Pipitone”. Oggi, 2 dicembre, si terrà la prima seduta.

Ma che fine ha fatto Denise Pipitone? Perché le indagini sulla sua scomparsa sono costellate di depistaggi, segreti, omissioni, sensazionalismi, false piste, connivenze e opacità?

Cerchiamo di fare il punto di questa lunga storia.

Era il 1° settembre 2004 quando una bambina, Denise Pipitone sfuggì al controllo della nonna mentre giocava con i suoi cuginetti. Denise fu vista per l’ultima volta intorno alle ore 11:45 da una zia, mentre camminava sul marciapiede in strada. Da quel momento se ne è persa ogni traccia anche perché, come spesso succede nelle “storie siciliane”, nessuno ha visto niente e nessuno ha sentito nulla.La madre, Piera Maggio, dette l’allarme della scomparsa alle Forze dell’ordine nella stessa giornata.

Subito il primo “colpo di scena”, primo perché nella storia della scomparsa di Denise, i “colpi di scena” si sono susseguiti negli anni.

Piera Maggio, nell’informare gli investigatori in merito a tutti gli elementi che potessero riguardare la piccola Denise al fine di facilitare il suo ritrovamento, dichiarò che Denise non era figlia del marito, Antonino Pipitone, seppur riconosciuta legalmente, ma che fosse, invece, nata da una relazione extra-coniugale tra lei e Piero Pulizzi. Non solo. Informò anche che, della reale paternità, ne fossero a conoscenza anche l’ex moglie di Pulizzi, Anna Corona e le due figlie Jessica e Alice. Questa rivelazione, inevitabilmente, indirizzò le indagini sulla cosiddetta “pista familiare”, anche a causa di diversi episodi, denunciati dalla Maggi, di intimidazione e danneggiamento perpetrati nei suoi confronti. Sia Antonino Pipitone sia Piero Pulizzi vennero subito esclusi dalle indagini in quanto risultava che fossero entrambi al lavoro. Mentre di Denise non comparve più nessuna traccia, a distanza di anni, le indagini portarono a un processo che vide, come unica imputata, la sorellastra di Denise, Jessica Pulizzi, al tempo minorenne, accusata di avere rapito la bambina con la complicità della madre Anna Corona e dell’ex fidanzato Gaspare Ghaleb, per motivi legati a «vendetta e gelosia perché figlie dello stesso padre». La moglie del padre naturale di Denise, Anna Corona, fu invece indagata in un secondo filone d’indagine per sequestro di minorenne, indagine archiviata dal giudice per l’udienza preliminare di Marsala nel dicembre 2013. Jessica Pulizzi, accusata di concorso in sequestro di minorenne, fu rinviata a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare di Marsala il 18 gennaio 2010. Il processo di primo grado nei confronti di Jessica Pulizzi ebbe inizio il 16 marzo 2010 e durò tre anni. La procura di Marsala chiese la condanna a quindici anni di reclusione per sequestro di minore, ritenendola «colpevole senza alcun dubbio» a causa di una serie di indizi chiari, univoci e convergenti. Secondo l’accusa, quella mattina del 1° settembre 2004, la Jessica Pulizzi avrebbe preso Denise e l’avrebbe condotta a casa del padre, Piero Pulizzi, per avere la conferma che fosse sua figlia. Ma il padre, come verificato dalle Forze dell’Ordine era al lavoro e Jessica non lo trovò in casa e decise di consegnare la bambina a persone che non furono mai identificate. Nel 2019 la Cassazione nel 2019 confermò l’assoluzione nei due gradi di giudizio, sentenza che fu pronunciata dal tribunale di Marsala e dalla corte d’appello di Palermo. Il reato di cui era imputatato Gaspare Chaleb, allora fidanzato di Jessica fu dichiarato invece estinto a seguito dell’intervenuta prescrizione.

Negli anni tesi e antitesi, segnalazioni sempre rivelatesi non vere e “colpi di scena” si sono susseguiti, ma mai come nel 2021 nuovi elementi, che spetterà alla magistratura valutare, hanno trovato spazio sia nei giornali sia nelle trasmissioni televisive.

