Giustizia
Caso Grillo, quando l’etica diventa un gioco da ragazzi
“La vergogna, il pudore, la paura dell’ignominia proteggono -dovrebbero proteggere- l’uomo e ancor più l’uomo politico, dalla violazione dei codici etici, interiori ed esteriori”
Un comico sceso in politica resta un comico. Grillo è poco credibile nel suo progetto di contestare il potere di chi lo esercita a discapito delle persone comuni, perché delle persone comuni non ha nulla, il conto in banca lo tiene lontano dalla voce del popolo che nel suo progetto iniziale voleva rappresentare. Una democrazia partecipativa esercitata attraverso la piattaforma Rousseau è specchietto per le allodole se non si riesce a partecipare del senso dell’umiliazione, della vergogna che una donna può provare dopo lo stupro.
Definire goliardico uno stupro, sebbene ancora la legge non si sia pronunciata in merito, significa essere ludopatici, pensare che il denaro possa comprare la dignità di una persona significa inculcare valori distorti. Se una donna non denuncia subito una violenza è perché la violenza va metabolizzata, e una donna ubriaca non riesce a distinguere la differenza tra il percepito, e l’accaduto, perché l’alcool ti rende un estraneo a te stesso. Non a caso si beve per dimenticare, l’alcool anestetizza, e quando hai chiare le idee devi riconoscere quel te stesso che era un te stesso fuori dalla norma, devi accettare che verrai giudicato, additato, messo alla gogna. Se poi il soggetto incriminato è il figlio di un potente, sai che l’esposizione mediatica ti ridurrà a pezzi, che verrai giudicata per il tuo modo di vestire, per le amicizie che frequenti, persino per il tuo modo di camminare. Si potrebbe obiettare che oggi le ragazze sono più preparate ad un mondo più smaliziato che propone facilmente la sessualità come scorciatoia, l’apparenza e l’esposizione come caratteristiche necessarie ad un mondo che fa delle vetrine la sua nuova religione.
La parità sessuale consente ad una donna di scegliere di poter passare una serata leggera con qualcuno che le piace. Ma Silvia non ha scelto, è stata stordita, la sua capacità di difesa è stata annullata. Probabilmente non avrebbe scelto di passare da uno stupratore all’altro.
Definire una goliardata una fotografia di una ragazza sulla cui testa vengono esposto i peni dei presunti stupratori significa non conoscere il confine tra ciò che è lecito da ciò che è immorale. La maggior libertà dei costumi sessuali non esclude una forma di rispetto per ciò che è intimo, riservato. La violazione del pudore ha a che fare con il rispetto della persona che ha il diritto di vedere tutelata la propria vita personale.
Fortunatamente la legge ha colto la difficoltà per una donna di esporre denuncia: la legge 19 luglio 2019, n. 69 ha recato “modifiche al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”. In relazione alla violenza sessuale viene esteso il termine concesso alla persona offesa per sporgere querela a 12 mesi, mentre il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate, il revenge porn, viene punito con la reclusione da uno a sei anni.
Per chi ancora si chiede se sia credibile il racconto di una ragazza che non ha saputo opporre immediata resistenza a un potere esercitato in modo fisico e mediatico, io ancora mi chiedo come è stato possibile che una donna, la madre di Ciro Grillo, possa aver dormito in una stanza attigua alla casa in cui si svolgeva quel miserabile atto di scempiaggine e non rendersi conto di nulla. Forse doveva aver bevuto pesantemente anche lei.
Grillo non è solo un padre sconvolto per un’azione ignobile del figlio, e già in qualità di padre avrebbe dovuto dissociarsi dalle azioni compiute, è anche un politico e come tale sarebbe dovuto essere un esempio. Il fatto che ci sia completa identificazione tra il ruolo privato e quello pubblico è sottolineato dall’uso della parola “goliardico”. Dal francese antico goliard, incrocio di Golia nome medioevale del gigante Golia, ma anche denominazione del diavolo e del latino gula, il termine ben spiega il modo in cui lui intende la sua posizione di privilegiato, e una concezione del potere volta a favorire chi può pagarsi il lusso di comprare il silenzio, il decoro, la rispettabilità.
Dante pone i golosi nella VI girone del Purgatorio, tormentati da fame e sete, recitano il versetto 17 del Miserere ovvero “Labia mea, Dominae”, presentano un’eccessiva magrezza che la pelle aderisce alle ossa e il volto è così smunto che si potrebbe leggere la parola “Omo” formata dalla linea delle sopracciglia e dagli occhi.
