Giustizia
Caso Palamara: in gioco la credibilità e la responsabilità dei magistrati
Tutti ci auguriamo vivamente che il caso Palamara rientri, perché ritenere che la corruzione abbia irrimediabilmente colpito anche le toghe nei gangli più elevati, sconvolge gli assetti dell’ordine democratico.
Il solo supporre che un magistrato sia corrotto,significa acconciarci all’irriducibile condizione di vivere in un paese malato ove ogni potere costituito, anche quello delle vestali della giustizia, sia affetto dal morbo pervicace del putridume e del malcostume.
Il giudice Luca Palamara,infatti, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Perugia, competente per i reati commessi dai magistrati romani: l’accusa è quella del reato di corruzione. Ha anche subito una perquisizione giudiziaria nella sua casa romana e negli uffici di piazzale Clodio.
1- PRESUPPOSTO DELL’ACCUSA.LA CORSA PER LA PROCURA DI GELA.
Nasce da un’amicizia del Palamara che è stato capo dell’associazione nazionale dei Magistrati,nonché membro del Consiglio Superiore della Magistratura, con il faccendiere imprenditore Centofanti.
Il Centofanti, molto amico del magistrato, era una sorta di anello di congiunzione tra Luca Palamara e il duo degli avvocati Calafiore-Amara.
Tutto nasce infatti dall’inchiesta sugli avvocati siciliani Piero Amara e Giuseppe Calafiore, entrambi indagati e arrestati nella maxi inchiesta per le sentenze pilotate al Consiglio di Stato, riguardanti appalti milionari.
Ma i due legali sono interessati alla poltrona di Capo della procura di Gela che avrebbero voluto che fosse andata al magistrato Giancarlo Longo, famigerato giudice corrotto che nel frattempo ha patteggiato una condanna a 5 anni e ha rassegnato le dimissioni dalla magistratura.
Palamara, a dire di Longo e dei due avvocati,avrebbe ricevuto 40 mila euro.
In particolare il Magistrato Longo, interrogato dai pm siciliani a luglio 2018, ha affermato che Calafiore gli avrebbe riferito di aver dato la somma a beneficio di Palamara per la nomina del Longo a procuratore di Gela, non avvenuta, a dire di Palamara, a causa di un intervento diretto del Presidente della Repubblica.
Era la fase in cui Palamara partecipava ai lavori del Consiglio superiore della magistratura.
Secondo la Procura di Perugia, l’attività corruttiva era messa in atto anche per danneggiare Marco Bisogni, sostituto procuratore di Siracusa (in precedenza già oggetto di reiterati esposti a firma da Amara e Calafiore),nell’ambito del procedimento disciplinare contro di lui nel quale Palamara faceva parte. Marco Bisogni, ovviamente assolto, è un serio pubblico ministero di Siracusa che avrebbe potuto contendere la poltrona di Procuratore Capo di Gela al corrotto Longo.
I due legali e Centofanti avrebbero altresì elargito al Palamara regali, soldi e favori. Tra il 2015 e il 2017, sono stati registrati viaggi di Palamara a Dubai e vacanze in hotel a 5 stelle della Toscana, tutto a spese loro.Un anello da 2 mila euro è stato pagato da Centofanti, ma era un regalo a una amica del magistrato. Tutto emerge dai tracciati della carta di credito di Centofanti.
2-PIGNATONE E IELO CONTRO PALAMARA.
Il fascicolo aperto a Perugia contro Palamara sarebbe stato inviato da Paolo Ielo, il procuratore aggiunto di Roma che insieme a Pignatone con tale trasmissione aveva dato la stura alla Procura di Perugia per aprirne l’indagine.
Intanto si sono liberati gli incarichi di Procuratore Capo di Roma per il pensionamento di Pignatone e nel contempo anche quello della Procura di Perugia.
Palamara,secondo l’accusa della Procura di Perugia,sarebbe interessato ad entrambe le cariche.