L’ultima segnalazione, in ordine di tempo ma che risulterà essere l’ennesima spettacolarizzazione della tragedia, diffusasi grazie alla platea di “Chi l’ha visto”, il programma in onda su Rai3 che la ha servita su un piatto d’argento, fu quella rivelata durante la puntata andata in onda il 31 marzo 2021 da un’infermiera russa residente in Italia che dichiarò di aver notato una forte somiglianza tra la piccola Denise e una ragazza oggi ventenne di origine russa, tale Olesya Rostova, nome assegnatole nell’orfanotrofio che l’aveva ospitata da bambina, essendo sconosciuti i genitori. Tale segnalazione, non per conoscenza diretta della Rostova, prendeva lo spunto da una trasmissione televisiva «Pust’ govoryat», letteralmente «Lasciali parlare», andato in onda sul canale televisivo russo “Pervyj kanal”, cui la Rostova aveva partecipato cercando la madre naturale. Alla successiva messa in onda del programma, il successivo 7 aprile 2021, partecipò l’avvocato della madre di Denise, al quale, però, fu comunicato in forma privata che il gruppo sanguigno di Olesya Rostova non essere compatibile con quello di Denise.

Ancora una volta un mancato scoop ma, soprattutto, nessuna traccia di Denise Pipitone.

Successivamente, nel corso di “Ore14”, programma facente parte del palinsesto di Rai 2, per la prima volta, il pubblico ministero titolare delle indagini fino al 2005, la dottoressa Maria Angioni, ha rilasciato dichiarazioni pubbliche importanti in merito alle modalità con cui sarebbero state condotte le indagini sulla scomparsa di Denise Pipitone, dichiarazioni che risulterebbero confermate anche dall’allora procuratore capo di Marsala, dottor Alberto Di Pisa. Entrambi si sarebbero detti certi del coinvolgimento e delle responsabilità della famiglia Corona nel rapimento di Denise, responsabilità però mai provate a causa di quelle che entrambi definiscono «carenze nelle indagini» oltre a «numerosi e costanti depistaggi». Ricordiamo, ad esempio, la mancata perquisizione della casa di Anna Corona nell’immediatezza della scomparsa della bambina, al fatto che il maresciallo dei carabinieri incaricato di effettuare il sopralluogo sarebbe stato depistato dalla stessa Corona la quale, invece di accoglierlo nella sua abitazione, lo introdusse in quella della sua vicina di casa in modo da indurre in errore il carabiniere. Nel corso del processo emerse, inoltre, che la migliore amica di Anna Corona fosse legata sentimentalmente al dirigente del commissariato di Mazara del Vallo allora incaricato delle indagini, un rapporto che potrebbe avere favorito la Corona, la quale smise, ad esempio, di usare il suo telefono cellulare, passando da migliaia di messaggi e telefonate effettuati nel suo ambito familiare ad un pressoché totale silenzio.

A questo si aggiunge che, sempre secondo i magistrati, gli strumenti per le intercettazioni ambientali sarebbero stati installati in modo tale da favorire il loro immediato ritrovamento: sarebbe stato questo, ad esempio, il caso del teste Della Chiave, che scoprì il dispositivo nella sua camera a poche ore dall’installazione, e, ancora, il caso del commissariato di Mazara del Vallo, dove lo strumento sarebbe stato installato all’interno di un vecchio condizionatore che, acceso, lo rendeva di fatto inutilizzabile.

Si tratta dell’intercettazione ambientale di una conversazione avvenuta al commissariato di polizia di Mazara l’11 settembre del 2004, pochi giorni dopo la scomparsa della bambina in cui si sente Jessica che parla prima con l’ex fidanzato Gaspare Ghaleb e successivamente con la madre, Anna Corona. Al Ghaleb la sorellastra Jessica disse: “Nun ci lu ricu dunni la misi” (trad.:“Non glielo dico dove l’ho messa”) mentre alla madre sussurra “Ma ‘a picciridda asciddrico” (trad.:“Ma la bambina è scivolata”). Questo quanto trascritto dal perito fonico trascrittore Fulvio Schimmenti ma che, nella trascrizione effettuata da Roberto Genovese, consulente del Tribunale, al posto dei passaggi citati veniva riportato la dicitura “incomprensibile”. Schimmenti ha inoltre dichiarato anche che, da questa intercettazione, si evince come Jessica Pulizzi si fosse accorta, a un certo punto, del microfono e, infine, ha fatto riferimento a una circostanza anomala constatata nel riascoltare le tracce dell’intercettazione: «Nel riascoltarle a distanza di tempo non sono riuscito più a sentire quello che avevo sentito prima. Quelle tracce era come se non fossero state salvate con il filtraggio, come se fossero gli originali».

