Giustizia

Cinque Sì per una giustizia giusta

7 Giugno 2022

Pietro Nenni amava dire “fai ciò devi, accada quel che può” ed è con questo spirito che mi appresto a votare i miei cinque Sì ai referendum sulla giustizia del 12 giugno. Sono consapevole che la storia delle ultime consultazioni induce al pessimismo sulla possibilità di raggiungere il quorum, difficoltà resa maggiore dalla quasi completa assenza della discussione sui temi della giustizia sui più importanti mezzi di informazione, ma non per questo si tratta di una battaglia che non vale la pena di affrontare.

Per prima cosa, mi preme rispondere a chi suggerisce agli elettori di tenersi lontani dalle urne, sostenendo che si tratti di questioni troppo tecniche perché il comune cittadino si possa pronunciare: da sempre sono convinto che, ove riceva un’informazione adeguata e corretta (cosa che televisioni, social e giornali non sempre assicurano), qualunque cittadino abbia il diritto e la capacità di esprimersi su temi politici che riguardino la vita di tutti, ed è fuor di dubbio che la giustizia sia uno di questi temi. Per cui dico; non abbiate timore, le questioni da affrontare sono più semplici di quanto possiate credere, informarvi non vi costerà molto tempo, fatelo e non rinunciate ad esercitare il vostro diritto di scegliere attraverso il voto quale giustizia volete per il paese.

Fatta questa premessa, senza la pretesa di esaurire l’argomento, cercherò di dare il mio contributo per far comprendere ai lettori la portata e le conseguenze dei singoli quesiti affinché possano decidere consapevolmente come schierarsi per il voto del 12 giugno.

1) LEGGE SEVERINO
Il quesito referendario riguarda l’abolizione in toto della legge Severino, approvata ai tempi del governo Monti, per precludere ai soggetti che hanno riportato condanne a pene superiori a due anni di reclusione la possibilità di rivestire cariche pubbliche attraverso le sanzioni della decadenza e dell’incanddabilità. In realtà, il nostro ordinamento già prevede l’interdizione dai pubblici uffici (perpetua o temporanea) per chi abbia riportato gravi condanne, nonché, ricorrendone i presupposti e valutando caso per caso, la possibilità di interdire in via cautelare una persona dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio. La legge Severino, invece, introduce un automatismo che comporta la sospensione automatica di un pubblico amministratore (sindaco, presidente di regione, ecc.), a prescindere da qualsiasi valutazione del caso specifico, a fronte della semplice condanna in primo grado, andando contro il principio costtuzionale della presunzione di innocenza. Per questo sono convinto che sia utile votare Sì al quesito affinché le sanzioni interdittive nei confronti di politici e amministratori tornino ad essere applicate solo in seguito a sentenze definitive di condanna o in presenza di specifiche esigenze cautelari valutate dai giudici caso per caso, senza presunzioni o automatismi.

2) CUSTODIA CAUTELARE
Il nostro codice prevede la possibilità di disporre la custodia cautelare in carcere di una persona prima di una condanna definitiva allorché sussistano determinati presupposti: pericolo di fuga, inquinameto probatorio, reiterazione del reato. Il quesito si propone, nei casi in cui non si proceda per un crimine violento, commesso con l’uso di armi o per un reato di criminalità organizzata, di escludere la possibilità di disporre la custodia in carcere per impedire la reiterazione del reato. Il tema, non me lo nascondo, è problematico: da un lato, non si può escludere la pericolosità sociale e la necessità di immediata reazione verso determinati soggetti che si rendano responsabili di reati anche non violenti ma comunque intollerabili per la convivenza civile (penso, ad esempio, a soggetti che commettano ripetuti furti in abitazione) dall’altro occorre dare un segnale contro una generale eccessiva facilità nel disporre la custodia in carcere degli indagati che si traduce in numeri impietosi per quanto attiene la riparazione degli errori giudiziari e il sovraffollamento carcerario (si stima che oltre il 30% dei detenuti sia in attesa di sentenza definitiva). Pur con i dubbi che ho espresso sopra, per dare un segnale che vada nella giusta direzione, io voterò il mio Sì anche a questo quesito.

3) CONSIGLI GIUDIZIARI
Il consiglio giudiziario è un organo presente in ciascun distretto di corte d’appello la cui principale competenza consiste nel fornire i pareri inerenti la valutazione periodica dei magistrati al fine degli avanzamenti di carriera deliberati dal Csm. Ne fanno parte, oltre ai magistrati eletti e membri di diritto, avvocati e professori universitari che, tuttavia, non hanno diritto di voto. Il referendum si propone di modificare questo aspetto, parificando il voto di magistrati e membri “laici” dei consigli giudiziari. Tenuto conto che la quasi totalità dei magistrati sottoposti a valutazione ottiene parere positivo, nonché del fatto che pare incomprensibile riconoscere il diritto di voto ai membri laici (avvocati e professori universitari) nel massimo organo di autogoverno della magistratura (il Csm) e non riconoscerlo in un organo privo di rilevanza costituzionale come il consiglio distrettuale, ritengo di dover votare Sì al referendum, confidando che ciò possa servire come stimolo per avere valutazioni più obbiettive e una migliore qualità generale nel lavoro da parte dei magistrati.

4) ELEZIONE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
il sistema che regola l’elezione dei magistrati al Csm prevede che una candidatura debba essere sostenuta da un certo numero di firme. Questo comporta che solo i magistrati che appartengono a una delle correnti organizzate abbiano la concreta possibilità di candidarsi e di venire eletti. Il referendum si propone di eliminare il vincolo della raccolta delle firme, andando così a incidere (purtroppo solo in parte) sul potere delle correnti che tanti guasti ha prodotto in questi anni (la vicenda del dottor Palamara è estremamente significativa a questo proposito).

5) SEPARAZIONE DELLE FUNZIONI
Il referendum si propone di ridurre a uno soltanto i passaggi di un magistrato dalla magistratura inquirente a quella giudicante (e viceversa). Non è la realizzazione dell’obbiettivo che in tanti auspichiamo, ovvero la effettiva separazione delle carriere, ma è un segnale preciso alla classe politica per arrivare ad avere un processo con un giudice effettivamente terzo, non più condizionabile dal potere esercitato dai pm all’interno dello stesso Csm.

Questo sono – in estrema sintesi – le questioni che i cittadini sono chiamati a decidere attraverso il voto referendario e le ragioni per le quali, personalmente, ritengo di dover votare Sì a tutti i quesiti. Non pretendo di aver convinto nessuno e non mi nascondo le criticità di alcuni punti, ma spero che siate in tanti a esercitare liberamente il vostro diritto dovere di informarvi senza paura e di dare, con il vostro voto, un segnale importante per cambiare in meglio la giustizia italiana.

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