Enti locali
Reddito di residenza attiva, uno spot per venti persone
Venghino, signori venghino in Molise. L’imbonitore di turno è la giunta di centrodestra guidata da Donato Toma che punta a ripopolare il territorio dando 700 euro al mese a chi decide di spostare la propria residenza e di aprire un’attività commerciale in uno dei cento comuni molisani con una popolazione che non superi i 2mila abitanti. La regione Molise lo ha definito “reddito di residenza attiva“. Una sorta di “fratello minore” del più famoso reddito di cittadinanza. Una misura che di certo non è passata sotto silenzio, tanto che oltre alle più note testate giornalistiche italiane, ha incuriosito mezzo mondo. Anche il The Guardian. Peccato però che le notizie diffuse si siano concentrate più sulla forma che sulla sostanza della misura. Numeri alla mano, infatti, al momento quella ideata dalla regione Molise non sembra affatto un’operazione in grado di ripopolare un territorio dove ogni anno sono sempre più i giovani che emigrano verso altri lidi.
Il bando, pubblicato lo scorso mese di settembre, va a stanziare per l’anno in corso 488.510 euro per dar luce al reddito di residenza attiva. Ciascun beneficiario che dimostrerà di avere i requisiti riceverà 8mila euro l’anno per tre anni. In tutto 24mila euro per ogni avente diritto. In pratica il reddito di residenza attiva made in Molise potrà soddisfare 20 persone in tutto. Che, oltre a prendere la residenza in uno dei paesini con popolazione fino ai 2mila abitanti, dovranno mettere in piedi un’attività commerciale e tenerla aperta per almeno cinque anni. Insomma, gli imprenditori dovranno tenere la serranda alzata per almeno altri due anni dal momento in cui non percepiranno più il contributo pubblico. Impresa non certo facile, visto che sarebbe da attuare in borghi con un popolazione ridotta all’osso. Le domande potranno essere presentate da persone provenienti da nazioni straniere e da qualunque comune italiano. Quindi anche un cittadino molisano residente in un comune più grande potrebbe fare domanda per spostare la residenza in uno dei paesini più piccoli: ciò non produrrebbe neanche quel mini-ripopolamento della Regione che la misura studiata dalla giunta Toma si prefigge come obiettivo, ma al massimo eviterebbe la fuga di qualche altro residente.
Perché i numeri parlano chiaro. Dal 2014 a oggi non si ferma, infatti, l’emorragia di persone. La visione dei dati Istat lascia pochi dubbi all’immaginazione: il 1 gennaio 2014 erano residenti in Molise 314.725 persone, il 1 gennaio 2019 ne risultano 305.617. Nonostante di pari passo sia cresciuta la presenza di cittadini stranieri residenti sul territorio che da 10.800 sono passati a 13.900 nello stesso periodo di tempo preso come riferimento. Senza dimenticare quella lunga lista di persone che lavora fuori Regione e ha spostato il domicilio e non la residenza. Per carità, nell’analisi dei dati occorre tener presente anche delle differenze tra le percentuali di natalità e mortalità che, come in tutta Italia, ormai segnano da anni un trend negativo; differenze che, però, non sono tali da poter giustificare un calo così pesante della popolazione negli ultimi sei anni.
ANNO | RESIDENTI | STRANIERI |
2019 | 305.617 | 13.900 |
2018 | 308.493 | 13.943 |
2017 | 310.449 | 12.982 |
2016 | 312.027 | 12.034 |
2015 | 313.348 | 10.800 |
2014 | 314.725 | 10.268 |
Dati Istat (Residenti in Molise al 1 gennaio di ogni anno)
Una conseguenza inevitabile dovuta all’assenza di lavoro. Anche in questo caso sono i numeri a offrirci il quadro della situazione. I dati presi in esame, che vanno dal 2004 al 2018, ci mostrano una situazione drammatica, ma molto diversa tra le due province della regione Molise. La percentuale di disoccupazione in provincia di Campobasso nel 2004 si attestava all’11,5%; gli anni seguenti, dal 2005 al 2010, fecero segnare un miglioramento con una stabilizzazione della percentuale delle persone senza lavoro tra l’8 e il 9%. La risalita a partire dal 2011 (10,7%), con il disastro degli anni seguenti con picchi oltre il 16% e un piccolo segnale di ripresa tra 2017 e 2018, anni in cui la percentuale di disoccupazione è scesa dal 14,2 all’11,2%. Ben più preoccupante è la situazione nella provincia di Isernia dove il tasso di disoccupazione è addirittura raddoppiato nell’arco di pochi anni. Fino al 2012, infatti, la percentuale di senza lavoro si è attestata mediamente intorno all’8% (o qualche decimale in più). Solo due anni dopo, 2014, il disastro: 18,6%. E la situazione non accenna a migliorare visto che il 2018 parla di un 17,6% di disoccupati. Numeri che mostrano la necessità di interventi organici e non di spot estemporanei.
2010 | 2011 | 2012 | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | |
CAMPOBASSO | 8,6 | 10,7 | 13,6 | 16,4 | 13,9 | 14,4 | 13,4 | 14,2 | 11,2 |
ISERNIA | 8,0 | 8,0 | 8,1 | 13,5 | 18,6 | 14,1 | 11,2 | 15,6 | 17,6 |
Dati Istat (Tasso di disoccupazione a livello provinciale)
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