Nel tempo, inoltre, si ritenne che, a Mazara del Vallo, molti temerebbero la famiglia Corona. Nel corso di una puntata di “Chi l’ha visto”, andata in onda lo scorso aprile, un testimone con il volto coperto ha detto di conoscere i nomi degli “amici” di Claudio Corona, fratello di Anna. Tra questi comparirebbe anche quello di Fabrizio Messina Denaro, detto “Elio”, oggi in regime di sorveglianza speciale. Uno dei fratelli di Anna Corona, secondo il racconto, si chiamava Giulio ed era un personaggio molto particolare che fu ucciso nel 1995. Faceva il buttafuori in alcuni locali notturni di Mazara del Vallo e di altri locali del trapanese. Giulio Corona avrebbe preso di mira un ragazzo che veniva spesso picchiato e che lui non faceva entrare nei locali. Una sera, in cui gli negò ancora una volta l’accesso al locale, nacque una colluttazione e, ovviamente, il ragazzo ebbe la peggio tornando nuovamente a casa con costole rotte, una spalla lesa e gli occhi gonfi a seguito del pestaggio. Il padre avrebbe preso un fucile da caccia di sua proprietà, posseduto regolarmente, andò a cercare Giulio e, una volta trovato, lo avrebbe ucciso. A confermare queste circostanze, ci sarebbe anche una donna informata sui fatti. A proposito invece di Claudio, l’altro fratello di Anna Corona, ha dichiarato che «lo sanno tutti dei suoi traffici, delle sue attività che passavano dallo spaccio di stupefacenti, sia leggeri che pesanti. Aveva il rispetto e la frequentazione con personaggi malavitosi di un certo calibro. A parecchi incontri con questi malavitosi c’ero anche io. Loro avevano in mezzo a delle campagne tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, nella parte interna, un vecchio casolare dove tenevano i trattori e loro potevano visionare se arrivavano macchine o polizia» e ancora che «Claudio Corona incontrava Fabrizio Messina Denaro detto “Elio”, appartenente a una famiglia importante di Alcamo, ma anche Pino Burzotta e Vito Gondola» e che «C’erano armi, tra cui mitra e pistole Beretta in dotazione della polizia, quindi non so chi le prendesse per lui. C’erano armi da taglio, sciabole giapponesi, machete di quelli tosti, veramente seri e un teaser». L’uomo ha inoltre raccontato che spesso lo accompagnava al commissariato nel quale «stava anche più di mezz’ora. Io rimanevo fuori ad aspettarlo». Singolare, sempre nel racconto dell’uomo, la circostanza che viene riportata «Quando noi venivamo fermati, appena vedevano che c’era Claudio Corona, ci restituivano i documenti e ci dicevano “tutto a posto, potete andare via”. Aveva anche (il Corona, ndr.) un apparecchio che segnalava se c’erano cimici, telecamere o microfoni all’interno di qualche abitazione o se era stato messo qualcosa nelle macchine o nel giardino. Camminava sempre con quell’affare in mano”. Claudio Corona nel 2012 fu arrestato nell’operazione “Tonno Bianco” legata al traffico di sostanze stupefacenti quali eroina, cocaina, marijuana. Per quanto riguarda, invece, le sue supposte frequentazioni, si ricorda che Pino Burzotta, arrestato più volte per diversi reati e associazione mafiosa, fu sempre assolto e morì nel 2020 mentre Vito Gondola, arrestato e condannato per mafia, morì nel 2017. È ancora in vita invece Fabrizio Messina Denaro, arrestato e condannato, che oggi è in regime di sorveglianza speciale. Sempre Fabrizio, detto “Elio” sembra fosse presente al summit del 14 febbraio 2019 con Antonello Nicosia e Giuseppe Fontana, detto “Rocky”, uomo legato al latitante Matteo Messina Denaro da un’amicizia nata fin da quando erano bambini. Il Fontana consentiva al clan l’importazione dall’estero di mitragliatrici Kalashnikov e Uzi. Riferendosi al boss ricercato, “Elio” disse durante la riunione intercettata dal Ros: «Ma l’amico vostro a Castelvetrano è? A lui non gli si deve dire? A lui si deve dare il giusto». Si trattava di un incontro organizzato per discutere di un’estorsione difficile da riscuotere. Fontana si recò a Porto Empedocle per chiedere al Messina perché una parte di quel denaro dovesse essere consegnata a un importante mafioso di Castelvetrano. Si tratterebbe, secondo gli inquirenti, proprio del superlatitante Matteo Messina Denaro.