Quella di Perugia per fare in modo che, piazzato un magistrato amico, l’inchiesta contro di lui si sarebbe potuta insabbiare; quella di Roma, per impedire che la Procura della capitale, carica prestigiosa, fosse ad appannaggio di Magistrati vicini a Pignatone ed all’attuale aggiunto Ielo, ricordiamolo quelli che avevano trasmesso gli atti a Perugia contro lo stesso Palamara.Il candidato di quest’ultimo è il Giudice Marcello Viola.
3-Il COINVOLGIMENTO DI ALTRI MAGISTRATI.RITORSIONE CONTRO PIGNATONE E IELO.
L’inchiesta si allarga e coinvolge altri Magistrati vicini al Palamara: si tratta dei Giudici Spina e Stefano Fava.
Lo Spina avrebbe informato il Palamara dell’inchiesta contro di lui aperta a Perugia; il Fava avrebbe informato il Palamara che i suoi accusatori,Pignatone e Ielo, a loro volta sarebbero comunque attenzionati dalla Procura di Perugia per non essersi astenuti in procedimenti in cui i rispettivi fratelli, beneficiavano di incarichi professionali con un patente conflitto di interesse.
Il procedimento sarebbe aperto anche al CSM.
«C’è una pratica aperta, è in istruttoria», ha spiegato alla stampa il presidente della prima commissione del Csm, il «laico» Alessio Lanzi.
Ci sarebbero state intercettazioni telefoniche tra Palamara e Spina (intanto dimessosi dal suo incarico di Consigliere del CSM) ove lo Spina riferisce al Palamara che anche i suoi accusatori- Ielo e Pignatone- sono indagati dalla Procura di Perugia e nei loro confronti sarebbe stato aperto un’istruttoria al CSM.
Riferisce il “Fatto Quotidiano “ che il professore di diritto tributario Roberto Pignatone (fratello del Procuratore Capo di Roma)avrebbe ottenuto nel 2014 un incarico di consulenza tecnica per un processo a Siracusa da Piero Amara.
Amara è stato poi arrestato a Roma e ha patteggiato una pena di 3 anni, con l’assenso della Procura. Però il pm Stefano Fava voleva nuovamente procedere duramente contro di lui e aveva fatto una richiesta al procuratore aggiunto Rodolfo Sabelli e al procuratore capo Giuseppe Pignatone.
Di fronte al diniego Fava ha ricordato i rapporti di Piero Amara con il fratello di Pignatone. Il procuratore ha sostenuto in una riunione davanti ai suoi aggiunti (che gli davano ragione) che aveva informato tutti di quel presunto “conflitto di interessi” tra lui e il fratello e che nessuno, a cui aveva chiesto di astenersi, aveva ritenuto fosse necessario fare un passo indietro.
Per quanto riguarda il Procuratore Aggiunto Ielo suo fratello Domenico Ielo, 49 anni, titolare di un studio associato con sede a Milano, ha fatto legittimamente il consulente per l’Eni, società che a sua volta è finita nel mirino della Procura,perché i pm hanno scoperto pagamenti per decine di milioni da Eni a una società di nome Napag. Secondo il pm Fava quella società sarebbe stata riferibile allo stesso Amara. Il titolare di Napag – Francesco Mazzagatti – e Amara negano.
Dunque il Giudice Spina e Franco Fava sono accusati dalla Procura di Perugia, a seguito delle recenti intercettazioni, di favoreggiamento e rivelazione di segreti: avrebbero dato il materiale fangoso a Palamara per difendersi dai suoi accusatori, Ielo e Pignatone, per la storia del conflitto di interessi ascrivibile ai rispettivi fratelli.
