Enti locali
Maria Cannata e i mandati negati a Morgan Stanley
Nel revival di polemiche sul caso del contratto derivato tra Morgan Stanley e il Ministero dell’Economia, la cui chiusura anticipata ci è costata 2,6 miliardi di euro, prosegue una battaglia che, prima che su questioni tecniche, riguarda il comportamento etico dell’amministrazione, e del civil servant. Il principio per cui l’amministrazione, che impiega soldi pubblici, deve risponderne alla comunità, vale per tutti, meno che per Maria Cannata, la responsabile della gestione del nostro debito pubblico. E Maria Cannata è tanto convinta di aver diritto a questa deroga e a questo status particolare, che lo rivendica anche di fronte ai magistrati, e si vanta addirittura di averla usata come minaccia.
Ecco la dichiarazione che mi ha lasciato senza parole. Ieri Il Sole 24 Ore riportava tra virgolette che Maria Cannata si era fatta forte con queste parole: Morgan Stanley non ha più avuto «mandato con noi (…) perché ci aveva assicurato che gestendo in questo modo la cosa si sarebbe mantenuta la massima riservatezza (…) Ora non tanto il fatto che loro, in un certo senso, abbiano esercitato questa clausola dopo essersela tenuta lì per almeno un decennio, se non di più, senza attuarla, ma quanto il fatto che non abbiano tenuto fede all’impegno di riservatezza che si erano assunti nel procedere in questo modo, quello ci ha creato secondo me un danno. Infatti, Morgan Stanley non ha più preso un mandato finora».
Sebbene io sia stato tra i primi ad attaccare il Ministero dell’Economia sul contratto con Morgan Stanley, non ho voglia di intervenire ulteriormente sul tema specifico. Da un lato, non mi piace attaccare in branco qualcuno che si difende da solo. Dall’altro lato, sono stanco di commentare a puntate tutte le volte che ci viene dato in pasto un nuovo particolare: ora, dopo due anni, esce fuori che la clausola di estinzione era legata al valore mark-to-market del contratto. Però la fierezza, esercitata con mezzi impropri, di Maria Cannata, mi richiede di intervenire ancora una volta.
Rileggete la frase dal punto di vista di uno che paga le tasse. Il tono è quello di: ti aggiusto io, Morgan Stanley! Da me non becchi più un mandato. Vuole dire che se anche ti presenti con la proposta di mandato migliore e con le commissioni più basse, da me non avrai l’incarico. Dottoressa Cannata, sono stati davvero negati mandati a Morgan Stanley, che altrimenti sarebbero stati più convenienti e competitivi di altri? Se fosse così, il caso Morgan Stanley ci sarebbe costato più di 2,6 miliardi, perché dovremmo aggiungere tutte le commissioni in più pagate ai second best, cioè ai secondi aggiudicatari dei mandati negati a Morgan Stanley quando questa avesse fatto l’offerta migliore.
La motivazione dell’ostracismo poi ci porta in pieno teatro dell’assurdo. Morgan Stanley sarebbe stata esclusa dai mandati non per essere uscita da un contratto portandosi via 2,6 miliardi di euro, ma perché sono andati a dirlo in giro. Per questo, la tremenda vendetta del nostro Ministero dell’Economia è stata l’interruzione dei rapporti di affari. Ma in che senso sarebbe stata una vendetta? Perché ha minato la reputazione di Morgan Stanley? Ma come si può infliggere una punizione reputazionale a qualcuno senza dirlo a nessuno? In alternativa, perché Morgan Stanley si dovrebbe sentire punito? Forse perché il pollo è andato a farsi cucinare da qualcun altro? Non vogliamo credere che questa sia la punizione, ma credo che su questo qualche giornalista debba indagare.
So bene che nella teoria economica questo comportamento si chiama “relazione di clientela”, una relazione di lungo periodo in cui la banca offre un insieme di servizi al cliente, spalmando le commissioni su tutta la storia della relazione. Ma ci aspetteremmo che questo tipo di relazione valesse tra un settorista di una banca di credito cooperativo e un salumiere, piuttosto che tra una banca di investimento e un Ministero dell’Economia. Inoltre, non risulta che questo concetto di relazione di lungo periodo sia previsto nella pubblica amministrazione, né che qualche mandato debba essere concesso in omaggio ai bei tempi passati.
Non sono mancati nella storia delle relazioni tra banche e governi tradimenti e screzi. Ricordo un caso di una grande banca che aveva provocato il crollo delle quotazione dei titoli del debito pubblico giapponese, con la vendita sul mercato futures di quantitativi enormi in una sola giornata. Ma in quei casi la condanna è stata pubblica e manifesta. Se Maria Cannata avesse detto allora di fronte ai cittadini quello che afferma oggi davanti a un magistrato, e cioè che la chiusura del derivato fu una “forzatura” da parte della banca, e che per questo riteneva sospeso il rapporto di fiducia con la banca stessa, questa sarebbe stata una punizione. Sarebbe stato un monito per le altre controparti, e avrebbe dato conto pubblicamente a chi paga le tasse di chi aveva tradito. Invece, scopriamo oggi che trattò con il traditore il suo silenzio sul tradimento. Tradimento ovviamente è un termine non tecnico: in questo contratto è semplicemente la deviazione di un giocatore dal comportamento atteso dall’altro in un gioco ripetuto.
Invece questa epidemia del silenzio ha contagiato tutte le relazioni tra banche e enti pubblici, sull’esempio e la guida del nostro Ministero. Abbiamo visto una giornalista, Elisa Martinuzzi di Bloomberg News, dover ricorrere al TAR per ottenere il diritto a vedere i termini di chiusura del contratto derivato del Comune di Cassino. Abbiamo assistito alla chiusura dei contratti derivati del Comune di Milano, dove sembra che il silenzio sia stato chiesto dalle banche, per un periodo di due anni.
Questa congiura del silenzio è più che sospetta. Se il mark-to-market di chiusura dei contratti derivati è argomento di dibattito ancora più opaco di quello di apertura (le famose “commissioni implicite”), è legittimo temere che queste chiusure possano rappresentare un’occasione per imporre alla collettività un costo ulteriore. E non solo non si parla della chiusura dei contratti per non aprire contenziosi sulla loro apertura. Succede anche che ogni dichiarazione rilasciata, anzi estratta a forza davanti a un tribunale, anche aggiunta distrattamente e “a latere” sul tema, magari solo per mostrare quanto siamo furbi, è una scintilla che illumina per un attimo nuove caverne avvolte nel buio. Quanto ci sarà costato averla fatta pagare a Morgan Stanley?
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