Giustizia
Crocetta, l’Espresso e certi strani inviti a pubblicare l’intercettazione
«Lunedì 13 luglio, alla vigilia della pubblicazione del settimanale, Messina e Zoppi incontrano un autorevole inquirente a cui sottopongono parola per parola il testo dell’intercettazione tra Tutino e Crocetta. Ricevono una conferma totale e chiara, assieme all’invito a procedere con la pubblicazione: “Questa volta si va fino in fondo”». Con questa nuova rivelazione all’Espresso probabilmente immaginavano di rafforzare la propria versione dei fatti nella storia della presunta intercettazione che avrebbe visto silenzioso – e per questo condannabile – Rosario Crocetta. E invece queste parole appaiono davvero inquietanti, soprattutto quelle che proverrebbero da un «autorevole inquirente». E, anzi: sono forse la parte più inquietante di tutta questa storia, esclusa naturalmente la conversazione tra Tutino e Crocetta, sempre che però quella conversazione sia mai avvenuta. Sia chiaro, di fronte a una notizia – ma che sia una notizia, però – un cronista fa bene a pubblicare, e anzi: deve pubblicare, e non c’è niente altro da dire. Punto. E, però, un momento: in che senso «Questa volta si va fino in fondo»? Significa che altre volte qualcuno – i magistrati? Oppure: altri magistrati? – si erano tirati indietro? E in che senso questo autorevole magistrato avrebbe invitato a procedere alla pubblicazione? E perché?
La frase pronunciata da questo «autorevole inquirente» è contenuta all’interno di una nota apparsa sul sito dell’Espresso e datata 23 luglio. In questa nota si ricostruisce l’intera vicenda dal punto di vista del settimanale. Si spiega che quella intercettazione sarebbe stata ascoltata dai cronisti nel maggio del 2014 e si sostiene che in tutti questi mesi – oltre un anno – a quella intercettazione non sarebbe mai stato fatto cenno sulle pagine del settimanale per non danneggiare l’inchiesta. Poi, dopo l’arresto di Tutino e le dimissioni di Lucia Borsellino, «la stessa fonte contatta Piero Messina e gli ricorda la vicenda dell’intercettazione. Gli scandisce parola per parola la frase di Tutino: “Lucia Borsellino va fatta fuori. Come il padre”». La notizia ancora oggi appare come impossibile da confermare e in ogni caso non pubblicabile, in quanto non contenuta in atti pubblici, come lo stesso direttore dell’Espresso ha spiegato nei giorni scorsi. E, però, pubblicandola pur sapendola non pubblicabile in quanto non in atti pubblici, il settimanale ha finito per accomodarsi tra coloro i quali – vedi il Giornale di «Abbiamo una banca» – sembrano ritenere che certi strappi alle regole siano poca cosa rispetto agli obiettivi, sebbene poi, smarrendosi il senso delle regole e del mestiere, i mezzi di informazione finiscano per diventare meri strumenti di lotta politica. Ma è possibile che questo genere di preoccupazioni siano oramai riservate alle sole anime belle, mentre gli uomini di mondo sanno ruvidamente occuparsi d’altro. E quindi è meglio proseguire la lettura della nota rilasciata dall’Espresso.
Ebbene, ecco cosa si legge: «In quei giorni – come ha dichiarato poi all’Ansa il presidente della Commissione sanità del parlamento siciliano Pippo Digiacomo – gira “la notizia di un’intercettazione imbarazzante. L’hanno fatto sapere a Lucia Borsellino, a me, a Crocetta e altri. Appunto, da tempo. Ne ho parlato col presidente la settimana prima della pubblicazione”». Dunque, a quanto lo stesso Espresso ricostruisce, quella notizia sarebbe stata più o meno di pubblico dominio. E quindi si tratterebbe non soltanto di una notizia vecchia già di un anno ma anche di una notizia che, a quanto pare, sull’isola sono in molti a conoscere. Dall’Espresso spiegano che i propri cronisti hanno cercato «altri riscontri, da fonti diverse di differenti ambienti investigativi»; bene, fa parte del modo corretto di fare il proprio mestiere. Ma forse la questione più interessante, se le cose stanno come si legge nella nota, è proprio quella relativa al fatto che quella informazione circolerebbe in modo così massiccio e in ambienti così diversi e da così tanto tempo, nonostante faccia parte – stando sempre al racconto del direttore dell’Espresso – di carte non pubblicabili. Il che – per quanto siamo in Italia e la cronaca giudiziaria ha le sue regole, e al netto di tutti i ragionamenti sul rapporto tra fonte e cronista e anche di tutti proverbi che vedono protagonista Pulcinella e d’ogni altra banalità del caso – appare comunque una circostanza in qualche modo anomala.
Già, perché se tutto ciò è vero, allora adesso sappiamo che c’è una fonte la quale, per ragioni che forse all’Espresso non interessano molto, da tempo starebbe facendo circolare una informazione riservata – e quindi nota soltanto a pochi e per questo si può supporre che la fonte sia o tra i custodi di quella informazione o ad essi molto vicina – con la speranza di vederla pubblicata sulla stampa; e questo dovrebbe mettere un po’ in allarme la redazione del settimanale, anche perché, come detto, non sono gli unici giornalisti ad essere a conoscenza di quella voce. Ma di questo genere di preoccupazioni in quella nota non v’è traccia, ché, anzi, quella nota prova a rispondere ad alcune delle domande che in questi giorni in molti si sono fatti, ma non risponde a questa. E così – con il sospetto inquietante che in giro vi sia una fonte che abbia fatto circolare con le modalità e i tempi appena ricostruiti una certa notizia – si arriva al punto: «Lunedì 13 luglio, alla vigilia della pubblicazione del settimanale, Messina e Zoppi incontrano un autorevole inquirente a cui sottopongono parola per parola il testo dell’intercettazione tra Tutino e Crocetta. Ricevono una conferma totale e chiara, assieme all’invito a procedere con la pubblicazione: “Questa volta si va fino in fondo”». E tutti, qui, a chiedersi perché un «autorevole inquirente» avrebbe invitato a procedere alla pubblicazione e, soprattutto, in che senso: «Questa volta si va fino in fondo».
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