Giustizia
I processi finiti nel nulla nel 2016 e il garantismo dimenticato
In maniera maggiore rispetto agli anni scorsi, il 2016 passerà alla storia come l’anno dei procedimenti giudiziari che si sono conclusi con un niente di fatto a livello giudiziario,provocando però rilevanti ricadute sul mondo della politica che, sull’onda della moralizzazione, spesso grida allo scandalo e alle dimissioni senza attendere che la giustizia faccia il suo corso e soprattutto senza rispettare il principio Costituzionale della presunzione di non colpevolezza sino a condanna definitiva.
Dall’inchiesta a carico dell’ex parlamentare ed ex Presidente della Regione Abruzzo, Ottaviano del Turco, sino ad arrivare alla più famosa inchiesta “Why Not“, che diede celebrità all’attuale sindaco di Napoli Luigi De Magistris, il 2016 ha restituito una serie impressionante di processi ed indagini finite con un nulla di fatto e con assoluzioni o proscioglimenti per diversi politici, di spicco o meno, coinvolti e spesso travolti da processi sempre più mediatici.
Come riportato da Mattia Feltri su “La Stampa” (http://www.lastampa.it/2017/01/15/italia/cronache/da-why-not-a-guidi-e-marino-il-delle-accuse-cadute-9au7DrQucbjrkRoT3exbQL/pagina.html) anche il 2017 è iniziato sulla falsariga dell’anno precedente, ed infatti è di pochi giorni fa l’aggiornamento sulla vicenda relativa a Gianluca Gemelli, fidanzato dell’ex Ministro Federica Guidi, la quale fu costretta a dimettersi nel marzo scorso proprio in seguito all’apertura dell’inchiesta “Tempa Rossa” : nonostante i titoli da prima pagina (“Il regalo del Governo al fidanzato del Ministro“), nonostante le imbarazzanti intercettazioni telefoniche trapelate, come spesso accade, agli organi di informazione, e nonostante gli (spettacolari) interrogatori ai Ministri Del Rio e Boschi, la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione ed il processo non si terrà. Se l’indagine si è conclusa senza conseguenze processuali rilevanti per le persone coinvolte, non si può dire la stessa cosa circa la reputazione, politica e non, dell’ex Ministro Guidi e del suo fidanzato, ingiustamente messi alla gogna per mesi senza che poi sia stata rilevata una vera responsabilità concreta a loro carico.
Ma questo è solo uno dei tanti esempi recenti di processi che hanno avuto come solo effetto quello di creare instabilità politica e discredito a carico dei politici coinvolti. Penso ad esempio alla notizia del gennaio scorso che riguarda l’ex Ministro Clemente Mastella, il cui rinvio a giudizio fu cancellato dalla Corte di Cassazione. La vicenda risale addirittura al 2008, quando la moglie di Mastella fu arrestata ed egli fu costretto alle dimissioni, che fecero cadere il Governo Prodi. Dunque, un altro Ministro che ha dovuto lasciare il suo incarico ed addirittura un Governo caduto in nome di un’altra inchiesta finita in fumo.In questo caso Mastella è però riuscito in qualche modo a riabilitare la sua reputazione politica, avendo vinto le elezioni a Benevento, di cui è diventato sindaco nell’ultima tornata amministrativa. Certo, nel frattempo ha dovuto lasciare il ruolo governativo occupato ed ha vissuto anni di oscurazione politica, ma questo sembra il prezzo da pagare se si è coinvolti, anche marginalmente, in vicende giudiziarie estemporanee.
La stessa esperienza è stata vissuta, più di recente, da Maurizio Lupi, deputato di Ncd ed ex Ministro del Governo Renzi, le cui dimissioni furono richieste a gran voce (pur non essendo nemmeno indagato) da tutto il mondo politico in seguito allo scandalo “Grandi Opere” che aveva coinvolto Ercole Incalza, alto dirigente del Ministero dei Trasporti. Ebbene, nel marzo del 2016 Incalza è stato prosciolto da 9 capi di imputazione. Anche in questo caso si ripete lo stesso schema : la notizia dell’inchiesta arriva agli organi di stampa, gli oppositori politici urlano allo scandalo e invitano il malcapitato a vergognarsi e a dimettersi, il soggetto di turno si dimette e mesi dopo l’indagine sbiadisce e piovono assoluzioni. Intanto il Governo Renzi visse una crisi di non poco conto, con il partito di Alfano che subì un ridimensionamento governativo evidente.
La lista dei processi mai celebrati o delle assoluzioni fuori tempo (politico) massimo è ancora lunga e potrei continuare per diverse pagine : dalla vicenda De Luca all’assoluzione di Salvatore Margiotta (senatore Pd), dall’assoluzione in appello per Mario Mori all’assoluzione per Vasco Errani, ex governatore dell’Emilia Romagna, fino ad arrivare al caso Marino, ex sindaco di Roma, assolto dalle accuse di truffa e peculato, per cui fu totalmente abbandonato dal Pd e dall’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Queste vicende dovrebbero insegnare al mondo politico e a quello dei media, in rapporti sempre più stretti con certe Procure, che il giustizialismo forcaiolo rappresenta uno dei difetti più macroscopici della nostra società, sempre pronta a scagliarsi contro il politico di turno coinvolto in indagini che, come abbiamo visto, spesso cadono nel nulla ma che sanno cancellare quanto di buono fatto dai soggetti coinvolti nella loro vita politica ed istituzionale.
L’attuale quadro risulta, a mio parere, falsato dai tempi di Tangentopoli. Prima di “Mani Pulite”, da un lato stavano i giustizialisti come il Pci, il Pds, l’Msi e in parte anche la Lega Nord, e dall’altro si trovavano le forze garantiste, come il Pli, il Psi ed il Pri, che però erano state pesantemente coinvolte dallo scandalo in questione. Da quel momento in poi venne alla luce il falsato paradigma, garantismo = disonestà, che ha caratterizzato i successivi vent’anni di dibattito politico, dominato dalla discesa in campo di Berlusconi, il quale riprese il tema della “magistratura politicizzata” spingendo al limite massimo il garantismo-forzitalista, spesso degenerato.
Il punto focale è che la giustizia è stata considerata sempre più come uno strumento di rivalsa politica e non come un diritto fondamentale: esempio lampante è l’istituto processuale dell'”avviso di garanzia”, inizialmente previsto come strumento difensivo in favore dell’indagato ma sempre più considerato come una vera e propria sentenza di condanna definitiva, a firma del quotidiano di turno.
Essere garantisti non significa prendere a priori le parti del soggetto politico indagato, magari per convenienza, bensì significa sostenere la tutela delle garanzie costituzionali del cittadino da possibili abusi da parte del potere pubblico. La presunzione di non colpevolezza fino a condanna definitiva non dovrebbe essere considerato meramente come un principio previsto dalla nostra Costituzione, ma dovrebbe costituire anche il faro della condotta politica di forze responsabili, che non si lasciano sopraffare dalla voglia di rivalsa politica sull’avversario e che hanno rispetto per la persona, prima che del politico, senza alimentare gli scandali mediatici che come abbiamo visto possono avere conseguenze devastanti.
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