È scritto negli atti: “Traspare l’interesse di Palamara che venga nominato un procuratore a Perugia che sia sensibile alla sua posizione procedimentale e all’apertura di un procedimento fondato sulle carte che Fava sarebbe intenzionato a trasmettere”. Per i pm “la consegna delle carte contro i suoi colleghi da parte di Fava hanno per Palamara, nella sua ottica, un valore al contempo difensivo e forse di ‘ritorsione’”.
E la sintesi delle intenzioni sta in una intercettazione tra Spina e Palamara del 16 maggio. “C’avrai la tua rivincita,perché si vedrà che chi ti sta fottendo e tutte le cose forse sarà lui a doversi difendere a Perugia, per altre cose perché noi a Fava lo chiamiamo”, dice Spina. E Palamara: “No, adesso lo devi chiamare, altrimenti mi metto a fare il matto”.
Ma questo verminaio, brulicante di rivalità ed invidia,coinvolge anche esponenti politici.
4-IL RENZIANO LOTTI VUOLE CONDIZIONARE L’ELEZIONE DEL PROCURATORE CAPO DI ROMA.
Il 9 maggio Luca Lotti, in compagnia del collega di partito Cosimo Ferri, ex magistrato ora nelle fila del Partito Democratico, discute con Luca Palamara e Luigi Spina del futuro della procura di Roma e della successione di Giuseppe Pignatone. I quattro non sanno che la Procura di Perugia, dopo aver inoculato un trojan nel telefono di Palamara, trasformandolo in una cimice, sta intercettando le loro conversazioni.
È imputato, infatti, Lotti,con l’accusa di favoreggiamento, nell’inchiesta Consip condotta dalla Procura di Roma.
Lotti, renziano di ferro, suo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, briga per rendere possibile che un magistrato amico seppellisca il caso Consip.
Vuole screditare dunque il Procuratore aggiunto Ielo ed il collega di questi Mario Palazzi che hanno firmato il suo rinvio a giudizio.
Lotti non doveva essere lì e non doveva interessarsi al futuro della Procura che ha chiesto il suo rinvio a giudizio.
Discute con Palamara anche di quel che potrà accadere al suo accusatore: il procuratore aggiunto Paolo Ielo che, con il collega Mario Palazzi, ne ha chiesto il rinvio a giudizio.
Secondo “Repubblica “ agli incontri con Lotti e Palamara avrebbero partecipato anche altri due giudici:Corrado Cartoni, giudice del Tribunale di Roma ed Antonio Lepre, pubblico ministero della Procura di Paola.
Questo il quadro dei fatti.
Se queste accuse dovessero essere confermate, la politica non può stare ferma: urge una riforma del sistema che comporti una seria modifica della legge sulla responsabilità dei Magistrati che si sentono onnipotenti e di fatto sono tracotanti.
Non rispondono dei loro errori- nell’attuale legge- se non per colpa grave e dolo,ma con un meccanismo farraginoso,inefficace, per vederli effettivamente responsabili dei misfatti che compiono nei tribunali
1-sia quando mettono alla sbarra innocenti,
2-sia quando distruggono aziende ed imprese nelle sezioni fallimentari,
3-sia quando assecondano i poteri forti,le banche, nelle espropriazioni immobiliari contro poveri debitori.
La vicenda Palamara dimostra come i Magistrati brigano,ordiscono,tramano per condizionare decisioni, per tratteggiare connivenze, costruire ponti transitabili anche dal mondo politico, con il quale intessono berci e lerci favoritismi.
E sono sensibili a prebende e vita lussuosa.
Bisognerebbe indagare quali siano i benefit che ricevono per convegni e master: anche lì c’è un giro di affari spaventoso.
Questa vicenda almeno sul piano etico dimostra come la hybris, la tracotanza, non è sopportata dal fato e dalla pietà degli dei. Venivano lanciati dalla rupe Tarpea nell’antica Roma i Magistrati corrotti.
Disse Tortora:”Conosco tre categorie di soggetti irresponsabili: i bambini, i pazzi ed i Magistrati “.
Biagio Riccio
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