Enti locali

Grosso guaio a Policoro. Il disastro annunciato del Campo Largo in Basilicata

22 Marzo 2024

La Basilicata è una terra bellissima, lo so perché l’ho percorsa tutta, principalmente a piedi, da costa a costa, dagli scogli di Maratea alle colline verdi e frondose del potentino ai deserti del materano, fino alla costa jonica.

È, come e più delle regioni meridionali confinanti, una regione in contrazione demografica e rapido, implacabile, invecchiamento e svuotamento. Che sia vuota, la Basilicata, te ne accorgi plasticamente guardando la campagna materana da uno dei paesi sul cocuzzolo della collina nelle sere d’estate, quando potrebbe esserci più gente: nulla, il buio pesto per chilometri, una sensazione desertica che è difficile avere in Europa, a parte forse qualche andito della Spagna dove Sergio Leone girava i suoi spaghetti western. Lo spopolamento, inarrestabile è diventato una mistica: qui imperversa il paesologo Franco Arminio, patron di un festival bellissimo nel paese di “Cristo si è fermato a Eboli” in cui si celebra appunto la mistica del “non c’è più niente da fare”, con il poeta come sacerdote.

Come e più delle regioni meridionali confinanti, la Basilicata è una regione piena di condizionali: potrebbe svilupparsi come meta turistica ma, a parte lo spicchietto tirrenico di Maratea, la costa ionica è come la canzone di Battiato “summer on a solitary beach”, vuota anche a ferragosto per mancanza totale di servizi e capacità di accoglienza, mentre il marketing territoriale ha puntato tutto su Matera, con un spillover molto incerto sul resto del territorio. Potrebbe essere uno scenario suggestivo per cosiddetto South working, ma la scorsa estate la Basilicata è stata l’unica regione credo dell’OCSE a non offrire alcuna linea ferroviaria e oggi, al di là degli annunci, non va molto meglio. Potrebbe fare concorrenza alla Spagna come frutteto d’Europa, ma oltre Roma arrivano solo le fragole Candonga (brevettate, se vuoi e sai puoi) e poco altro. Potrebbe usare assai meglio le royalties del petrolio.

Come le regioni meridionali confinanti, la Basilicata ha imprenditori ed energie vivaci che però, ancor più delle regioni confinanti, scontano la scarsa vivacità complessiva della regione e sono il più delle volte molto soli, come soli sono i tanti cervelli che hanno scelto e scelgono di emigrare per totale assenza di opportunità, non lenita dal basso costo della vita, né dalla salubrità dell’aria.

Per sovvertire, o almeno rallentare, questo declino ci sarebbe bisogno di un colpo di reni, di una visione e di una capacità di fare scelte che la classe dirigente locale oggi con tutta evidenza non possiede, indipendentemente dall’esistenza di persone in gamba, assai per bene (alcune mi onoro di conoscerle personalmente) e fortemente radicate nella società e nella politica locali, fatta di relazioni veramente personali, tazebao sul corso principale dei paesi e primato del locus su ogni ideologia.

Certamente, per sovvertire, o almeno rallentare, questo declino non c’è bisogno dell’indegna, inutile gazzarra di questi giorni che precedono la campagna elettorale per le regionali in Basilicata. Un circo allestito dal centrosinistra, o campo largo per chi gli garba, che ha ritenuto accettabile nella scelta del candidato presidente regolare i conti tutti romani con i voti dei cittadini lucani, senza la benché minima idea di cosa farci di quei voti. È un circo, e non una cosa seria, perché mette in scena un osceno mercanteggiamento tra chi non ha alcuna alternativa allo stare insieme, ma finge irresponsabilmente di potersi permettere alternative. Soprattutto, cosa ancora più immorale, lo fa portando le menate da discussione oziosa da caffè romano fuori dal Parlamento sui territori, in particolare su quelli che avrebbero bisogno di ben altre attenzioni e che scompariranno da tutti i riflettori finite le dichiarazioni di rito. Male male.

Può anche essere, anzi è, che l’opposizione non abbia altra scelta alla strategia dell’opossum: fingersi morti finché chi governa inciampa e muore davvero e subentrargli, ma c’è modo e modo, e nella gestione della politica serve responsabilità, moralità e finanche classe. Niente di tutto questo si vede sotto il tendone allestito tra Potenza e Matera. Io odio il circo, speriamo che lo smontino subito dopo.

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