Fisco
Perché bisogna firmare la petizione sul limite al contante
La proposta del governo di elevare da €1.000 a €3.000 il limite per l’uso del contante è stata esplicitamente sostenuta, a mia conoscenza, solo da alcuni rappresentati dell’esecutivo o della maggioranza di governo. Per il resto ha ricevuto critiche: non moltissime, visto che il tema non è d’importanza capitale, ma piuttosto autorevoli (vedi qui).
A mio avviso l’errore è più grave di quanto le critiche non lascino trasparire, perché alzare la soglia del contante senza alcuna seria giustificazione – quelle citate dai suoi difensori sono molto deboli (vedi questo dossier) – incrina la credibilità e quindi l’efficacia dell’intero sforzo dello stato di combattere l’evasione fiscale, il riciclaggio, e, più in generale, l’economia sommersa (la quale crea del lavoro nero, certo, ma è un’economia pressoché necessariamente inefficiente: quindi è un ostacolo al nostro sviluppo e alla creazione di posti di lavoro produttivi, stabili, civili).
Riparte il futuro – un’iniziativa congiunta di Libera e Gruppo Abele – ha lanciato una petizione online per persuadere il governo a cambiare idea. Per ora la petizione ha raccolto quasi 45.000 firme, a un ritmo piuttosto elevato. Le ragioni della petizione sono illustrate e comparate con la posizione del governo nel dossier che ho citato poco sopra, e in un importante articolo pubblicato sul Corriere la settimana scorsa, che riprende quel dossier. Non sono neutrale, perché ho partecipato a lanciare la petizione e a scrivere il dossier: ma vi invito a leggere e firmare.
La questione è davvero molto semplice: non è emersa alcuna ragione legittima per triplicare la soglia per l’uso del contante. Quindi bisogna persuadere il governo a cambiare idea. È possibile farlo, perché due ministri (cultura e giustizia) hanno già cambiato idea. E c’è tempo per farlo, perché questa proposta è parte della legge di stabilità, che difficilmente sarà approvata prima di metà Dicembre.
Purtroppo il governo sembra ostinato. Qualche settimane fa, durante una trasmissione televisiva, il presidente del consiglio si è detto pronto a mettere la questione di fiducia su questa proposta. Ma le critiche sono continuate. Allora il 3 Novembre il presidente del consiglio ha lanciato questa sfida: «Il primo che mi dimostra la correlazione tra il tetto al contante e l’evasione [fiscale] cambio provvedimento. Ho fatto fare dei calcoli alla Ragioneria, non c’è evidenza empirica, i dati non sono questi».
Quello stesso giorno in parlamento c’era l’audizione della Banca d’Italia sulla legge di stabilità. Per la banca centrale parlava il vicedirettore generale, che ha detto:
«I limiti all’uso del contante non costituiscono, ovviamente, un impedimento assoluto alla realizzazione di condotte illecite, specie per il grande riciclaggio, ma introducono un elemento di difficoltà e controllo sociale che può ostacolare forme minori di criminalità ed evasione [perché il limite al contante] scoraggia in via generale una circolazione troppo ampia di banconote, tale da fornire materia a transazioni illecite».
Quindi nelle stesse ore in cui il governo la negava la Banca d’Italia confermava la correlazione tra contante ed evasione, riciclaggio e altre operazioni illecite.
Il dossier pubblicato da Riparte il futuro dimostra, sulla scorta della letteratura teorica ed empirica in materia, che non solo esiste la correlazione ma che essa rivela un rapporto di causa. Ossia, non solo è vero che l’evasione fiscale è più diffusa in quegli stati europei nei quali i mezzi tracciabili di pagamento sono meno diffusi, ma è anche molto probabile che in quei paesi l’evasione fiscale sia più diffusa proprio perché c’è più moneta contante in circolazione. Naturalmente questa non è l’unica né la principale causa dell’evasione fiscale, ma è indubbio – e, francamente, piuttosto ovvio – che la diffusione del contante faciliti l’evasione fiscale (e le operazioni dell’economia sommersa, e altri traffici illeciti).
