Enti locali
Il Grande Brebemi
Avevo scritto un pezzo molto sarcastico sul Grande Brebemi, l’autostrada che “va da lì a là ma che non porta ne di qua ne di là” perché mancano in primo luogo i raccordi con le città e le altre autostrade. Mi sarei anche tolto qualche sassolino perché chi si occupa del gossip di provincia sa cosa dissi e cosa penso di chi ne fu il protagonista ma, alla fine, che senso avrebbe avuto sparare addosso ad un altro italico disastro? Lo avremmo fatto con il solito sorriso un po’ schifato e l’amaro nello sguardo e qui sarebbe finita.
Invece ci tocca prendere lo straccio e asciugare l’acqua per terra perché da mesi e molto in questi giorni si discute su come far pagare a Pantalone il buco da 330 milioni su un preventivo da 790 e un consuntivo che pare sfori i 2000.
Riassumiamo brevemente: negli anni ’90 parte la definizione della prima autostrada “privata” italiana, realizzata in project financing con l’obbiettivo dichiarato di fare concorrenza ad Autostrade per l’Italia, concessionaria del monopolio naturale sulla tratta Brescia Milano della A4. Il tracciato è più diretto e più breve ma la realizzazione risulta essere costosissima per le opere collaterali offerte ai comuni attraversati e per gli importi degli espropri. Molte polemiche vi furono anche sui compensi degli amministratori e per qualche incursione della magistratura che sequestrò cantieri nell’ambito di indagini ambientali.
Sorvoliamo su tutto e andiamo al sodo: per coprire i buchi di un’opera che gode già di un regime tariffario molto elevato e per completare le opere necessarie a convogliare un volume di traffico decente servono 330 milioni e le banche protagoniste del project financing non hanno intenzione di mettere più un centesimo.
Io credo che nemmeno lo Stato, il Governo centrale e la regione Lombardia, non dovrebbero scucire un euro perché se la società è una concessionaria privata ha rischiato i soldi degli azionisti e delle banche affidatarie: se hanno sbagliato i conti deve essere affare loro perché dobbiamo introdurre in Italia il principio del chi sbaglia paga e sarebbe significativo che si partisse dalla Lombardia.
Il fallimento comporta il ritiro della concessione e il suo nuovo affidamento con un danno pressochè nullo per la collettività; salvare chi ha sbagliato al contrario ha un costo finanziario certo e uno morale inaccettabile.
Dia un esempio il Presidente del Consiglio: faccia capire che è finita un’epoca e non solo dentro il PD perchè fare gli splendidi coi quattrini altrui non è più accettabile del sottrarli al riparo della cupola romana.
Più che tagliare nastri, diamoci un taglio
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