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Il Rei: (l’inizio di) una vera rivoluzione

1 Dicembre 2017

Dopo quasi vent’anni dal primo tentativo di introduzione in Italia di un reddito minimo, oggi entra in vigore il Reddito d’Inclusione (Rei), la prima vera misura strutturale contro la povertà.

 

Cos’è il REI?

La struttura del Rei appartiene alla sfera del workfare, un modello alternativo al classico welfare state, in quanto prevede che a fronte del trasferimento monetario vi sia una contestuale attivazione di un progetto personalizzato di reinserimento sociale da parte dei beneficiari.

A parere di chi scrive il progetto personalizzato che il beneficiario è obbligato a seguire per poter beneficiare del Rei è l’aspetto più interessante della riforma. La misura non è studiata per consentire un sostentamento funzionale basato su programmi assistenziali ma intende essere una misura straordinaria nell’arco della vita di una persona. Come scrive lo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel documento di presentazione del Rei, la “mancanza di reddito spesso non è la causa della povertà, ma il suo effetto. Le cause invece possono essere diverse e, tipicamente, di natura multidimensionale”, la misura deve quindi incoraggiare il reintegro del beneficiario nella società e, ove sia possibile, nel mondo del lavoro. Il progetto di reintegrazione è in capo ai servizi sociali del Comune di residenza che operano di concerto con i centri per l’impiego e i soggetti del terzo settore presenti sul territorio. Si tratta perciò di un patto che lo Stato stringe con il cittadino in cui si individuano gli obiettivi ed i risultati attesi considerando le condizioni di partenza della famiglia.

Il Rei riprende numerosi caratteri della proposta di Alleanza contro la Povertà, organizzazione composta da soggetti sociali che vivono il tema dell’esclusione sociale nella quotidianità e portano con essi il sostegno di un’ampia base sociale (sono 35 organizzazioni tra associazioni, rappresentanze di Comuni e Regioni, enti di rappresentanza del terzo settore e sindacati).

 

Natura del REI e importi

Possono accedere al Rei tutti i cittadini comunitari, i cittadini stranieri con permesso di soggiorno CE ed i richiedenti asilo, purché posseggano i seguenti requisiti:

  • un Isee non superiore a 6.000 euro,
  • un reddito equivalente disponibile non superiore a 3.000 euro,
  • un patrimonio immobiliare inferiore o uguale a 20.000 euro (con esclusione della prima casa)
  • un patrimonio mobiliare (quali i depositi ed i conti correnti) inferiore o uguale ad un valore tra 6.000 e 10.000 euro, a seconda del numero di componenti del nucleo familiare

Inoltre nessun membro del nucleo famigliare deve essere beneficiario di alcun ammortizzatore sociale per la disoccupazione, né possedere autoveicoli immatricolati entro 24 mesi o imbarcazioni.

Si tratta di una misura che, almeno nella prima fase, sarà di natura categoriale in quanto verrà data la priorità (e date le risorse stanziate, la quasi esclusività della fruizione) alle famiglie con figlio minorenne, alle famiglie con figlio disabile, alle donne in stato di gravidanza ed ai disoccupati con più di 55 anni di età.

Per il 2018, il Governo ha stanziato circa 1,7 miliardi di euro per l’implementazione della politica. Si stima potranno beneficiarne 1,8 milioni di persone, pari al 38% della popolazione in condizioni di povertà assoluta (pari 4 milioni e 742 mila al 2016 secondo Istat).

Il beneficio economico sarà dato dalla differenza tra il reddito famigliare e la soglia reddituale di accesso, che varierà in base alla numerosità della famiglia. In ogni caso il beneficio, varierà tra un minimo di 187,5 e un massimo di 485,51 euro.

 

Perchè era necessaria questa misura

Il grafico sottostante confronta come cambia il rapporto tra il reddito medio del primo e del terzo quintile più ricco della popolazione rispetto a quello tra il terzo ed il quinto quintile nel periodo 2000-2014. Si può notare che dal 2012 il nostro Paese sta effettivamente uscendo dalla crisi economica con due velocità differenti. Mentre la cosiddetta classe media vede ridursi la differenza tra il proprio reddito ed il reddito medio della popolazione più ricca, il 20% più povero della popolazione subisce un aumento del divario di reddito rispetto al terzo quintile e quindi rispetto al resto della società. Una politica seria focalizzata sul contrasto alla povertà assoluta costituisce dunque una priorità per il legislatore e sarà necessario valutare se l’implementazione del Rei avrà in effetti consentito una riduzione delle differenze tra la classe popolare ed il resto della popolazione.

 

Grafico 1 – rapporto tra redditi medi di quintili della popolazione

 

Come intervenire sul REI: qualche proposta

A seguito di una legittima fase sperimentale, sarà necessario abbandonare il carattere selettivo del Rei per giungere ad una misura di tipo universalistico selettivo. Le caratteristiche qualitative richieste per poter usufruire del beneficio costituiscono una differenziazione tra le categorie meno abbienti priva di fondamento in quanto pare assumere che esistano poveri di “serie a” meritevoli di sostegno e di “serie b” non meritevoli. È necessario invece superare questo vizio italiano degli aiuti categoriali ed aiutare i poveri, in quanto tali, a superare la propria condizione. L’impianto della legge di bilancio ora in discussione va proprio in questa direzione, prevedendo l’eliminazione da luglio del criterio categoriale oltre che un aumento degli stanziamenti  che porterebbe il fondo contro la povertà a valere circa 2 miliardi per il 2018, 2,5 miliardi nel 2019 e 2,7 nel 2020. Buona parte di tali risorse aggiuntive sarà impiegata nell’erogazione del beneficio economico, che dovrebbe aumentare del 10% per le famiglie numerose. Il resto sarà dedicato all’organizzazione della rete dei servizi.

In secondo luogo, oltre a coinvolgere tutte le categorie di individui in stato di indigenza, è necessario che i fondi destinati al Reddito di Inclusione siano sufficienti a soddisfare adeguatamente le esigenze primarie di tutti coloro che si trovano al di sotto della soglia di povertà assoluta. Alleanza contro la povertà nel suo documento stima che a regime dovranno essere stanziati 7 miliardi di euro all’anno affinché si possa permettere alle famiglie di giungere quantomeno alla soglia di povertà assoluta.

Infine, è importante che l’attenzione non sia rivolta alla sola componente del trasferimento reddituale. Servirà un impegno particolare per controllare la parte riferita al progetto di reinserimento sociale. Come risaputo, il sistema di welfare locale italiano presenta criticità in particolare nelle amministrazioni di dimensioni ridotte (i cosiddetti “Comuni polvere”), nonché nelle aree in cui la Pubblica Amministrazione ha avuto storicamente funzione di welfare contro la disoccupazione. È necessario determinare se il rafforzamento dell’organico dei servizi sociali previsto dalla legge delega sarà sufficiente a permettere lo studio e la realizzazione di percorsi che giungano ad un vero reinserimento sociale da parte dei beneficiari.

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