Ma davvero il sequestro di Denise Pipitone fu organizzato dalla mafia? E perché? Per mandare un messaggio a qualcuno? «Sì» – ha dichiarato la dottoressa Angioni nella puntata di Ore 14 andata in onda nel mese di aprile su Rai2. «Secondo me è stata fatta una punizione a una donna, Piera Maggio, e alcune persone non ritengono che sia molto brutto quanto successo ma penso che ritengano che sia giusto che Piera Maggio sia stata in qualche modo punita», ha aggiunto. Il riferimento sarebbe alla sua relazione extraconiugale. «Alcune delle famiglie coinvolte in questa vicenda hanno contatti, familiari e altro con personaggi della mafia», ha spiegato ancora la pm. «Io ho trasmesso alcune informazioni alla Dda poi quello che sia successo non ho idea». La sua idea è che ci sia una vendetta, che non consiste necessariamente nell’uccisione della bambina ma nel portarla via per sempre facendola sparire.  Anche in merito alla vettura sulla quale Denise potrebbe essere stata portata via, la dottoressa Angioni ha commentato: «A Mazzara c’erano dei professionisti che portano via Denise, erano di alti livelli, un livello inusuale. Io ho chiesto aiuto alla Dda di Palermo. Io non posso dire tanto, non era il contesto normale, era pesante, ho sempre detto che era un gioco pesante».

Poco tempo dopo arriva un ulteriore rivelazione da parte di Maria Angioni che, durante la diretta di “Storie Italiane”, ritenne di aver dato una svolta inaspettata al caso di Denise Pipitone dichiarando «Ho trovato la ragazza: è viva, ha una figlia ed è stata adottata da una famiglia benestante». L’ex magistrata si è dichiarata informata sui fatti e ha rivelato dei dettagli inediti sulla storia di Denise dopo il rapimento: «L’abbiamo trovata in un contesto molto sereno e internazionale. Non c’è una violazione del segreto perché è una mia ricostruzione». Seconda la Angioni, Denise Pipitone sarebbe viva, sta bene ma non ricorda nulla del suo passato. La ex pm, secondo quanto dichiarato, conoscerebbe l’attuale identità della bambina scomparsa e saprebbe anche dove si trova e con chi ma la ragazza avrebbe perso ogni ricordo e vivrebbe una ”nuova vita” con la sua famiglia adottiva. Purtroppo, però, la segnalazione di Maria Angioni sul ritrovamento di Denise Pipitone in Tunisia si è rivelata infondata: Milo Infante, conduttore di “Ore14”, che sin da subito aveva mostrato i suoi dubbi, ha rivelato che la ragazza della foto non è la bambina scomparsa ma una cugina di Gaspare Ghaleb, l’ex fidanzato di Jessica Pulizzi.

Nello scorso mese di novembre, il 17, Fedrica Sciarelli, in una puntata di “Chi l’ha visto”, dopo aver ripercorso la storia della scomparsa di Denise, ha proposto alcune intercettazioni ambientali rimaste finora inedite che potrebbero avere qualcosa a che fare con la misteriosa sparizione della bambina. Nella ricostruzione spuntano alcuni nomi, quello di un tale Luigi, un certo Giuseppe, un uomo chiamato Asparino e un “vecchio innominabile”. A quest’ultimo fa riferimento anche Anna Corona con la madre Antonietta Lo Cicero. Nell’audio si sente l’anziana domandare alla figlia «Cosa ti ha detto il Vecchio», ma Anna decisa l’ammonisce sottolineando che deve rimanere “innominabile”: «Lui non esiste, non deve esistere». In un’altra intercettazione, invece, Antonietta Lo Cicero, ha affermato: «A li voti pensu ca Luigi s’ha purtau» (trad.: “se l’è portata”, ndr.). Non è chiaro di chi stessero parlando e, inevitabilmente, ci si domanda se stessero ripensando a Denise. A proposito, invece, di Asparino, essendo il diminutivo del nome Gaspare, si era pensato potesse trattarsi di Gaspare Ghaleb, l’ex fidanzato di Jessica Pulizzi. Il nome di Giuseppe, invece, è stato fatto il 25 maggio scorso quando, in dialetto siciliano, Anna ha detto alla figlia Alice «Vuoi sapere chi è stato quella volta? Siamo stati io e Giuseppe».

