Enti locali

Tra civismo e nuovismo, alla perenne ricerca del “cambiamento”

16 Giugno 2015

C’era una volta una (quasi) legge politologica, che recitava più o meno così: “chi governa un Comune ha molte possibilità di essere rieletto”. Questa legge era confermata da innumerevoli casi empirici di Sindaci che raddoppiavano in scioltezza il proprio mandato, dalle Alpi all’Etna. E dopo il secondo mandato, la loro parte politica partiva comunque avvantaggiata nelle elezioni successive, sempre grazie all’aver amministrato per anni lo stesso Comune.

Oggi, quella legge non c’è più. Anzi, probabilmente se ne può formulare una nuova, esattamente contraria: “chi governa un Comune ha molte probabilità di perdere alle elezioni successive”.

L’esito dei ballottaggi di ieri, infatti, ha visto cambiare maggioranze al governo in 74 Comuni maggiori su 118 (63%), ribaltando completamente la “tradizione” di continuità politica a cui eravamo abituati. Come si spiega questo mutamento totale nel comportamento elettorale?

Ovviamente ci sono numerose ragioni, la prima delle quali è sicuramente legata alla volatilità elettorale: un tempo le elezioni erano più prevedibili, prima di tutto perché il voto di ognuno di noi era più stabile, fedele a un partito o a uno schieramento per ragioni ideologiche, valoriali, tradizionali, sociali, territoriali, ecc. Questo scenario è mutato completamente negli ultimi anni, lo sappiamo bene. Ed è mutato anche in quei territori in cui sembrava impossibile che ciò potesse verificarsi: per capirci, la “zona rossa” è sempre meno rossa. In Toscana, nei 3 Comuni maggiori in cui si votava domenica il centrosinistra ha perso ovunque, a vantaggio del centrodestra in un caso (ad Arezzo) e di liste civiche negli altri due casi.

L’elettorato che cambia idea in continuazione, tuttavia, non è solo un bene – in quanto può garantire alternanza e la fine di “feudi” inespugnabili – ma anche un male, nel senso che è un sintomo: è il sintomo di una costante insoddisfazione e della perenne ricerca della novità, dell’uomo nuovo che possa finalmente soddisfare le nostre aspettative e governare “bene” le nostre città.

Città che però sono piegate da 6 anni consecutivi di tagli ai trasferimenti – altra variabile che rientra tra le concause dell’alternanza – e che sono ormai piene zeppe di liste civiche, mai vincenti come in quest’ultima tornata (quasi un Sindaco ogni 3 è sostenuto da liste civiche). Anche questo fenomeno è facilmente spiegabile: la fiducia nei partiti tradizionali ha raggiunto i “numeri negativi”, per cui dissociarsi ed evitare i loro simboli è diventato quasi un “must” per provare a vincere. Specie dove le cose vanno peggio: non a caso tutte le liste civiche vincenti si trovano dalla Toscana in giù.

“Civismo” (inteso come “società civile organizzata” ma apartitica e tendenzialmente apolitica) e “nuovismo” vanno di pari passo e segnano il nuovo social trend vincente a livello locale. Confermato peraltro anche dalle 5 vittorie del Movimento 5 Stelle che, ogni volta che arriva al ballottaggio, vince. Anzi stravince, spesso triplicando o quadruplicando i voti del primo turno, grazie all’effetto “magnete” sugli elettori altrui che evidentemente ancora ragionano in un’ottica bipolare e preferiscono, sempre, il candidato pentastellato a quello della controparte di destra o di sinistra.

Ora, la domanda che dobbiamo porci è: civismo e nuovismo sono le soluzioni che ci permetteranno di avere il tanto agognato buon governo delle nostre città? Posto che di solito queste formazioni rivendicano con orgoglio la loro “novità” e la loro mancanza di formazione (e di estrazione) politica, perché mai questo dovrebbe essere un valore aggiunto per chi governa? Infatti non lo è. È piuttosto, una “nuova via” da sperimentare in quanto l’altra, quella “tradizionale” non ci soddisfa più.

Ma ho l’impressione che alla prossima occasione cestineremo anche loro – i nuovi civici – più incazzati di prima, alla spasmodica ricerca del prossimo “uomo nuovo”. Perché i fondi sono sempre meno, i problemi sempre più sedimentati, le aspettative sempre più alte e la pazienza sempre più scarsa. E soprattutto perché ci accorgeremo che non basta una fedina penale immacolata e una buona dose di volontarismo per fare di un “cittadino” un Sindaco. E allora ripartirà un nuovo giro di giostra, presumibilmente pieno di Pubblici Ministeri e Procuratori della Repubblica, nuovi eroi antipolitici pronti a “curare” le nostre città. Fino al giro di giostra successivo, of course.

 

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