Spero che il presidente del consiglio sarà di parola: la correlazione è stata dimostrata, e ora la proposta deve essere ritirata. Ma se ciò non dovesse accadere bisogna insistere, ed è per questo che servono altre firme.
Naturalmente, quella del tetto all’uso del contante non è la questione più importante che l’Italia ora deve affrontare. Ma essa è la questione, tra quelle ora in discussione, rispetto alla quale l’errore del governo è più lampante e meno scusabile; ed è una questione che investe un tema di rilevo generale, ossia la priorità dell’interesse pubblico sugli interessi particolari.
La questione, ripeto, è chiarissima. Da un lato c’è il governo, che ha commesso un errore e sembra non aver ancora trovato il modo di uscirne; ci sono le giustificazioni evanescenti proposte dai suoi sostenitori; e ci sono alcuni interessi particolari – parti del mondo del commercio e dei servizi, ad esempio, e settori più opachi – che vogliono che il limite sia triplicato. Dall’altro lato ci sono i cittadini che invece vogliono che l’evasione fiscale e simili fenomeni siano combattuti con determinazione; c’è la letteratura scientifica, l’evidenza empirica, e l’opinione di autorevoli istituzioni (come la Banca d’Italia e la Banca Centrale Europea). In mezzo ai due schieramenti c’è la questione se le politiche promosse dal governo debbano essere conformi all’interesse generale, che vuole mantenere il limite a €1.000, ovvero agli interessi particolari che invece vogliono triplicare il limite.
Ormai che le due linee sono schierate una di fronte all’altra, a bandiere spiegate, non è più possibile evitare la battaglia. E non è ammissibile perderla: non è ammissibile che la cittadinanza tolleri che il governo e la sua maggioranza violino apertamente – e, a questo punto, anche consapevolmente – il loro dovere di operare nell’interesse pubblico.
Naturalmente ciò non significa che questo governo sia particolarmente cattivo: la sua scelta probabilmente risponde a incentivi coi quali anche un diverso governo dovrebbe fare i conti (cerco di spiegarlo qui). Ed è verosimile che persista sulla sua posizione per non ammettere di aver commesso un errore, temendo di danneggiare la propria immagine e reputazione. Ma in tal caso sarebbe auspicabile che, piuttosto che studiare altre evanescenti giustificazioni per quella non giustificabile proposta, il governo dedicasse invece le proprie energie a trovare una via d’uscita indolore a questa vicenda.
La petizione, infatti, non ha lo scopo di infliggere una sconfitta politica al governo. Essa non opera al livello della politica degli schieramenti, ma vuole incidere sul perenne conflitto tra l’interesse generale e gli interessi particolari, e vuole aiutare il governo e la sua maggioranza a evitare un errore. Quindi mi auguro che la firmeranno anche i più ferventi sostenitori del governo e dei partiti che lo formano.
Infine, non bisogna lasciarsi sviare dai dettagli. Pare assodato che questa proposta sia fortemente voluta dal segretario del Ncd e ministro dell’interno: l’ha detto il ministro della cultura, per spiegarne le origini, e l’ha confermato il ministro dell’interno; ed è verosimile che questa proposta sia parte delle contrattazioni che necessariamente (e legittimamente) animano la vita dei governi di coalizione. Ma l’interesse generale non è contrattabile. E ciò che conta è che, chiunque l’abbia concepita e ora la difenda, e comunque essa sia nata, questa è ora una proposta del governo della repubblica, che impegna la sua responsabilità politica di fronte ai cittadini.
Quindi bisogna che l’interesse generale prevalga: non è accettabile che le istituzioni pubbliche commettano un errore così evidente, consapevole, e, nei limiti detti sopra, grave.
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