Fisco

Avvocati e commercialisti a confronto per riformare la giustizia tributaria

8 Novembre 2019

Sia i contribuenti sia i professionisti del settore sono d’accordo nel ritenere maturi i tempi per l’avvio di un attento esame, e conseguente revisione, della giustizia tributaria, anche nell’ambito di una generale riforma fiscale. Ma soprattutto di una riforma del processo tributario.

Se ne è parlato molto a Roma ieri, in diverse sedi. La Capitale ha infatti ospitato due iniziative: quella di UNCAT (avvocati tributaristi) e Magistratura tributaria e quella ospitata dallo studio di comunicazione The Skill con relatori l’ex vicepresidente della Camera dei Deputati e presidente del Consiglio della giustizia tributaria Antonio Leone e l’avvocato Francesco Giuliani (partner di Fantozzi & Associati e coordinatore della proposta presentata dalla Fondazione italiadecide di Luciano Violante).

I numeri di certo non confortano e sottolineano ancor di più il peso che la giustizia tributaria ha non soltanto per le vite di decine di migliaia di cittadini – costretti ad affrontare, e risolvere, l’arrivo di avvisi di accertamento, liquidazioni o cartelle per pagamenti che ritengono di non essere tenuti a saldare – ma anche per le casse dello Stato. Sono state 212mila, infatti, le controversie contate nel 2017. Nel 2018, anche grazie all’istituto della mediazione preventiva, sono scese a 211mila. Ma il valore complessivo dei ricorsi a piazza Cavour rimane comunque cospicuo, attestandosi sui ben 38 miliardi!

Passando al numero dei ricorsi, e al loro esito, il 2018 è stato contrassegnato da 62.799 ricorsi risultati favorevoli all’amministrazione pubblica, 58.491 al contribuente e 21.526 (i cosiddetti “giudizi intermedi”) favorevoli a entrambi. In appello, invece, sono stati 28.195 quelli favorevoli all’amministrazione e 20.513 al contribuente.

La necessità di mettere mano all’organizzazione della giustizia tributaria viene da tempo portata all’attenzione pubblica da più parti, seppur con diverse sfumature. Obiettivo principale dell’auspicata riforma dovrebbe essere quello di trasformare il giudice speciale tributario in un giudice a tempo pieno, professionalmente competente, con un trattamento economico dignitoso e, soprattutto, rispondente ai princìpi di imparzialità, terzietà e indipendenza.

Per questo l’Autorità anticorruzione nel 2018 ha sollecitato una revisione radicale del sistema di composizione mista, tra giudici togati e altre categorie professionali. E recentemente la Corte dei Conti, con una risoluzione inviata al premier Giuseppe Conte, ha proposto l’idea di «concentrare in una stessa magistratura la salvaguardia degli interessi dell’Erario e del Fisco». In questa maniera si potrebbe superare il sistema attuale che ruota intorno alle commissioni tributarie provinciali e regionali, affidando la materia tributaria esclusivamente alla Corte dei conti.

Praticamente tutti i partiti politici, e anche il presidente del Consiglio dei Ministri, sono concordi con la necessità di arrivare all’approvazione di questa necessaria riforma: sono state anche presentate poco prima dell’estate due proposte di legge di iniziativa parlamentare alla Camera dei Deputati. La prima riconducibile all’area leghista a firma di Giulio Centemero, la seconda firmata dai Cinquestelle da Vita Martinciglio. Al Senato, invece, sono ben quattro, due firmate da Forza Italia, con Luigi Vitali e Giacomo Caliendo, una da Tommaso Nannicini del Pd e una da Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega.

«Una riforma del processo tributario non è più rinviabile vista la situazione a dir poco catastrofica nella quale versa la giurisdizione tributaria»: così anche Francesco Giuliani, tra i massimi esperti italiani di diritto tributario e partner dello Studio Fantozzi. Giuliani ha coordinato il lavoro dell’associazione italiadecide e la redazione di una articolata proposta di modifica del processo tributario, sulla quale è aperto un confronto sia con l’Ordine dei Commercialisti che con l’Ordine degli Avvocati di Roma.

La proposta preparata da Francesco Giuliani, che trae ispirazione dall’art.111 della Costituzione, perno fondamentale dei principi del giusto processo, prevede la creazione di una vera giurisdizione tributaria. Le priorità sono la terzietà, l’imparzialità e l’indipendenza del giudice, la disciplina della difesa tecnica e del gratuito patrocinio, la necessità di riformare il processo cautelare, il reclamo e la mediazione e la possibilità di introdurre la prova testimoniale e più in generale di garantire il principio di parità delle parti.

«L’attuale sistema che vede le Commissioni tributarie incardinate nel Ministero dell’Economia e delle Finanze, unita alla contiguità tra l’ufficio impositore e l’ufficio giudiziario, costituisce una fedele fotografia della situazione drammatica dell’attuale configurazione del contenzioso tributario» dice Francesco Giuliani. «È prioritaria una vera e propria quarta giurisdizione, indipendente dal ministero dell’Economia e unicamente riferibile alla Presidenza del Consiglio dei ministri, o al Ministero della Giustizia per ciò che riguarda nomine, trasferimenti, avanzamenti di carriera, retribuzione». «I giudici tributari – continua l’avvocato – dovranno essere assunti mediante concorso pubblico. Inoltre bisognerà ripensare la tutela cautelare in un sistema nel quale il fisco può difendere il credito ipotizzato come meglio crede».

Queste alcune delle dichiarazioni che Giuliani ha rilasciato ieri, confrontandosi su questi temi, e su come trasformare il processo per garantire una effettiva tutela dei contribuenti in sede giudiziale, con Antonio Leone, ex vicepresidente della Camera dei Deputati e presidente del Consiglio della giustizia tributaria, durante la tavola rotonda organizzata dallo studio di comunicazione The Skill. All’evento hanno partecipato anche alcuni rappresentanti dell’Ordine dei commercialisti come Giuseppe Bilancia, Paolo Brescia, Andrea Di Mise, Alberto Turini, Alessandro Vox, e avvocati tributaristi come Valentina Guzzanti e Giovanni Mameli.

«Cosa deve pensare il contribuente quando scopre che l’aula della sua udienza è accanto all’ufficio dell’Agenzia delle entrate? O all’idea che a giudicarlo sia un magistrato la cui retribuzione arriva dal ministero delle Finanze?» così invece Antonio Leone. Questa è soltanto una delle anomalie evidenziate durante il confronto, nel quale si è dibattuto anche di deficit di terzietà del sistema, remunerazioni insufficienti dei componenti delle commissioni, qualità delle sentenze, per citare soltanto alcuni dei punti deboli individuati. «Non ha senso avere magistrati ordinari che si occupano di giustizia tributaria come secondo lavoro – continua Leone – Bisogna ricominciare da zero con un concorso aperto a chiunque abbia i titoli e creare una vera specializzazione. Tra gli 800 e i 1000 magistrati a tempo pieno potrebbero essere sufficienti, ma bisogna affrontare la disastrosa carenza di personale amministrativo. Oggi la giustizia tributaria ha 1870 dipendenti. La Corte dei Conti che gestisce un numero di ricorsi enormemente inferiore ne ha 2000».

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