Giustizia

C’è un altro caso Cucchi di cui si parla poco. E che rischia di restare impunito

27 Novembre 2014

L’impressione di trovarsi di fronte a un altro caso Cucchi è forte. Le circostanze che hanno portato alla morte di Riccardo Magherini, 39enne ex calciatore della Fiorentina, assomigliano molto a quelle che videro vittima il giovane romano.  Ancora una volta ci si trova di fronte a un decesso avvenuto in seguito all’arresto e ancora una volta l’indagine in corso è caratterizzata da parecchi punti oscuri.

Procediamo con ordine.

In questo caso, i fatti si svolgono a Firenze, in Borgo San Frediano, la notte dello scorso 3 marzo.  E’ in quelle ore che Riccardo Magherini trova la morte, come raccontato qui:

Chi lo incontra, quella notte, parla di un uomo in profondo stato confusionale. E’ stravolto, ha la bava alla bocca, è alla disperata ricerca di aiuto. Poco dopo l’una entra in un ristorante del quartiere. Non vede nemmeno il vetro della porta, lo sfonda, e raggiunge il padrone del locale, che lo conosce da tempo. “Mi inseguono, mi vogliono uccidere, aiutami ti prego”, gli urla in faccia. L’uomo lo invita a fermarsi e intanto esce dal locale per capire cosa stia accadendo. Ma in strada non c’è nessuno.

Di lì a poco arriva una pattuglia dei carabinieri, da cui scendono quattro militari.

Solo poche settimane prima, il 30 gennaio, il Comando generale dell’Arma ha diffuso una circolare dedicata alla gestione in sicurezza degli interventi su persone “in stato di alterazione psicofisica” dovute all’assunzione di alcol e droga, in cui si invita a evitare “immobilizzazioni protratte, specie se a terra in posizione prona”.

Lì in strada però le cose vanno diversamente.

Nella denuncia presentata al tribunale di Firenze dai familiari della vittima si legge che Riccardo “è stato immobilizzato con un uso della forza non previsto dalle tecniche delle forze dell’ordine”.

La stessa versione la forniscono i testimoni:

Due carabinieri gli salgono sulla schiena, un altro gli tiene ferme le gambe, e un quarto gli mette un ginocchio sul collo. Poi arrivano i calci: 5, 6, tutti gratuiti e tutti diretti all’addome.

Qualcuno gira anche un video con il telefono cellulare, nel quale si sente distintamente la voce disperata di Magherini , che dice di “stare morendo”, che chiede disperatamente aiuto, e che infine si spegne.

All’arrivo dell’ambulanza Riccardo è già inerte.

Il giallo dei filmati spariti

Due settimane fa, puntuale, arriva la richiesta di rinvio a giudizio per i quattro carabinieri e per i tre volontari della Croce Rossa che “soccorsero” Magherini. Per tutti e sette l’accusa è di omicidio colposo”.

Il fatto che il tutto si sia svolto in strada, e che tanti abbiano avuto la possibilità di vedere cosa stesse accadendo, avrebbe dovrebbe facilitare il lavoro degli inquirenti e rappresentare una garanzia per i parenti della vittima, che da subito hanno chiesto giustizia.

C’è però qualcosa rischia di mandare tutto all’aria e trasformare quello di Magherini in una altro dei tanti casi irrisolti della storia italiana.

Il “giallo” questa volta nasce dalle immagini girate quella notte dalle telecamere del circuito “telecamera amica” del Comune di Firenze presenti nelle strade di Borgo San Frediano, a cui vanno aggiunti i quelli della sede fiorentina della Direzione investigativa antimafia.

Quei filmati potrebbero contribuire a far luce sui fatti ma al momento sembrano essere scomparsi nel nulla.

Sulla questione ha presentato un’interrogazione il senatore Luigi Manconi  del Pd e, successivamente, quello del Nuovo Centro Destra Andrea Augello. In quest’ultima viene chiesto al ministro dell’interno Alfano di “sapere quali iniziative il Ministro intenda assumere per acquisire le immagini (…) anche al fine di metterle a disposizione dell’autorità giudiziaria per consentire l’accertamento di ogni eventuale responsabilità per la morte di Riccardo Magherini”.

Come sottolineato nella stessa interrogazione, si tratta di

Lo stesso quesito è stato posto la scorsa settimana in Consiglio comunale, a Firenze. In quella sede l’assessore Federico Gianassi ha risposto chiarendo che:

Le immagini di quelle telecamere vengono cancellate automaticamente sette giorni dopo per le norme sulla privacy.

In pratica, in mancanza di un’esplicita richiesta degli inquirenti, le riprese sarebbero state cancellate già il 10 marzo scorso, come da prassi.

In aggiunta, va evidenziato che solo pochi giorni fa la Procura generale della Cassazione ha aperto un procedimento disciplinare a carico del titolare dell’inchiesta, il pm Luigi Bocciolini, a cui vengono contestate le modalità d’indagine svolte sul caso Magherini.

Adesso si attende il processo. Sperando che, questa volta, non finisca come nel caso Cucchi.

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