In qualità di politico, più che di rappresentante di una volontà popolare, Grillo, al pari di Salvini, è espressione di un identico populismo.
I populisti credono nel complottismo, il popolo non deve mischiarsi con gli altri perché temono la contaminazione, tutto ciò che è altro, diverso, è pericoloso, finendo per essere paradossalmente un ‘entità elitaria. Dal piedistallo su cui si pongono, formano nuovi tipi di settorialità, ognuno è eco dell’altro, la diversità è temuta; propongono una visione rigida presentandosi come emblema di rigore morale, rifiutando di farsi corrompere da idee estranee. I populisti si configurano come una setta i cui adepti propugnano la pace, la trasparenza si rappresentano come antitodo alla violenza. Non sono capaci di raccontare, di rappresentare, perché l’evoluzione nasce dalla capacità di ascolto delle storie altrui, di rielaborare le proprie confrontandole, trovando punti comuni, ma anche differenze che integrano. I populisti raccontano solo la loro storia, un’autoreferenzialità che non consente loro di immaginare la vita degli altri, di mettersi nei loro panni, di sviluppare empatia.
Non esiste comunità senza difformità, essere uniformi significa avere una forma unica, soffocare la differenza, mentre la molteplicità è la forma della vita. Ridurre tutto al proprio peso, senza considerare ciò che è esterno al sé, ciò che ci trasforma, è la grande tara del populismo.
Tutto ciò che è vivo e veritiero non è mai monolitico, ciascuno è depositario della propria verità; le esperienze vissute, i contesti sociali, l’educazione ricevuta sono tasselli della nostra storia. L’essere umano è la somma delle sue esperienze.
Arroccarsi nel proprio castello, vivere sotto una campana, aderire a ciò che è fisso, statico, che non conosce evoluzione, che tenacemente si tiene aggrappato alle proprie posizioni è quanto il potere reitera. Affacciarsi all’inconsueto, rigettando la propria posizione rassicurante, vivere secondo quanto si ritiene normale, tacciando la devianza come negativa, significa temere l’alterità. La non conformità spaventa perché non può essere arginata, anzi si tende a giudicare errore quello che sono percorsi diversi da quelli solitamente battuti.
Nella sua psicorigidità, forse per Grillo una donna che parla di sessualità è una donna malvista, eppure l’amante di Lady Chatterley rappresenta un testo in cui si parla di erotismo e sessualità senza mezzi termini, non c’è niente di più esplicito che leggere pagine in cui Lawerence scrive:
“Sentì una mano discreta e disperatamente avida che la toccava, cercandole il volto a tastoni…..Poi ebbe un brivido, sentendo la mano dell’uomo che brancolava delicatamente, eppure con una strana goffaggine, tra i suoi vestiti. Ma la mano sapeva dove e come svestirla…. E dovette entrare subito in lei, penetrare nella pace eterna di quel corpo tenero e arrendevole. Entrare nel suo corpo di donna fu per lui un attimo di pace perfetta”.
Un testo che si studia nelle università senza che susciti alcuna pruderie
La parola “goliardica” riferita a uno stupro, alla diffusione di immagini offensive, è già di per sé una violenza. Nessuna parola è colpevole, né completamente neutra, dipende dal contesto in cui la usiamo. La parola “giovane” ad esempio, può essere offensiva se voglio sottolineare il fatto che la persona in questione è priva di esperienza e di capacità necessarie ad un determinato impiego, mentre “zecca”, nel linguaggio d’odio è riferito a un parassita della società. Da quando si è opposta al divieto di Salvini di far sbarcare i migranti della Seawatch a Lampedusa, Carola Rackete, oltre al nomignolo ironico di speronatrice di navi, è stata messa alla gogna con l’epiteto di “zecca rossa”; dal suo nome di battesimo, tra l’altro, è nato anche il neologismo carolante, ovvero ‘sostenitore di Carola’.
Ne consegue che fare una lista di parole da evitare è impossibile, le parole vanno contestualizzate, scelte, bisogna usarle con cura, con attenzione. In questo può aiutarci solo il buon gusto, la buona educazione, la capacità di farsi interprete di un mondo che contiene l’altro da sé.
La lingua racconta la nostra storia, come gli anelli concentrici di un albero che raccontano traumi subiti attraverso il cambio di colore, così siamo assorbenti, portiamo nel nostro vocabolario il dolore subito, la riprovazione sociale, lo stigma.
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