A tutto questo si aggiunge un’inquietante rivelazione arrivata nel corso della puntata del 22 novembre di Ore14. Durante la trasmissione di Rai2 condotta da Milo Infante è intervenuto Angelo Maria Perrino, direttore di “Affari Italiani”, che ha dato la sua versione dei fatti sul rapimento di Denise: «Secondo una nostra fonte romana, la chiave di questo giallo sta nelle intercettazioni, che però non si vogliono rendere pubbliche perché sarebbero compromettenti per alcuni personaggi noti, magistrati e politici». Questa dichiarazione potrebbe ricollegarsi con quanto detto dalla dottoressa Angioni, ossia che, nei primi mesi del 2005, anche i servizi segreti s’interessarono del caso e cominciarono a investigare.

Intanto, lo scorso 4 settembre, i pm Piscitello e Rana avevano presentato una istanza di archiviazione nei confronti di Allegrini, Della Chiave, Corona e Erba ma la gip di Marsala Sara Quittino si è riservata di decidere. La richiesta era stata avanzata dalla Procura di Marsala dopo che in primavera erano state riaperte le indagini riguardanti quattro persone: Anna Corona e Giuseppe Della Chiave, accusati del rapimento della piccola, e due coniugi romani, Antonella Allegrini e Paolo Erba, indagati per false informazioni al pubblico ministero. La richiesta di archiviazione per Erba e Allegrini ha fatto seguito alla loro ammissione di aver mentito fornendo falsi elementi sul coinvolgimento della Corona nel caso. Per gli altri due indagati, invece, secondo la Procura, non sarebbero emersi elementi tali da sostenere l’accusa in giudizio.

Dopo la riapertura del caso la Procura aveva inoltre saputo della presenza di due testimoni, Erba e Allegrini, marito e moglie, che avevano raccontato di aver visto, il giorno della scomparsa, la bambina nell’ hotel di Mazara in cui lavorava Anna Corona. I riscontri sulle carte di credito dei due hanno invece dimostrato che nei giorni della scomparsa di Denise erano a Roma. A tirare in ballo Della Chiave, già indagato e archiviato, era stata l’ex pm Anna Maria Angioni, che si era occupata del caso in origine e che aveva comunicato ai pm di aver appreso dell’esistenza di una testimone che aveva detto di aver visto l’uomo in motorino con la moglie e la piccola Denise. Dichiarazione che avrebbe confermato le accuse a cui rivolte dallo zio in passato. Anche questa testimonianza, però, si è rivelata falsa.

Il 23 dicembre infine si aprirà il processo all’ex pm Angioni che, dopo rivelazioni sensazionali su depistaggi delle indagini, si ritrova indagata per false informazioni a pm. Lo ha deciso la Procura di Marsala che ha disposto la citazione a giudizio del magistrato davanti al Tribunale in composizione monocratica. L’ex pm era stata sentita dalla Procura di Marsala a sommarie informazioni, quindi come testimone, dopo aver rilevato tentativi di depistaggio dell’inchiesta condotta 17 anni fa sulla scomparsa della bambina, connivenze di forze dell’ordine con i rapitori e falle gravissime negli accertamenti svolti. Convocata dalla Procura aveva confermato le accuse lanciate in tv. Ma le circostanze riferite dall’ex pm, su cui i colleghi marsalesi hanno per settimane indagato, non hanno trovato alcun riscontro. Da qui l’incriminazione per false dichiarazioni a pubblico ministero a cui è seguita una nuova convocazione in Procura, stavolta, in veste di indagata, con un avviso di garanzia. La Angioni aveva chiesto di essere risentita dalla Procura di Marsala, ma non si è poi presentata. L’ex pm all’inizio di luglio ha reso noto di avere “depositato due denunce per reati gravi, in relazione a tutto quanto avvenuto circa la mia posizione processuale”.

Oramai la verità sulla scomparsa di Denise Pipitone ha più le sembianze di una “storia infinita”. Troppe verità mistificate e taciute e, forse, troppi interessi, anche personali in gioco a Mazara del Vallo, graziosa città posta alla foce del fiume Mazaro sulla costa occidentale della Sicilia, importante centro marinaro, sede di uno dei più rilevanti porti pescherecci italiani. Quella Mazara del Vallo in cui mafia e massoneria si sono intrecciate nelle sue sale oscure e in cui nulla è come sembra, compresa la scomparsa di Denise.

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