Enti locali
Mediocrità e renzismo saranno la Brexit dell’Emilia dal campo della Sinistra
Sarebbe azzardato affermare che la roccaforte piddina dell’Emilia Romagna si stia sfaldando. Ma i risultati delle amministrative, uniti all’aria che si respira da tempo, consegnano una serie di elementi su cui i dirigenti locali del Pd e lo stesso Renzi dovranno seriamente riflettere. Pesano i secondi turni, imposti nella grandissima parte dei comuni con più di 15mila abitanti, da un elettorato sempre più mobile e meno ideologizzato. Basti pensare a Bologna, dove all’inizio della campagna elettorale pochi avrebbero ipotizzato che Virginio Merola fosse costretto al secondo round. Pesa poi il fatto di aver perso il primo cittadino di 7 dei 28 comuni in cui il centrosinistra governava prima delle amministrative. E pesano come un macigno sconfitte cocenti, in comuni che da decenni erano ininterrottamente amministrate dalla Sinistra: su tutti Pavullo nel Frignano, in provincia di Modena e Cattolica, il più grande comune della provincia di Rimini.
Ma è l’aria che tira da tempo a dover impensierire il Partito Democratico emiliano. Alimentata da disaffezione crescente, assenza di iniziativa politica da parte delle sedi territoriali del Pd, immobilismo delle amministrazioni a guida dem. Ma anche da un effetto trascinamento di dinamiche nazionali: un vero e proprio fastidio verso Renzi, il renzismo ed i renzini locali, convertiti per opportunismo come tanti ex diessini o rottamatori della prima ora, poco importa. È la questione umorale, ben descritta negli scorsi giorni da Roberto Robecchi sul fattoquotidiano.it: «Il sole in tasca, il “va tutto bene”, le fregnacce dell’Italia che riparte […] dire queste cose mentre moltissimi vivono di voucher, pagano esami sanitari che prima erano gratuiti o vengono chiamati – da poveri – a rendere la mancia degli 80 euro perché troppo poveri, fa piuttosto incazzare». «Ma questo – scrive Robecchi – è solo un lato della Questione Umorale. L’altro lato è, se possibile, ancora più irritante. È quel chiacchiericcio di gerarchi egerarchetti del renzismo scatenati nei media e nei social network […] In soldoni, una classe politica di “nuovi e giovani, che nel vecchio Pci avrebbe a stento pulito i vetri della sezione, e oggi invece va in giro ostentando il cappello con le piume da statista».
Il punto, assai dolente, è proprio questo, che vale pure per l’Emilia: una drammatica mediocrità diffusa, un livellamento verso il basso della qualità dell’azione amministrativa. In definitiva una carenza di statura politica. Con una conseguente incapacità di mettere a fuoco nodi sociali ed economici delle città e di confezionare per esse una vision. O almeno una idea vaga, che possa andare al di là della contingenza incentrata sul tappar buche di strade sempre più malconce o sul tagliare l’erba di parchi abbandonati a sé stessi. Da Stefano Bonaccini, il successore di Vasco Errani, fedelissimo di Renzi e che per ora ha spiccato per valanghe di annunci, tagli di nastro, foto sui media, oltre a tweet di fedeltà alla linea talvolta imbarazzanti. Passando per una leva di amministratori locali, come il primo cittadino di Bologna, o i colleghi di Reggio Emilia e Modena, che galleggiano inondando le redazioni di note stampa su tutto lo scibile umano come mai era accaduto in passato. L’Emilia, con i suoi amministratori democratici, è avvolta, come ha scritto Ugo Magri su La Stampa alcune settimane fa, in “un’aurea mediocritas”, lontana anni luce dal tempo in cui era modello nazionale di buongoverno.
E in questo scenario sale sempre più forte, non solo dalle periferie, una voglia di rottamare i rottamatori in chiave locale. Quelli che, cavalcando le parole d’ordine del renzismo prima maniera, hanno predicato bene nelle campagne elettorali. Promettendo il cambiamento, nelle politiche e nelle nomine. Che non è arrivato. Anche perchè, nei fatti, il renzismo in salsa emiliana ha fatto della conservazione la propria bandiera. Una conservazione talmente meticolosa da sembrare studiata scientificamente a tavolino. Funzionale, però, a fare di amministratori votati si è no dal trenta per cento degli elettori (Bonaccini fu addirittura eletto dal 49 per cento del 37,7 per cento degli elettori), un vero e proprio centro di potere, che prescinde dal partito di riferimento. Un partito ai minimi termini, che adesso è di fronte ad un bivio: tornare in campo o subire il vento che inesorabile, dopo le vittorie grilline a Roma e soprattutto a Torino, spira forte anche lungo la via Emilia.
@albcrepaldi
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